C’è una nota catena di megastore di hi fi, informatica consumer e elettrodomestici che è giunto il momento di iniziare a boicottare. Non perché i prodotti che vendono sono progettati e costruiti da bambini costretti a lavorare diciotto ore al giorno, non perché la casa madre sta operando una preoccupante devastazione della foresta amazzonica. Il motivo del mio risentimento va nella cura con cui scelgono gli addetti alla vendita, la cui incompetenza, mista al QI che si evince dalle risposte che restituiscono alla clientela a domande anche solo di un livello di complessità superiore alla richiesta del prezzo di un articolo, è a dir poco disarmante.
Non posso tollerare che un acquirente digiuno di tecnologia possa correre il rischio di spendere centinaia di euro in prodotti dopo aver valutato il parere di un abitante del mondo dei media, specie se quell’acquirente sono io. Non si tratta della scelta di un tipo di prosciutto, articolo per il quale al massimo butto via tre o quattro euro, comunque lo mangio o se fa schifo al massimo lo declasso a cibo per gatti. Perché magari non ho voglia di passarmi in rassegna su Internet le schede prodotto di dieci modelli di telefono, mi piacerebbe avere un parere, un preventivo con qualche combinazione di piano tariffario di un nuovo operatore che in quel momento tu, abitante del mondo dei media, rappresenti.
Avere un’interfaccia che riesce a malapena a mettere insieme una frase sgrammaticata, per di più di contenuti inutili tendenti al dannoso, non serve a nulla e, benché sicuramente sottopagata e sfruttata, se nemmeno la componente umana fa la differenza, a quel punto è meglio studiare un sistema di distributori automatici di articoli tecnologici. Il contenimento dei costi è assicurato.