mi scusi, per Piazza De Ferrari?

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Leggendo questo post di Miss Fletcher, che ha un blog che tra me e me chiamo “Genova come non l’avete mai vista”, oltre a riassaporare almeno virtualmente il cioccolato di Viganotti cercavo di ricordare se era sempre di Viganotti una bottega aggiuntiva con degustazione di caffè incorporata ubicata in Salita del Prione, che è il vicolo che collega Piazza delle Erbe a Porta Soprana. Così ho cercato di verificare di persona l’informazione da qui, immergendo l’omino giallo di Google Street View nel centro storico per percorrere insieme a lui la salita dando un’occhiata ai negozi sulla sinistra, per riconoscerne l’insegna. Ho provato un po’ di volte, ma Street View in quel punto sembra impazzire. A metà vicolo ti fa attraversare addirittura un muro e ti ritrovi nell’adiacente Vicolo delle Carabaghe, tanto che poi ti perdi se non sei del posto o hai la memoria corta, come la mia. E passi da Vico del Fico fino a quando ti ritrovi in Via Chiabrera, la riconosco perché era sede di uno dei miei locali preferiti ma si legge anche la targa in alto, strada che Google Maps fa passare ancora come parte di Salita del Prione ma che non è nemmeno contigua
E in molto di questo girovagare disordinato per tutte quelle stradine sono stato sempre accompagnato dal tizio che vedete qui sotto con la maglietta azzurra

lo vedete anche qui
che cammina paziente con un foglio in mano che sembrerebbe una cartina o una stampa su A4 proprio di Google Maps, e che secondo me è uno dello staff di Google che accompagna l’omino con l’alambicco per mappare i caruggi che talvolta lo precede, altre lo segue. Perché non penserete sul serio che la Google Mobile si sia addentrata in questo dedalo in cui non si passa a volte nemmeno con lo scooter, vero?

E la morale di tutto questo, perché già vi sento mormorare cose tipo certo che non ha proprio nulla da fare plus1gmt per mettersi a controllare l’affidabilità degli strumenti di geolocalizzazione di Google, dicevo la morale è che c’è questa analogia tra il centro storico di Genova in cui un tempo si organizzavano addirittura gare di orientamento e la rete, quella in cui ci troviamo tramite browser. Pensate anche ai motivi di sicurezza fisica degli abitanti dalle incursioni marinaresche per i quali il centro storico è stato costruito così tutto appiccicato, d’altronde poi lo spazio non era granché. Bene, i vicoli che hanno tenuto fuori anche i militari americani nel dopoguerra hanno persino mandato in tilt una macchina perfetta come il principale sistema online in cui trovi tutto, qualunque informazione. Ma poi finisce che per arrivare a Porta Soprana partendo da Piazza delle Erbe è meglio se chiedi a qualcuno del posto.

more blur

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La grandezza di una azienda la si misura in base a quante targhe automobilistiche e quanti volti le persone che vi lavorano hanno occultato, usando un filtro di Photoshop, sui miliardi di immagini che vanno a comporre quel sistema di riproduzione virtuale di tutte le strade del  mondo (o quasi) che si chiama Google Maps, anche se in realtà dicono che a fare tutto ciò sia stato un algoritmo intelligente. Ma io non ci credo.

l’indirizzo è approssimativo

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Un po’ di acqua calda testè scoperta. Vedere luoghi cari su Street View è un toccasana. Si tratta di un piacere di plastica, artificiale, ma la sicurezza dei luoghi, più che degli oggetti, ha un effetto placebo a quei microtraumi da webnauta che si manifestano ogni volta che sposti lo sguardo oltre il monitor e pensi quanto tu sia una la vera periferica del tuo pc anziché la tastiera con cui invii gli input. O, peggio, ad essere una componente hardware, e il tuo processore la vera mente pensante. Voglio dire, ti senti tronfio dell’essere un nodo della conoscenza globale, che poi si scopre un nodo che si fa presto a bypassare, lo stesso tipo di emarginazione che si fa presto a subire nella vita reale? O semplicemente hai quel bit di nostalgia, non hai più le foto o non le hai mai fatte e ripensi a quella vacanza, quella strada, quel appartamento in cui hai abitato da solo la prima volta nella tua vita. Così prendi l’omino giallo di Street View, lo trascini lì nell’incrocio a cui sei arrivato digitando l’indirizzo su Maps, e rivedi il luogo a cui stavi anelando con gli occhi elettronici di qualcuno che ha mappato l’intero pianeta. Qualcuno è passato con la googlemobile sotto casa tua, ha scattato la sequenza di foto all’ingresso del diner di New York che ti era piaciuto tanto, ha immortalato il trullo in cui hai dormito durante il viaggio di nozze. Ma è il connubio tra tecnologia e ruralità che ancora mi sconvolge, la commistione di modernità e tradizione, di acrilico e naturale. Luoghi che per me rimarranno per sempre zolle e fienili sono diventati ritratti digitali, chiunque li può vedere, prendersi nota delle coordinate e visitarli di persona. La salita che consente l’accesso a una casa di campagna, dove, finalmente libero dalla sofferenza di un’ora di tornanti appenninici, mi scatenavo come un pupazzetto a cui è stata appena data la carica o, in senso inverso, percorrevo con una Olmo Forestal a tutta velocità, anche un po’ incoscientemente. Sì, è sempre tutto lì nello stesso punto, nessuno l’ha spostata o vi ha costruito sopra, è tutto sotto controllo. Wow.