Ogni tanto, scherzando, dico a mia moglie che la mia condanna è quella di dover discutere con persone alle quali non riesco a far cambiare idea e che quasi mai nessuno ascolta i miei consigli. Un vero e proprio contrappasso dantesco, il girone di Cassandra, che mi pare che nell’opera dantesca non ci sia, chiederemo a chi di competenza. E mi riferisco a lei – mia moglie, non Cassandra – che comunque tutto sommato è quella che mi ascolta di più. Mi riferisco a mia figlia che invece non cambia idea ma lì per fortuna, per le cose importanti, laddove portare come esempio la propria esperienza non funziona, prevale il ruolo di genitore e, quando necessario, subentra l’imposizione.
Mi riferisco al mio capo sul lavoro. In tutti questi anni non credo di esser mai riuscito a fargli variare di un millesimo di grado la rotta da mantenere, d’altronde l’agenzia è sua, è lui l’imprenditore e sarà giusto così. Anche se poi mi è accaduto più volte di inviare di nascosto le mie proposte al cliente scartate da lui in fase di selezione e che il cliente scegliesse una di queste, e io mi dico che lo sapevo perché, lavorandoci più a contatto, conosco il cliente meglio di lui. Mi riferisco agli amici e ai conoscenti con i quali molto spesso si discute di attualità e di politica, si parte rispettivamente dai punti A e B e si tracciano linee parallele che se va bene si ritorna all’A e B perché talvolta ci si ritrova a punti C e D e ci si saluta imbronciati e magari si pensa che è meglio non frequentarsi più, che non è detto sia un male.
Mi riferisco ai miei genitori, che in quarantacinque anni posso dire con assoluta certezza di non essere mai riuscito a convincere di nulla, malgrado il loro appartamento sia zeppo di conseguenze delle scelte prese un po’ così, senza dare retta a una voce che magari da fuori e non coinvolta in processi e decisioni poteva essere utile ascoltare. Ci sono due aspetti che entrano in gioco, in questo che probabilmente è il caso più evidente di scarsa autorevolezza come lo sarebbe di chiunque. Intanto il lavoro che svolgo, cioè non ho un vero e proprio ramo di competenza per il quale possa essere considerato da loro una autorità – dubito che possano aver bisogno delle mie capacità di scrittura creativa – e quindi per tutto la gamma di argomenti sui quali ho un parere, questo di default vale meno del loro per non dire di chiunque altro. A partire dal modello di tv da prendere fino alle modalità con cui vendere l’automobile che mio padre ormai non può più guidare: i miei genitori hanno stabilito un prezzo suggeritogli da un primo possibile acquirente che poi ha mollato il colpo, quindi tutt’altro che obiettivo, poi si sono basati solo sul passaparola fino a quando un nuovo interessato ha visto il veicolo e ha acconsentito. Ma non ha lasciato nemmeno un acconto e dopo quasi un mese dalla sua visita l’auto è ancora lì, parcheggiata nello stesso punto sotto casa. Tutto questo mentre io avevo verificato il prezzo di mercato, il triplo della loro proposta, messo un annuncio on-line ed ero stato contattato più di una volta per chiudere la vendita. Ma niente, loro avevano dato la parola a quello che poi non si è fatto più vedere e ancora stamattina, dopo averle fatto gli auguri per il suo compleanno, mia mamma mi ha pregato di aspettare ancora qualche giorno prima di pubblicare un altro annuncio in Internet, “che magari si fa vivo”.
Ecco, quando ogni tanto dico a mia moglie di essere destinato a discutere con persone alle quali non riesco a far cambiare idea, lo dico scherzando ma mica tanto. Per non parlare del ritorno di tutto questo sull’autostima, la cui carenza riempie pagine di questo blog dal giorno della sua fondazione, anche se non sempre la vedete indicata tra le tag sotto ai post.