Per sbarcare il lunario, in un modo di certo meno interessante rispetto a quello dell’autore che ne ha anche scritto una storia, e io sbarcavo il lunario non perché anelavo alla professione di scrittore come lui ma perché aspiravo a fare il musicista, ho fatto anche l’insegnante di pianoforte in una scuola per aspiranti musicisti come me. Una scuola molto amatoriale. Uno di quei posti in cui potrebbe insegnare uno come me che non è un musicista abbastanza in gamba da insegnare la musica e, soprattutto, non è un insegnante. Io, che in fondo sono uno corretto, avevo avvertito chi aveva avuto il coraggio di coinvolgermi, ma tant’è.
Diciamo che i prezzi all’utenza erano popolari all’inverosimile, il resto ce lo metteva una delle circoscrizioni di Genova più popolose della città. C’era stata persino una presentazione dei corsi con concerto finale di noi insegnanti e il rinfresco alla fine, e proprio la dimostrazione della bravura mia e dei miei colleghi, di certo meno millantatori di me che con due accordini rivoltati e qualche acciaccatura in fase di improvvisazione mi spacciavo pure come jazzista, avrebbe dovuto spingere ancora di più tutti gli intervenuti a iscriversi al corso preferito. Inutile dire quale insegnante non raccolse nemmeno mezza adesione mentre basso, chitarra e soprattutto batteria avrebbero di lì a poco riempito l’agenda di tutti i ragazzini del quartiere ansiosi di schiacciare il pedale del distorsore e di sublimare con il rock. Poi però accadde una specie di miracolo.
Stavamo già smontando gli strumenti in quell’atmosfera da fine della festa, quella con i pop corn spiaccicati sul pavimento che vanno sotto le scarpe e non c’è più nemmeno un bicchiere di carta pulito per versarsi un po’ aranciata del discount, quando mi si avvicinò un tizio vestito da prete laico che mi comunicò la sua intenzione di partire con le lezioni al più presto. Gli diedi appuntamento secondo la sua disponibilità, d’altronde era l’unico per il momento a voler seguire i miei corsi e non c’erano problemi di sovrapposizione di orari. Prima di congedarmi gli chiesi se sapesse già strimpellare qualcosa o se partiva proprio da zero. Mi rispose che si dilettava da solo con un pianola in casa ma il suo obiettivo era quello di suonare durante la messa in chiesa.
Questo mi fece riflettere, forse non aveva bisogno di me ma di un insegnante più preparato e focalizzato sulla musica sacra. Così pensai di mollare il colpo, e sperando che non avesse già versato la quota di iscrizione decisi comunque di comunicargli la mia rinuncia alla prima lezione. Si presentò a mani vuote malgrado gli avessi chiesto di portarmi lo spartito di quello che sapeva già suonare, ma si sedette lo stesso al piano deciso di portare a termine l’audizione. Questo mi incuriosì e mi spinse a rimandare il discorso che mi ero preparato. Gli chiesi che cosa stesse per eseguire, e mi disse di aver preparato l’Inno alla gioia. Si concentrò, guardò per qualche istante la tastiera, posizionò il dito indice della mano destra sul mi centrale, quindi suonò con quell’unico dito tutta la prima parte della melodia, quella che potete solfeggiare leggendo il titolo di questo post. Concluse la performance con la tonica, sempre con l’indice destro, e si voltò come se mi avesse fatto ascoltare una di quelle composizioni di Rachmaninoff che grazie al cinema hanno soppiantato Listz come esemplificazione della tecnica più trascendentale per pianoforte. Decisi così che almeno per un paio di anni avrei potuto seguirlo nel suo percorso musicale, tanta era la strada che avrebbe dovuto percorrere prima di sedersi dietro all’armonium e accompagnare i parrocchiani durante un’ordinaria funzione domenicale.
Ma tutto questo mi è tornato in mente perché a scuola i bambini delle quarte stanno imparando proprio l’Inno alla gioia in questa versione ultra sintetica, un Bignami del Bignami della Nona di Beethoven nella sua riduzione per il Bignami degli strumenti musicali che è il flauto dolce. E qui nel palazzo, oltre a mia figlia, ci sono altre tre bimbe che, pur in altre sezioni, sono allo stesso punto del programma di musica e che a fasi alterne si esercitano per imparare questa celebre melodia. E ieri da casa mia, mentre cercavo di portarmi avanti con il mio libro, le ho sentite tutte. Dalla più brava a quella meno portata.