giuliano hi-nrg mc

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Che poi in realtà il rap italiano non esiste, perché si tratta di un genere talmente specifico di un’etnia e così connotato da fattori al di fuori dei quali perde di sostanza. Voglio dire, scevro da essere composto ed eseguito da afroamericani, non in lingua inglese e fuori dal ghetto, e per ghetto intendo tutto quello che è oltre i confini delle stelle e strisce WASP, non ne rimane nulla se non parole in rima su musica e prive di melodia. Che sì, può essere rap per la proprietà transitiva, ma è come un film western di fantascienza che ha la Pantera Rosa come protagonista, non so se rendo l’idea. No, lo immaginavo. Qualcosa di vagamente comparabile con il rap, e questo a partire dai Sangue Misto fino a tutti i tamarri di oggi che si sono adeguati all’intamarrimento del rap originale. E quindi se possiamo dire che il rap italiano non esiste, allora non esiste neppure il rap di Giuliano Ferrara, e forse non esiste nemmeno Giuliano Ferrara in sé. Affare fatto.

trapassato dal futuro

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La musica pop è ricca di esempi di celebrità di sesso maschile che altro non fanno che applicare la tipica curva ormonale e, più in generale, esistenziale del loro genere di appartenenza alla carriera. La stessa curva che contraddistingue la vita dei comuni mortali, invero. Acquistano popolarità in quanto giovani ribelli che si bombardano di sostanze stupefacenti e groupies ed eccessi vari. Poi verso i trenta – ma ultimamente anche verso i quaranta – diventano adulti e iniziano ad occuparsi e a parlare di cose serie, magari perché nel frattempo hanno messo su famiglia. Poi iniziano i primi acciacchi, causati anche dagli eccessi esercitati in precedenza, ed ecco che apriti cielo, si percepisce che in fondo non siamo così immortali. Quindi si manifesta la svolta mistica, il pizzetto ormai bianco e il codino da santone, lo yoga e la spiritualità, che nelle popstar coincide spesso con una svolta acustica, world music se non addirittura new age. Ma alla lunga ti fai due palle così, un tempo tifavi rivolta in faccia a un pubblico esterrefatto e ora sei qui a intonare a occhi chiusi Adeste Fideles in chiesa. Nel frattempo maturi il sentore che, in fondo, sei sempre lo stesso, ti tira come in gioventù, la vecchiaia che hai sempre temuto e che hai pensato che il modo migliore per sconfiggerla fosse fartela alleata è ancora distante, hai davanti almeno ancora un decennio buono prima del tracollo. Così riformi la banda, colleghi come una volta il distorsore tra la chitarra e l’ampli e ti godi la seconda giovinezza, più o meno come nella vita normale i cinquantenni che fuggono con le ventenni. Ecco, non mi stupirei, tra poco, di un ritorno sulle scene dei CCCP.

sol dell’avvenire

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fedeli alle linee

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Questa volta però vince Zamboni, almeno a detta de La Stampa.

Da allora le strade di Ferretti e Zamboni non si sono più incrociate, e la crepa da artistica si è fatta personale, anche se poco tempo fa i due si sono riparlati: niente più musica insieme all’orizzonte, giusto un colloquio amichevole. Tant’è vero che Ferretti lo scorso febbraio è ripartito in tour accompagnato da due ex Ustmamò, uno dei gruppi del Consorzio, annunciando che avrebbe riproposto un excursus completo della sua carriera. L’attesa era grande e l’Estragon di Bologna strapieno per la data d’esordio, con la gente impaziente di risentire Emilia paranoica o Curami: Giovanni Lindo invece, ieratico e post-rock come siamo abituati a vederlo da anni, ha distillato un concerto molto acustico e d’atmosfera annegando i rari pezzi della sua prima formazione come Annarella, in uno spettacolo dai tempi dilatati. Un effetto straniante; per chi invece ha seguito il percorso di Ferretti in questi anni, da punk alienato a una sorta di monaco sceso dal suo Appennino, nessuna sorpresa.

Tutt’altra storia il tour di Massimo Zamboni, esplicito fin dal titolo nel rendere omaggio al suo passato: Solo una terapia – dai Cccp all’estinzione, sta scritto sui manifesti, e i concerti mantengono la parola con una lunga serie di canzoni tratte dai dischi dell’ex band filosovietica, come s’è visto all’Off di Modena. Per sostituire l’insostituibile Ferretti Zamboni ha pensato bene di chiamare sul palco Angela Baraldi, già vocalist di Lucio Dalla, protagonista della scena musicale bolognese e attrice in Quo vadis baby, film e serie tv. Sintonizzata di suo con certo spirito dark di trent’anni fa, la cantante interpreta i classici dei Cccp urlandone la rabbia sui timbri più bassi che le sono propri, ma con buona efficacia. Ed ecco piovere Allarme, Io sto bene, Tu menti, Curami, Emilia paranoica. Giovanni Lindo non c’è, ma il punk dei Cccp suona ancora bene.