La volete una considerazione un po’ amara? Ecco: i selfie saranno le fototessere del nuovo millennio. Prive però di tutto il rito associato, a partire dallo stare in due, tre o cinque uno sopra l’altro nella cabina fino al precipitarsi fuori per fare posto all’amico per lo scatto successivo e avere come risultato una foto a testa. Quei tre studenti delle superiori che nell’82 o giù di lì si sono fatti gli autoritratti in bianco e nero marinando il liceo ora si passano le foto di mano in mano sullo stesso tram che li accompagnava a scuola e stanno infastidendo il mio rientro in ufficio con la loro pateticità in eccesso. Il più intraprendente in fatto di nostalgia, che è lo stesso che deve aver organizzato la reunion a distanza di trentadue anni, ha stampato una fotocomposizione ricordo per quella rivisitazione della loro giovinezza che io, in tutta onestà, avrei evitato. E, vi dirò, sono piuttosto fiero del fatto che nessuno dei gruppuscoli di amici di scuola con cui sono stato protagonista nell’era del bianco e nero della fototessera comunitaria di ordinanza abbia mai avuto la brillante idea di rivedersi così per cercare in quelle istantanee che prima o poi qualcuno dichiarerà definitivamente obsolete lo stesso spirito di allora nelle smorfie. Cosa c’è da celebrare poi se al posto di capelli lunghi biondi ora non c’è più niente, se negli occhi al posto del futuro c’è disillusione. Quei tre dovevano essere pure una specie di banda adolescenziale, sopra la fotocomposizione ricordo svetta un nome che non riesco a leggere bene dal posto in cui sono seduto, vedete mi è pure calata la vista in un modo vergognoso da allora, comunque c’è scritto in stampatello i disperati di qualcosa. Che tenerezza. Se non fosse per il meraviglioso mondo di una ragazzina parigina sarebbe da farci un film. Qualcuno dietro però ci riporta al presente con la sua sconsolata conversazione al telefono, dice che non ce la fa proprio più e se ne andrà via. Di certo il tram non è il mezzo più indicato per una fuga, con la sua circolarità è più un passaggio metaforico per l’eternità immutabile dei luoghi in cui sono state allestite le rotaie. Poi lo sapete, qui a Milano ci sono pure le stesse carrozze da chissà quanto, e io non sono di qui ma se volessi rivivere qualcosa di bello probabilmente farei anch’io come i tre disperati delle fototessere, altro che le rievocazioni storiche. Poi alla penultima fermata sale una delle figure che i posteri ci invidieranno di più. Un mendicante al contrario, che ha appena eseguito con il suo bandoneon una versione poco riconoscibile di “Chitarra romana” in un discutibile arrangiamento gitano, interrompe l’esibizione proprio quando il tram apre le sue porte per farlo salire. Il mendicante al contrario, una volta in carrozza, estrae dalla tasca dei pantaloni un pugno di monete di piccolo taglio – uno, due, cinque e massimo dieci centesimi – e ne consegna indiscriminatamente una a ciascun passeggero seduto. Quelli per i quali il mendicante al contrario è un’assoluta novità non capiscono questa inusitata procedura di carità di ritorno, abituati alla questua ordinaria a cui si sono sottratti più volte facendo finta di essere concentrati su un libro o su qualcosa fuori in strada, e rimangono sbigottiti. Io e i tre ex disperati delle fototessere incassiamo senza discutere questo piccolo guadagno extra della giornata, consapevoli che un po’ di fortuna la porterà.