Ieri, allo spettacolino di fine anno scolastico che quest’anno coincide anche con la fine della scuola primaria, e su questo tema ho già in serbo una marea di contenuti strappalacrime, dicevo che ieri le quinte tra cui c’è anche mia figlia al termine della loro recita che poi, come ogni anno, è una vera e propria pièce perché le classi seguono un laboratorio di teatro, insomma voglio dirvi che ieri, per salutare i genitori in lacrime, le classi dirette dalla maestra di musica hanno intonato in coro una canzone che con mio sommo sbigottimento ho scoperto essere dei Modà e che si intitola “Come un pittore” – roba da matti – ma dovrebbe intitolarsi con il ritornello con cui è ricordata che dice “Ciao semplicemente ciao”.
E sapete perché non si intitola così? Perché altrimenti il plagio di “Maledetto Ciao” di Gianna Nannini, altra pietra miliare del pop spazzatura nostrano, sarebbe eclatante.
E infatti mentre seguivo le bocche di una sessantina di esseri, a metà tra la dimensione dell’infanzia e quella dell’adolescenza, muoversi a tempo su parole scritte e pensate da un intellettuale del calibro di Checco, così è conosciuto ai più il cantante dei Modà, sollecitavo mia moglie nel cogliere una lunga serie di similitudini tra i due brani oggetto della contesa che però lei non ravvisava. Non è la prima volta, la mia forma mentis da musicista mi condiziona oltremodo perché poi le note sono quelle e con i giri di accordi, nella canzone italiana, non è che si possa sperimentare più di tanto. Per sfidarla, allora le ho chiesto se non sentiva anche una eco di “Ciao” di Vasco Rossi, ma si è accorta subito che il mio era un bluff.
In compenso sono passato per una brutta persona senza sentimenti, che bada a speculazioni e aspetti stilistici quando la sostanza, quella della fine di un’epoca e il passaggio a tutta una nuova serie di preoccupazioni, dovrebbe annullare tutto il resto. E infatti è così, sdrammatizzare serve anche a temporeggiare e non versare lacrime, per il momento, ma questo sarà un altro post.