le chiavi di casa

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A memoria d’uomo è impossibile rintracciare la prima forma di vita che, al telefono con il proprio figlio che vive lontano, ha stabilito la consuetudine di trasmettere il rammarico nell’averlo coinvolto inconsapevolmente in questo sistema di cose che, nostro malgrado, si conclude tragicamente. È invece più facile immaginare il punto dell’esistenza di questa madre – possiamo come vedete provare a individuarne il genere considerando che si tratta di prese di coscienza a cui i maschi sono meno portati – in cui questo primitivo principio di ereditarietà si è manifestato ed è stato agito. La madre è molto anziana e ha al suo fianco un uomo di svariati anni più vecchio di lei già provato da una forma di Alzheimer di quelli che ogni tanto le chiede cosa ci fa lì nella sua vita, dove trascorrerà la notte, se può cortesemente contattare sua moglie perché dovrebbe parlarle. Così, disillusa da tutto, si rammarica del fatto che aver trascinato sulla terra altre potenziali vittime dirette o di riflesso della sofferenza non sia stata una buona idea. Ma non si può certo biasimare un genere animale come il nostro di riprodursi solo perché poi siamo costretti a togliere il disturbo.

Allo stesso modo riflettevo ieri sulla perfezione di una festa di compleanno di ragazzine di dieci anni, quell’età in cui i maschi non si invitano perché stanno ancora dall’altra parte della barricata ormonale e le ragazzine possono ancora ballare e giocare e anche puzzare di sudore, a metà tra infanzia e adolescenza, senza la schiavitù della seduzione forzata, del doversi controllare per piacere nel modo più adatto, dell’attirare l’attenzione con finalità di accoppiamento. Che poi accoppiarsi è bello, per carità, ma non c’è solo quello. Ed ecco, i dieci anni che mia figlia ha compiuto ieri sono una bella occasione per un regalo come questo. Abbiamo pensato, mia moglie ed io, che darle una copia delle chiavi di casa sia un gesto per ora simbolico di affidarle lo stato delle cose, consegnarle il mondo come l’abbiamo trovato e come con qualche sforzo lo abbiamo personalizzato alle sue esigenze, che è ancora un work in progress. Inutile aggiungere che l’idea non è stata mia, anche qui le donne sono molto più intelligenti di noi. Non mi sembrava fosse un gesto così importante, e invece non avete idea di come nostra figlia lo abbia apprezzato. Anzi, credo sia stato il regalo più gradito tra tutti, anche grazie al portachiavi che, sempre mia moglie, ha scelto per lei.

E lo sapete, le cose sembrano manifestarsi in maniera random ma invece mica tanto. Cioè se l’ammissione della colpa di aver generato altri esseri fragili e facili a guastarsi di mia madre è avvenuta a poca distanza di tempo dall’aver coinvolto mia figlia nella responsabilità della custodia dei beni che condividiamo probabilmente non è stato un caso. Questa funzionalità di saperci indagare dentro alla fine è un po’ un’arma a doppio taglio, no? Ci consente di metterci in contatto con l’esterno e chiedere aiuto anziché stabilire solo quello che non va, come probabilmente invece succede a chi è dotato solo dell’istinto. Ci fa capire così anche quando è il momento giusto per fare le cose, tanto che poi il momento non è mai giusto per il resto del mondo e quindi è lì che si commettono errori grossolani. Così, considerando che tra le vari features che abbiamo in dotazione c’è anche quella di riuscire a controllarsi, credo che mi limiterò a questo, di passaggio di consegne. Le chiavi di casa che, anche se un po’ retoricamente, rappresentato il futuro che si apre, più che il passato che si chiude. Il resto, le porte del dopo che tanto c’è poco o niente, meglio tenerselo dentro e far finta di nulla.

figlia non correre

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Figlia mia non correre, che già dovresti essere in quarta elementare mentre sei a metà della quinta, ti ricordo che ti abbiamo strappato alla materna un anno prima considerando che sei di febbraio. E, come dice la tua maestra, sei già proiettata alle medie dopo che ti abbiamo accompagnata all’open day della scuola che è il naturale proseguimento di quella che stai frequentando tu. Quella durante la cui presentazione con tanto di discorso della preside, al papà della tua compagna di classe è partita la suoneria del Samsung con il riff di sintetizzatore di “Work hard, play hard” di David Guetta, che un pezzo più tamarro di quello sfido a trovarlo chiunque e a maggior ragione il padre della tua compagna di classe, che a vederlo nei suoi vestiti più che dimessi non lo diresti mai che è uno che ascolta musica così ambiziosa.

Siamo stati anche all’istituto del paese vicino, quello dove invece sono tutti un po’ più ricchi e i genitori laureati e con i denti curati, una scuola dove uno si aspetta di trovarsi di fronte bambini tutti uguali come quelli del villaggio dei dannati. Invece alla fine c’è solo qualche differenza nel portamento, nel modo di esporre le cose, nella pronuncia dell’inglese. Il divario è invece in tutto quello che c’è intorno, le LIM in tutte le classi, la preside che parla di cose che mettono i genitori in pace con il mondo dell’istruzione pubblica dopo che, nella media di David Guetta, la presentazione ha riguardato solo gli orari dell’intervallo breve e di quello lungo. Hanno dato persino la parola a un bambino di quelli con la cresta che ha chiesto se è vero che alle medie si danno i voti bassi fino allo zero.

Per cui non correre, figlia mia, non ora che c’è la tua coetanea di sotto che strilla con mamma e papà che di ritorno urlano più forte di lei e che corri il rischio di averla come compagna di classe nella scuola dei David Guetta, visto che iscriverti alla media del villaggio dei dannati comporterebbe complessità che metterebbero alla prova noi, con l’organizzazione logistica, e la tua stabilità emotiva, considerando che dovremmo separarti dai tuoi compagni di quinta compresa la figlia di David Guetta. La vicina di sotto, che invece frequenta la quinta come te ma siete in classi diverse, è stata educata a suon di sgridate mentre invece noi ci siamo attenuti a modalità più collaborative, tanto che ora ci stai soverchiando con la tua pre-adolescenza ed è per questo che lo ribadisco. Non correre, figlia mia.

E, se devi correre, prima appiccica sul cruscotto della tua vita le foto di mamma e papà e pensa a noi sia quando premi sull’acceleratore e superi tutti, sia quando ti fermi con le quattro frecce a chiedere indicazioni sulla direzione da prendere ma non farlo in quelle vie dove purtroppo non si può accostare nemmeno una manciata di secondi. E il senso di queste metafore, dovresti ricordarlo però, sono certo che te lo abbiamo insegnato.

dieci cose che danno sicurezza a un papà

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Non è una colpa sentirsi inadeguati ogni tanto, vero? Qui è il punto dove dovreste pensare “no, non è affatto una colpa” e che qualunque cosa vi passerà per la testa, alla fine della lettura del presente post lo scriverete sotto nei commenti. “No, plus1gmt, non è una colpa”, fate pure control c control v. Questo se siete zelanti cultori del bene dei vostri figli come principale scopo della vita, molto più di cercare di fare gli scrittori, di trascorrere ore al video-poker, di assentarvi mezze giornate intere per sfogare frustrazioni professionali facendo decine di chilometri correndo in lungo e in largo per la periferia milanese, di fare armi e bagagli al sabato sera per andare a suonare cover di Zucchero con gente che ha vent’anni in meno di voi.

Se invece siete ragazzini e siete passati di qui attirati da parole chiave tipiche della vostra età che non riporto proprio per evitare che questo blog smetta di essere indicizzato, in caso di eccessiva ristrettezza dei controlli parentali dei vostri genitori, ma potete benissimo immaginare a quali zozzerie mi riferisca, qui sotto potete trovare un decalogo di accorgimenti che possono rendere felici genitori insicuri come il sottoscritto che, tutto sommato, fino ad ora gli è andata di lusso, per non dire di culo, ma con l’approssimarsi di stagioni tempestose, quelle che si verificano nelle famiglie popolate anche da figli in quell’età che va dai dieci ai quindici anni, inizia ad avere qualche dubbio sulla propria efficacia educativa. Ecco alcuni comportamenti di mia figlia che mi dicono che posso stare tranquillo, almeno ancora per un po’. Imitatela se volete rendere sereni mamma e papà:

  1. quando passo facendo finta di passare per caso alle sue spalle mentre è al computer e scopro che, anziché essere su Internet a cercare foto di Johnny Depp – che non è tanto per le foto di Johnny Depp ma per tutte quelle che malgrado le impostazioni di sicurezza di Google comunque compaiono nei risultati delle ricerche – scopro che sta scrivendo storielle o sperimentando le funzionalità di Word inserendo le foto delle vacanze
  2. quando entro in cameretta senza bussare facendo finta di essere entrato in cameretta senza bussare per errore non sapendo che lei è lì e sento che anziché ascoltare David Guetta o Kesha ha messo su un cd di Caparezza
  3. quando vado a prenderla all’uscita da scuola perché rientro prima dal lavoro e, dopo aver messo al corrente qualche amica mamma delle mie preoccupazioni circa i naturali turbamenti e il modo di rapportarsi in famiglia, a volte sopra le righe, temendo quindi che l’effetto sorpresa della mia presenza che la costringerà a cambiare i programmi del pomeriggio causerà una reazione negativa e invece, al suono della campanella, si stacca dalle amiche e mi corre incontro per abbracciarmi
  4. quando dimostra di aver capito matematica anche se, come papà, i pochi errori che compie sono di distrazione
  5. quando comprende aspetti nelle trame dei film o dei telefilm a cui i genitori arrivano solo almeno due o tre scene più tardi, rassicurando che in un futuro di demenza senile ci sarà comunque un punto fermo a ricordarmi le cose importanti
  6. quando leggo i suoi temi e mi rendo conto che avere insegnato ad amare la lettura dà i suoi frutti
  7. quando mi rimprovera per qualcosa che faccio e di cui mi ha già rimproverato in passato ma, nonostante ciò, ho perseverato nel comportamento poco adatto
  8. quando partecipa costruttivamente in fase di scelta di qualcosa
  9. quando non partecipa costruttivamente in fase di scelta di qualcosa o avanza mozioni inutili ai fini della decisione, in fondo chi stabilisce le cose sono ancora i genitori e i bambini è bene che dimostrino anche di essere ancora tali, quindi soggetti alla volontà ineluttabile dei genitori, in macro-questioni come la scelta delle vacanze o della futura scuola media
  10. quando mi fa stupisce con il senso dell’umorismo tipico di chi è a metà tra il bimbo e l’adolescente

Per concludere solo un’accortezza. Se pensate che sia facile doversi tarare non dico ogni giorno ma comunque almeno una volta a settimana su misure di grandezza sempre in evoluzione, come quelle che assumono i figli in questa fascia di età qui, sappiate che un po’ vi invidio e vi invito a dirmi qual è il segreto per prendere le cose con leggerezza. Anzi, potreste imitare i venditori di prodotti dietetici spazzatura, quelli che incontri in metro con le spille “Vuoi dimagrire? Chiedimi come” con uno slogan tipo “Vuoi coltivare il rispetto di tua figlia adolescente? Io ho un metodo certificato”.

tutto quello che dovreste sapere sui giorni di pioggia e che non avete mai osato chiedere

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Ci sono volte in cui, per scherzare ma mica poi tanto, mia moglie ed io ci diciamo che nostra figlia sembra aver preso il peggio di entrambi. La tendenza ad andare nel panico per ogni cosa, soprattutto se riguarda qualche sua manchevolezza circa i suoi doveri, per esempio come stamattina che su dieci pagine di geografia da ripassare sulla Lombardia si è accorta di non aver riletto le due iniziali sui settori produttivi della regione in cui viviamo, è merito mio.

Papà anche oggi ho mal di pancia, mi ha detto in ascensore. Volevo risponderle che a me viene il mal di pancia se lei ha mal di pancia. Ma sapete come funziona, si cerca di trasmettere un po’ di stabilità almeno in momenti come questi, quando non si discute di massimi sistemi anche se è un attimo a traslare il senso di cose così su angosce esistenziale, e sono certo che anche questa sarà una delle mie eredità principali. Con questi standard non è possibile infondere fiducia e sicurezza, a quanto pare proprio no.

Resta il fatto che i tempi in cui si spingono a zig zag i passeggini correndo e i figli dentro che si sbellicano dalle risate sono terminati da un pezzo e insomma, mentre il valore dell’età fuori e dentro cresce, i problemi, come si dice, si fanno più complessi. Le questioni quando si è più vecchi e i figli sono più grandi si prendono con meno leggerezza, o forse me lo dico come consolazione perché oggi sono certo che sarà una giornata davvero da dimenticare, con questo tempo poi.

E in ascensore, mentre alla fine le consigliavo di ripassare le due pagine mancanti durante l’intervallo, pensavo a come recuperare, a come insegnare a dare il giusto peso alle cose. A valutare i gradi di adeguata preoccupazione a seconda della gravità di quello che accade, a non usare l’agitazione come arma per giustificare la paura di non essere in grado di risolvere un problema. Andare nel panico può essere consolatorio, da un certo punto di vista, tanto quanto pensare che ci sentiamo così perché fuori c’è un tempaccio. Perché poi magari ti ritrovi a pochi decimetri da un’auto che a tutta velocità supera un autobus fermo alle strisce pedonali sulle quali stai attraversando – mi è successo proprio così pochi minuti fa, bastava davvero un passo in più ed ero spacciato – ed è facile realizzare che davvero, potrebbe andare peggio. E no, non nel senso che potrebbe grandinare, visto che piove già.

tecniche di sopravvivenza ai drammi famigliari

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Ho capito che si inizia studiando il passato, un po’ come si faceva ai tempi della scuola pubblica con i libri di storia che, tomo su tomo, ti portavano dritti dritti tra le braccia dei resistenti all’invasore. Gli avi curvi sul girello che farneticano di cose accadute senza un quando ben definito, passando dal collegio in Val di Susa con Giulio Bolaffi partigiano nascosto travestito da prete, al libello dell’Arci sulle band locali, io sono e suono in almeno tre formazioni con tanto di foto che uno può pensare che, nel novanta e rotti, dalle mie parti le tastiere non le suonava più nessuno a parte il sottoscritto. E la metà invece ancora lucida della coppia genitoriale che perdura nell’amore sempre e comunque, senza se e senza ma, col pannolone o in autonomia fisiologica, quella cattiva sorte della vecchiaia che segue la buona dei fasti della giovinezza e dell’età adulta e a cui uno vorrebbe arrivare già anziano per sapere poi come si fa a contare il tempo nell’attesa del segnale che è l’ultimo per davvero. Quindi ci si sofferma brevemente sul presente che, in un caso di stretta vicinanza parentale, è un pantano di stasi che a dirla tutta è meglio così, anzi una piscina di fango su un baratro – come in quelle spa dove quando ti fai il bagno ti sembra di essere sospeso – che va tutto bene e andrà bene fino a quando la poltiglia sarà in eccesso e, tracimando, porterà via con sé i bagnanti e io – siete miei testimoni che lo dico qui e ora – non avrò proprio le risorse per agire in nessun modo. Non ci resta che piangere e contemplare infine il futuro che ora ha una decina di anni, mi somiglia solo un po’ ed è il prosieguo in parte della mia vita. Ci si moltiplica per questo apparente surrogato di immortalità che però funziona, è come aver mandato una pattuglia di sé a sondare il domani dopo averla approntata con sensori e terminali del proprio sistema percettivo – ma anche solo con quell’intruglio misterioso che contiene il DNA – e averla addestrata a muoversi in quella intricata selva oscura (ché la diritta via è ignota ancor prima di essere smarrita) che è la vita, ma in quel quadrante che, nel mio caso, non vedrò mai per motivi anagrafici e forse chissà, davvero riceverò segnali tipo mio dio è pieno di stelle, spero solo che nel posto in cui sarò ci sia abbastanza campo per captarli.

vincere quei dieci minuti di depressione tra l’ultima pagina del libro e la maniglia della porta dell’ufficio for dummies

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E sapete qual è la soluzione? Non aspettarsi che possano accadere cose oggettivamente impossibili, una strategia in parte dipendente dall’identificazione dei propri limiti. Per quel che ne sappiamo noi, tutto quello che è successo prima del nostro primo ricordo potrebbe anche essere tutto inventato. La bugia che sottende tutto il nostro essere, a mano a mano riusciamo a smascherarla grattando via gli strati secchi come il ghiaccio dal parabrezza in giornate come queste. Senza per forza arrivare a vittimismo esasperato misto a mitomania come quel tizio che avevo conosciuto al CAR. Era convinto che la caserma, i commilitoni, persino gli ufficiali e i mezzi e le armi in dotazione all’esercito fossero tutta una messa in scena dei suoi genitori per toglierselo di torno per una dozzina di mesi e poter divorziare in pace.

Era un fricchettone con i capelli lunghi, così si era presentato il primo giorno con la cartolina verde in mano, uno dei pochi che aveva deciso di affidarsi ai barbieri gratuiti delle forze armate per dotarsi di un taglio di capelli adeguato alla disciplina marziale. Naturalmente era un errore, altrimenti non si spiegherebbe il motivo per cui tutto il resto delle reclute si era presentato già pronto con il look adatto alla nuova vita anziché mettersi nelle mani di principianti, scelti a svolgere quella mansione solo per caso, senza aver superato nessun esame preliminare. Aveva ottenuto poi il congedo per problemi psichiatrici, e prima di fare le valige aveva confessato a me e a pochi altri che la paura del complotto parentale altro non era che una messinscena piuttosto ingenua ma comunque rivelatasi efficace per tornare a casa anzitempo.

E ogni tanto mi capita di riflettere su un piano così folle per far impazzire qualcuno, una trama che non sfigurerebbe in una puntata ai confini della realtà. Io però mi limiterei a segnalare un altro tipo di situazioni impossibili da verificarsi. Per esempio che uno possa decidere il momento in cui bloccare tutto per l’eternità, una sorta di screen shot o cattura immagine grazie al quale una cosa che ci pare interessante o al massimo delle sue possibilità resta così per sempre. Io per esempio avrei schiacciato il tasto pause ai tempi di Windows 98, l’Ulivo, Audiogalaxy per scaricare gli Mp3, i miei genitori a sessant’anni, gli Scisma, gli Almamegretta e i Subsonica di Microchip Emozionale, le tracce di dopo barba che mio papà lasciava sul volante dell’auto che condividevamo, anzi era sua ma me la lasciava spessissimo, un profumo che poi mi restava sulle mani e che è tanto che non sento più.

Poi per il resto non ho alcun’altra recriminazione, lascerei la mia vita seguire il suo corso come è avvenuto e come chiunque può confermarvi: mia moglie, mia figlia, il mio lavoro, l’aver smesso di suonare, aver aperto un blog, aver letto tutto Paul Auster, esser diventato un fanatico della corsa e così via. Ma se davvero è così, significa che realmente non c’è stato nulla di precedente alla prima immagine che ho nella memoria? Siamo io e il nonno, che morì nel 72 per qualche bicchiere di troppo, seduti in quelle panchine di fronte a dove una volta c’era la stazione vecchia e si svolgeva il mercato del lunedì. Il nonno mi ha comprato un bellissimo giocattolo e probabilmente non c’è stata una ragione ufficiale, il compleanno o qualche altra festività. Io tengo in mano questa specie di mini-pista di latta con automobili, camion e motociclette saldate su un nastro a forma di otto che gira in un modo che ora identificherei con il simbolo dell’infinito, passando anche sotto una galleria che poi è la parte più emozionante di tutto e infatti muoio dalla voglia di vedere cosa c’è lì dentro, fino a quando dura la carica.

tutto quello che dovete sapere sulla rivoluzione della prossima settimana

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Pensate le peggio cose che avete fatto a diciassette anni e mezzo o giù di lì. No, non ditemele. Pensatele e basta come quei giochi delle carte che fanno i maghi. Dopo vi dico il perché. Prima però permettetemi un consiglio: è ora di staccare un po’ dalla rete. Troppa Internet e troppi socialini fanno male, come al mio collega che da ragazzino ha giocato troppo con non so quale console e gli sono venute le convulsioni, addirittura gli è successo due volte. Errare è umano, perseverare è un po’ da cretini.

Non vi dico il bisogno come cresce in questi giorni di vigilia, e non mi riferisco alle imminenti festività natalizie. I giorni precedenti le primarie del PD è tutto uno scatenarsi di appelli, coming out, intenzioni di voto, sondaggi, satira, accuse, un intero campionario di contenuti pubblicati da emeriti sconosciuti come il sottoscritto. Mi sono prestato a un po’ di contributi decostruttivisti dei miei, avete presente quando faccio di tutto con scarso successo per essere simpatico e arguto, mi sono imbarcato in alcune sterili discussioni anti-Renzi e pro-Civati, ho tentato timidamente di convincere qualcuno a seguirmi in questo cammino ma i risultati sono stati inqualificabili. Qualche like da persone che erano già convinte della loro preferenza e basta. Per il resto non credo di aver mosso una sola particella di animo politico in un senso o in un altro.

In questi giorni si consuma anche un’altra vigilia, quella della famigerata rivoluzione dei forconi forcaioli che dovrebbe avverarsi, secondo siti ufficiosi e canali ibridi tra il pentastellarismo, il casapoundesimo e le quote latte proprio a partire da domenica sera, ovviamente il risultato delle primarie credo sia indifferente sugli umori di questa fetta di popolazione. Una data attendibile tanto quanto quella dei Maya lo scorso dicembre. E uno viene a conoscenza di queste notizie quando sonda la dialettica proprio dei v per vaffanculo su Twitter. Ecco, non fatelo. Non fatevi mai tentare dall’intavolare scambi di tweet con i grilleschi. Come i più biechi squadristi di un tempo verreste subito accerchiati e messi all’angolo. Che poi a me, a quarantasei anni, sa che mi frega di spiegare a sti pischelli invasati che la legge elettorale non si può trattare come una scia chimica qualunque. Per fortuna ci sono isole di serenità anche sul web, così alla fine torno nel mio socialino preferito che è FriendFeed, dove alla peggio c’è qualche cuperliano e la cosa si chiude in caciara. Ah, la sicurezza dei propri simili.

E ora lasciamo finalmente spazio ai comportamenti più truci che avete tenuto da adolescenti, ma giusto perché sono reduce da una conversazione di quelle di circostanza con il mio barbiere, stimolata da un argomento trattato a Studio Aperto dopo la rivoluzione dei forconi della settimana prossima. Il mio barbiere, mentre mi sistemava i capelli, mi ha raccontato che suo figlio di diciassette anni e mezzo ha preso ad andare in discoteca con gli amici. Un ragazzo che non ha mai avuto sin’ora la passione per i locali notturni si è lasciato convincere dalle turpitudini dei coetanei e ora fa come la massa. Il mio barbiere si alterna con i genitori degli altri ragazzi nell’accompagnarli alle ventidue davanti al locale – devono attendere una media di un’ora di coda per superare il verdetto degli addetti alla selezione all’ingresso – e nell’andare a prenderli alle quattro. Il ragazzo, che ha un ottimo rapporto con il padre, gli racconta anche di quante ragazze riesce a limonarsi nel corso della serata, almeno due o tre. Ragazze che limonano e si fanno tocchignare con facilità, oltre a sfoggiare abbigliamenti (a detta del mio barbiere che è un testimone oculare) estremamente succinti e provocanti.

Avete capito dove voglio arrivare. A diciassette anni e mezzo, in Paesi in cui le fasi della vita hanno una differente scansione rispetto a qui, si rischia di inventare social network da fantastiliardi. Io a diciassette anni e mezzo mi riempivo di canne (scusa mamma se lo vieni a sapere così) e pensavo solo a suonare e invano a quante ragazze avrei potuto rimorchiare suonando e offrendo loro una canna. Il figlio del mio barbiere e i suoi amici fanno a gara a quante limonate riescono a collezionare. Mia figlia tra sette anni e mezzo avrà questa fatidica età, e tutti voi dovreste impegnarvi insieme a me a cambiare il mondo in modo che non solo mia figlia non vorrà andare in discoteca, ma troverà un mondo senza discoteche in cui i suoi coetanei avranno altro da pensare che tentare di metterle la lingua in bocca. Posate i forconi e pensate a un obiettivo diverso per rivoltarvi. Ma fate presto.

Ma per fortuna che c’è mia moglie che mi tranquillizza sempre in questi frangenti. Mi porta come esempio la figlia di una coppia di amici, gente molto più impegnata di noi che siamo abbastanza rilassati da questo punto di vista, una ragazza che a diciassette anni e mezzo ha trascorso buona parte dell’estate in un campo di volontariato e assistenza al seguito di una onlus in Romania. Ecco, la morale è che per un figlio di barbiere discotecaro c’è un adolescente con il sale in zucca, come per ogni grillino che si trova in rete c’è un interlocutore ragionevole. Io, per me, nel dubbio, la chiudo qui, anche se non mi avete ancora detto come sto con i capelli corti.

cose da uomini o uomini con le loro cose

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Non possiamo certo dirci dolcemente complicati, anche se certe giornate amare, lascia stare, le abbiamo anche noi. E per continuare con Ruggeri – perché lo sapete vero che la canzone non l’ha scritta Fiorella Mannoia – ve lo posso confermare: siamo così. Anche da piccoli. Con certi attitudini tipicamente maschili ci cresciamo fin dalla culla. Ne è una prova Federico, un compagno di classe di mia figlia per cui lei sembra avere a fasi alterne cottarelle e ritorni di fiamma. Sono dell’idea che gli amori che si consumano in quarta e quinta elementare non sono da sottovalutare, anche se i genitori sono costretti a ostentare distacco per non drammatizzare in eccesso. Sono quindi da seguire con attenzione, il che vale doppio per i papà, da sempre tacciati di essere possessivi con le proprie figlie. Non ditelo a me, che sono sono possessivo persino con i miei gatti.

Comunque la cotta che mia figlia si trascina dall’anno scorso per Federico da qualche tempo non è più ricambiata. Colui che pretende di superare il sottoscritto nella classifica degli uomini di riferimento dice però a tutti di essere innamorato di qualcuno, ma non vuole rivelarne il nome prima di sapere se è contraccambiato. Avete capito la dinamica? Quanti maschi maggiorenni e vaccinati avete incontrato che si comportano così?

Questo bellimbusto alla fine ha fatto il nome della bambina di cui è innamorato, che non è quello di mia figlia ma di una comune amica. Il mio stato d’animo è stato un misto tra un “come si permette” e un “meglio così”. Ma questa gli ha dato il due di picche perché invece ama uno che si chiama Manuel. Federico così è tornato sui suoi passi e ha detto che allora avrebbe amato mia figlia. Avete capito l’antifona. Prima vuol essere sicuro di non essere deluso, poi passa a quella dopo della lista. Mia figlia, non ancora avvezza alle schermaglie amorose, ha frainteso positivamente il gesto così le ho dovuto spiegarle come funzionano le cose. Essere la seconda scelta e un ripiego non fa per lei, è l’ABC di quell’orgoglio che conosco bene.

Quello che intendo è che io patisco persino quando mia moglie chiede al vicino di casa un aiuto per cose tipo fissare il bastone delle tende. Già, io non so usare il trapano (doppi sensi a parte). Me la cavo bene con queste cose qui, blog, socialini, parlare di figli, e informatica, ma quando si tratta di fischer e tasselli a espansione non fate conto su di me. Lei mi chiede allora come penso di risolvere l’impasse, di certo non si può rintracciare e pagare qualcuno solo per fare un buco nel muro ogni volta che c’è da appendere qualcosa. Ma lo sapete. Non è da noi maschi chiedere informazioni o ammettere i propri limiti nelle funzioni che la natura ci ha assegnato: la riproduzione, il barbeque, l’orientamento, il coraggio, la manutenzione della casa, i motori. Forse nessuno ci educa da piccoli al contrario, forse c’è un qualcosa che coviamo dentro che sprigiona questo tipo di cose, scorie che almeno con l’intelligenza e l’età dovremmo provare a espellere in qualche modo.

studente è un nome primitivo o derivato?

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Pensavo che con tutto quello che ho studiato sarei stato un valido punto di riferimento per la carriera scolastica di mia figlia, avrei potuto supportarla nelle attività previste dai programmi e subentrare alle lacune didattiche dei suoi insegnanti. Pensavo che con me avrebbe avuto l’opportunità di approfondire temi, applicare regole, esercitarsi a casa per comprendere appieno gli argomenti e le materie affrontate in classe. Ero convinto che stando al suo fianco avrei stimolato la sua sete di curiosità con la mia cultura frutto di titoli di studio, libri letti, esperienze professionali. Pensavo tutto questo. Invece la mia utilità è già stata superata e siamo appena all’analisi grammaticale.

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father and son

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Da qualche giorno mio padre ha preso a chiamarmi tutte le sere per chiedermi più o meno sempre le stesse cose. La vicenda che ha guastato la vecchiaia a lui e a mia mamma, e di riflesso ha creato non pochi problemi anche a me, oramai è diventata un’ossessione su cui si arrovella da mattina a sera. Ciò che poteva essere un normale quanto controllabile disorientamento giustificato dall’età avanzata, a oggi si manifesta ogni giorno come una ricerca di chiarimenti esposta irrazionalmente, ora perdendo pezzi ora trovandone altri per un quadro che per chi è fuori dalla sua testa è difficile afferrare. Immaginate un ottantaquattrenne che passa tutto il giorno in casa senza vedere nessuno e che pensa, parla e si documenta solo su un’unica cosa da qualche anno a questa parte. Mia mamma mi aveva avvertito: guarda che papà ha bisogno di sentirti più spesso perché sei l’unico che ritiene in grado di fornirgli sempre tutti i tasselli mancanti quando gli sfugge qualcosa. Figurati, le ho risposto, non ho nessun problema a prestarmi a questa funzione, considerando che vivo lontano almeno così posso essere utile a qualcosa. Digli di chiamarmi quando vuole, le ho detto. Anche io mi impegnerò a telefonargli più spesso. Tanto che ora ci sentiamo tutti i giorni. Io cerco di rassicurarlo fino a dove posso, fino a quando si perde nella sua dimensione che non conosco più, lui è diventato vecchio e io non riesco a trascorrere più di qualche giorno l’anno con lui. Lo sento smarrirsi in un mondo fatto di avvenimenti uniti da un tessuto connettivo artificiale che si è autogenerato a forza di ansie, percorsi inventati lungo il quale è facile perderlo di vista. Mi limito ad ascoltarlo e a cercare di approfittare dei pochi terreni comuni per riportarlo qui, tra noi due, tra padre e figlio, anche se mi sembra strano.