Tra diecimila anni, quando gli alieni sbarcheranno su questo pianeta privo di vita e scopriranno tra le macerie di un data center scampato alla catastrofe definitiva un hard disk che in qualche modo riusciranno a collegare a qualcosa e a vedere che cosa contiene, si troveranno di fronte alle vestigia di una civiltà che usava tappezzare le pareti dei propri ambienti virtuali di foto di gatti.
Gatti di ogni razza, colore, dimensione, età. Gatti in tutte le pose, buffi, grassi, denutriti, sani e malati, mentre giocano o dormono o graffiano o fissano qualcosa che noi non vediamo. Da quello che rinverranno nell’hard disk, gli alieni quindi potranno desumere che la nostra civiltà faceva cose come riprendersi durante la pratica del sesso in tutte le sue varianti, esprimersi con punteggiatura discutibile (ciò significa che gli alieni leggeranno questo blog) e osservare una religione basata sul culto dei gatti domestici. Oppure arriveranno a pensare che i gatti domestici a un certo punto abbiano preso il sopravvento sugli esseri umani imponendo la loro legge naturale che, se avete gatti in casa come il sottoscritto, è spesso in antitesi con la nostra.
Venerdì in pausa pranzo ho riflettuto, rispondendo a una domanda di un’amica, sul fatto che due gatti in casa mi costano una media di 2.50 euro al giorno di cibo, cioè 75 euro al mese a cui va aggiunta la lettiera igienica, per un totale di circa 90 euro al mese, e tenete conto che i miei due gatti non mangiano secco perché la gatta, a differenza del fratello, il secco lo vomita all’istante da sempre. Partendo da questo dato – ma non è la prima volta da quando, sei anni fa circa, li ho accolti in casa mia – ho pensato al senso di avere dei gatti in appartamento.
I miei gatti mi svegliano da sei anni a questa parte ogni fucking mattina tra le 4.30 e le 6.00 per essere nutriti. La cosa buffa è che il maschio, che si chiama Oliver ed è il più sfrontato, per non dire il più cagacazzo, ha affinato con il tempo una tecnica di miagolio sottovoce perché ha capito che facendo così sveglia solo me e non mia moglie o mia figlia. Al miagolio sottovoce aggiunge la carezza con unghia, le leccate sul mento e vari classici del sadismo felino come le camminate disinvolte sull’addome umano oppure i raspamenti dell’abat jour, sull’anta dell’armadio o sul comodino. Ho provato a chiuderli in sala ma Oliver il cagaminchia inizia a miagolare – in questo caso con il suo registro standard – e continua senza ritegno finché non gli apri, con il rischio di svegliare tutto il condominio.
Non c’è un momento della giornata trascorsa in casa in cui non abbia nel mio campo visivo almeno un gatto. Mi siedo al pc e inizia la solita solfa dei passaggi sulla tastiera tasto invio compreso, gli strusci sull’angolo dello schermo, poi le fusa e il posizionamento sulla mano che governa il mouse fino al mettersi sulle gambe. Mi sdraio sul divano e arrivano immediatamente addosso per condividere la pennichella con me. Mi metto a fare colazione ed eccoli a dare testate sulla tazza per tentare di accattivarsi gli avanzi, per non parlare a pranzo e a cena e non solo se c’è carne o pesce. I miei gatti sembrano apprezzare di tutto, persino la pizza, così devo interrompere il pasto per catturarli e chiuderli di là ma poi iniziano a miagolare, così mi tocca aggiungere un posto, anzi due, a tavola.
Poi mi guatano in continuazione, si siedono sull’asse dietro di me quando sono al gabinetto, devo lasciarli soggiornare in bagno mentre faccio la doccia, gli parlo e mi rispondono in un linguaggio tutto loro, ogni tanto vomitano anche le scatolette e nel migliore dei casi me ne accorgo e riesco a pulire il pavimento, nel peggiore calpesto le loro schifezze o le devo togliere dal computer portatile, che per fortuna lascio sempre chiuso. Appena mi alzo dalla sedia, dal divano o dal letto si precipitano immediatamente dietro di me per capire se è il momento di mangiare. Se passo a fianco della gatta, che si chiama Doremi, lei mi dà una specie di “poke” felino brancandomi con la zampa unghie incluse perché vuole essere accarezzata. Oliver fa la stessa cosa ma è molto più materiale. Mi si piazza addosso e mi sbrodola ronfando con quella roba che gli scende dal naso e quando scrolla il muso spruzza dappertutto come fanno i cani dopo il bagno, senza risparmiare nulla tantomeno il monitor del pc.
Un capitolo a parte meritano i danni che hanno provocato in casa, a partire dal rivestimento del divano e delle poltroncine della sala (il tappezziere mi è costato quasi 1500 euro), da tre bocce di vetro di una lampada anni 70 ricordo di zia Pina, che vanno ad aggiungersi ai tiragraffi da venti euro a botta che posiziono nei punti strategici come deterrente ai tessuti più preziosi (come quello nuovo del divano e delle poltroncine). L’elenco comprende i buchi sulla schiena delle t-shirt: un classico della richiesta di attenzione quando hanno fame è saltarmi sulle spalle da dietro mentre sono seduto alla scrivania, una modalità con cui non risparmiano cose più preziose come le maglie di lana. Ma non è tutto. Se devo dedicarmi a un lavoro di precisione con cacciavite o pinza, magari uno di quelli in un punto in cui si fa fatica ad arrivare, ecco che corrono a impicciarsi di quello che sto facendo annusando dita e arnesi. Quando mi appropinquo allo stereo per mettere un disco, Doremi corre e salta sulla fila di vinili impilati con il suo miagolio da gatta morta (e invece è viva e vegeta) e vorrebbe pure provare l’ebbrezza della rotazione sul piatto credo ma non c’è mai riuscita perché la faccio volare a terra prima che combini qualche disastro sulla mia collezione di quarant’anni di ascolti musicali, a cui tengo più di tutto il resto che ho elencato fino a qui.
C’è poi il fattore vacanze. Ogni anno è la solita storia se dobbiamo partire. Per fortuna abbiamo gli amici del quinto piano – anche loro proprietari di una micia – con i quali ci scambiamo le operazioni di accudimento, ma in ogni occasione dobbiamo far fronte alle difficoltà organizzative. Lo scorso anno Doremi per farmi capire il suo disappunto mentre preparavo le valigie ha fatto la pipì sul mio abbigliamento da corsa a poche ore dalla partenza, le dovrei quindi addebitare anche un set completo di maglietta, pantaloncini e calzini in tessuto tecnico se gli animali domestici fossero in qualche modo redditizi.
Inutile dire che in questo momento, mentre sto scrivendo il post definitivo sui gatti domestici, si avvicina la loro ora di rifocillamento e Oliver continua a fare le vasche sulla scrivania strusciandosi sul mio mento. Vi chiederete perché, pur essendo gatti di tutta la famiglia, abbia scritto questa lista di attenzioni feline come se fossero unicamente rivolte a me. La risposta è perché fatto cento il rapporto tra loro e noi, novanta è quanto li ho io sul groppone, in senso proprio e figurato e non certo perché l’ho deciso io, ma perché, da perfetti opportunisti, l’hanno scelto loro.
La conclusione di questa riflessione la lascio a voi, soprattutto se state per prendervi in casa uno o più gatti. I gatti sono furbi ma sono comunque una versione tamagotchi dei cani, e con questo non voglio alimentare il dibattito tra canisti e felinisti. Scordatevi che i gatti siano animali indipendenti perché in appartamento si rompono i maroni e, per una forma di contrappasso o transfert imposto della loro legge naturale, rompono i maroni all’essere umano più debole e consenziente che trovano a disposizione. Lo stesso che poi tappezza i suoi ambienti virtuali con millemila primi piani dei suoi gatti, fermo restando che questi due, al secolo Oliver e Doremi, giuro saranno gli ultimi animali domestici che metteranno le loro zampotte vellutose in casa mia.
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