con il piede sinistro

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Esce dal portone di casa come un alieno conquistatore sbarcato con l’astronave da guerra sul nostro pianeta, non importa chi siete e cosa fate, siamo atterrati sulla vostra insulsa civiltà e vi calpesteremo come insetti. Ma è l’impressione dei Dr. Martens ai piedi, gli anfibi falsano le proporzioni, quelli bombati anti-infortunistici danno quell’aria un po’ da clown alle persone con le caviglie sottili, anzi l’andatura un po’ da Godzilla tanto per rimanere in tema b-movie di fantascienza.

Al semaforo, prima di passare con il rosso malgrado il traffico, si volta verso destra per vedere quale automezzo sarà costretto a fermarsi per farla passare, le regole non sono fatte per la mattina presto. È un attimo, quanto basta per mostrare a chi arriva da quella parte un esempio di architettura facciale razionalista con la frangia perfettamente orizzontale. Con la destra si ficca in bocca un mozzicone acceso che è letale per chi le sta dietro, magari per caso o solo per seguirla involontariamente e approfittare dei tempi morti per costruire delle fantasie narrative su. Il fumo passivo la mattina è secondo in quanto a fastidio solo al fumo passivo negli ultimi quindici minuti della tua sessione di corsa, quando pur di distrarti dai chilometri che restano fai persino gli scherzi a te stesso svoltando all’improvviso per non accorciare il percorso della lunghezza giusta pianificato con Google che invece il tuo istinto di sopravvivenza vorrebbe tagliare e qualcuno da lassù ti punisce facendoti incrociare un tabagista.

Poi mi accorgo che anche la sinistra tiene tra l’indice e il medio un altro mozzicone, più sottile e lievemente più lungo, quello che resta di una sigaretta autoprodotta ma altrettanto già a metà, che pare siano le meno salutari. Cioè accendere un mozzicone che è già stato spento dicono sia l’anticamera del peggio di quello che ti può capitare se fumi. Io lo ho scoperto quando ormai avevo smesso da secoli, ma era un’abitudine piuttosto diffusa quella di non sprecare inutilmente tabacco e di conservarlo per i momenti peggiori. E non accade solo in Liguria, sia chiaro. Mancano solo due tiri prima della parte contenente il filtro, il passo si fa più incalzante perché la direzione comune – la stazione e il treno che solo un paio di minuti di ritardo ci permetteranno di non perdere – impone di affrettarsi.

Si fa più veloce anche la boccata, ma prima di gettare la parte non fumabile ecco che Godzilla porta alle labbra il secondo avanzo di sigaretta con la mano sinistra e con quella terminata se la accende. Sbuffa il primo tiro, getta a terra il mozzicone appena finito e si volta per gelare con occhi pesantemente truccati il resto del mondo che non dovrebbe starle così addosso. E il resto del mondo, che consiste in un padre di famiglia che si reca al al lavoro, vorrebbe avvertirla che ha perso qualcosa, signorina – ecco questo potrebbe mandarla in bestia -, ho visto che le è caduto qualcosa di bianco dalla mano, che tradotto in comunicazione diretta suona più o meno come “razza di deficiente ma se venissi a buttare le sigarette in casa tua come reagiresti”. Ma né il significato tantomeno il significante escono da apparato fonatorio alcuno. Come nelle migliori storie a lieto fine, un fischio annuncia l’arrivo del treno che distrae i protagonisti e contemporaneamente toglie la voce narrante da un bell’impiccio.

digli di smettere

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Fa sorridere rivedere interviste o talk show di qualche anno fa in tv, durante le quali l’intervistatore e l’intervistato si scambiano domande e risposte con la sigaretta accesa in mano. Ormai l’entrare in luoghi pubblici e non sentire puzza di fumo è la normalità, ma l’ostracismo verso i tabagisti dai vagoni ferroviari, club, sale d’aspetto e uffici è storia recente. E quello che sembra un comportamento normale, il risparmiarsi il cambio forzato quotidiano di abiti a causa della convivenza o la semplice vicinanza di fumatori accaniti, un tempo era tutt’altro che scontato. Sembra incredibile aver passato secoli in cui si è permesso a chi non aveva il vizio, se non a coloro per i quali era pure dannoso, di subire le esalazioni di una combustione. E non solo rientrando a notte fonda dopo un concerto, durante il quale il tabacco talvolta mescolato ad altro saturavano l’ambiente chiuso e gli aromi dell’uno e dell’altro vegetale bruciato impregnavano capelli e magliette sudate. Una semplice andata e ritorno in treno poteva essere decisiva.

Per non parlare dell’ufficio. Solo dieci anni fa condividevo l’ambiente di lavoro con gente che mi appestava con un paio di pacchetti di Marlboro al giorno a testa. Il mio dirimpettaio rollava invece di continuo, ma quella era la cosa meno fastidiosa, perché, traboccante di personalità da ogni poro e umile quanto un opinion leader del centrodestra, mi spaccava la minchia con la sua techno autoprodotta in loop a un volume fintamente moderato. Una specie di folletto con i capelli strinati e l’accento del sud, al mio fianco, riempiva invece il posacenere di mozziconi macchiati dalle abbondanti dosi di rossetto porpora con cui tentava di caratterizzare al meglio la sua bruttezza interiore (ed esteriore).

E le auto? Tentare di migliorare l’esperienza di viaggio dei passeggeri con gli arbre magique, l’invenzione del secolo (scorso) il cui olezzo – il flavour classico alla vaniglia, tanto per dirne una – ti si impregnava peggio delle nazionali senza filtro.

Sono stato fumatore, da molto sono un ex, ogni tanto scrocco un pizzico di Old Holborn quando incontro qualcuno che ha una busta e le cartine con sé, questo solo per dire che cerco di essere comprensivo con chi non si libera dal vizio. Ma oggi come allora, ho l’impressione che se c’è un filo di fumo appeso a un mozzicone pronto a librarsi verso l’alto, ecco che prende la direzione delle mie narici attirato da chissà cosa, un po’ come il senso per gli uccelli dei protagonisti del film di Hitchcock. Sarà vittimismo, o il condizionamento della cultura imperante verso chi si arroga il diritto di smog difendendosi con un “il polmone è mio e me lo gestisco io”, senza pensare che la prevenzione è la miglior cura soprattutto contro la spesa sanitaria pubblica. Ma sono sempre io a dover fare qualche passo più in là per evitare di offrire incresciosi spettacoli – conati di vomito compreso – alle 8 del mattino sul binario. Potrei però portare con me una borsa di compost e sedermi in braccio al fumatore, una volta a bordo del treno, giusto per ricambiare il favore.