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Sentivo uno psicologo raccontare che non sono pochi i casi di nativi digitali che alla domanda “quanto fa 2x – x” rispondono 2. In effetti da un punto di vista digitale non fa una piega: prendete una jpeg con su scritto 2x, cancellate la x, e osservando il risultato compatitevi in libertà sul vostro obsoleto modo di vedere le cose. Non capisco però tutta questa paura del cambiamento: magari tra mezzo secolo le discipline come le conosciamo noi saranno rivoltate come calzini. Il nostro peso sarà espresso in giga e prima della prova costume ci zipperemo senza nemmeno il bisogno di trattenere il respiro per non far traboccare la pancia oltre l’elastico del costume. Fare l’artista non sarà più necessario, questo non lo so spiegare perché già oggi è così ma spero abbiate compreso che cosa intendessi. Interessanti anche i risvolti di questo fenomeno da un punto di vista linguistico. Pensate per esempio a quanto potrebbero essere veloci le nostre conversazioni avulse dai termini che ai fini del contenuto sono ininfluenti. Le parole che utilizziamo per far prendere al cervello una boccata d’aria fresca e inviare alla lingua la risposta pertinente alla domanda che ci è stata posta. Non fate quella faccia, se il cervello elettronico è veloce il mondo si aspetta da noi che facciamo altrettanto. Ma come si fa capire il superfluo verbale? Semplice. Avete presente le indicizzazioni che si facevano con Wordstar e che nessuno capiva mai a cosa potessero servire? Bene. Un adulto italiano pronuncia una media altissima di volte l’avverbio “praticamente”, che è notoriamente un intercalare come a Genova diciamo belin ma non per questo dev’essere giustificato per forza. Digitalizzate una vostra conversazione, poi cancellate tutti i praticamente e ponderate il peso del file ottenuto e la sua lunghezza. Si tratta di un’operazione che vi libererà tempo e spazio da reinvestire nelle attività che preferite. Io poi con l’avverbio “praticamente” ho un conto in sospeso perché, fondamentalmente, sono un teorico. Il mio intercalare preferito, a parte belin che da quando vivo a Milano non lo dico più, è “in teoria”, questo la dice lunga sulla mia voglia di lavorare. Dico e scrivo cose in teoria ma se poi mi chiedete di farvi degli esempi pratici vi rimando a qualcuno più concreto di me, questo è uno degli aspetti di cui mi sono liberato e ora, vi giuro, ho tantissimo tempo a mia disposizione per contemplare tutte le astrazioni che voglio.

tutto ha avuto inizio da quel video tutorial su come piegare le magliette, ricordate?

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Mi piacerebbe avere dei trucchi da darvi, che poi sull’Internet sono gli argomenti che spopolano. Che cosa avete capito, non intendevo ciprie e eyeliner, ma trucchi nel senso di scorciatoie per risolvere problemi pratici con quei metodi casalinghi e fai da te che fanno risparmiare costose consulenze e manodopera specializzata. D’altronde sono persone in carne ed ossa che fanno certe cose, giusto? Quindi conoscendo i passaggi, potendo consultare punto per punto la ricetta di qualcosa, in teoria uno dovrebbe arrivare al risultato senza incidenti. A me capita di cercare questo genere di informazioni in rete. Ho sbruciacchiato la piastra di un ferro da stiro con caldaia nuovo di zecca, per esempio. Ho cercato in Internet e ho trovato un suggerimento in cui si consigliava di utilizzare una fetta di limone. Inutile dire che ci ho provato ma la piastra del ferro da stiro con caldaia nuovo di zecca è rimasta sbruciacchiata. Quella volta dell’i-Pod in lavatrice poi era finita con il lettore mp3 messo ad asciugare nel riso. Ce l’ho lasciato un paio di settimane e qualcosa è successo, nel senso che collegandolo al pc funziona anche se il display sembra bombardato. Ma la batteria è andata, e nemmeno i cinesi ne consigliano la sostituzione considerandone il valore. Ho cercato allora su youtube un tutorial per sostituire la batteria, ci ho provato ma senza saldatore non c’è verso. Potrei andare avanti all’infinito su come costruire in casa un saldatore fino a come generare un intero creato come una autentica divinità grazie all’aiuto spontaneo e volontario degli utenti dei socialcosi, ma se non riesco nemmeno a superare il primo livello la vedo dura. Eppure c’è gente che ne sa una più del diavolo, giusto per ristabilire la contrapposizione bene vs male. Come appiattire i vinili che hai lasciato sotto il sole, come mettere il copri-piumino senza sbatterti a far coincidere gli angoli uno per uno, per non parlare delle ricette perché c’è un vero e proprio boom. Un’amica cambia il percorso da casa all’ufficio con i mezzi pubblici ogni mattina per evitare il crollo psicologico da routine. Io sono più sul filone delle battutine ironiche di quell’ironia che capisco solo io e che non fa ridere nessuno. Cerco di passare per intelligente e arguto ma poi, sotto sotto, si vede che non è che sia un granché capace. Per esempio ieri ho scritto su Facebook “prima di valutare le pagliuzze nell’italiano degli stranieri a cui volete negare la cittadinanza provate a registrarvi e poi riascoltarvi per scoprire l’evidente trave che fa da diga ai vostri congiuntivi”. Un mio amico mi ha dato pure del demagogo. L’unico trucco che posso darvi è di non pensare mai a come potrebbe essere se aveste fatto questo anziché quest’altro. Oltre a essere pura speculazione emotiva correte il rischio di cadere in uno di quei stati d’animo che i più bollano e giustificano come cambi di stagione, soprattutto se avete un’età come la mia.

in base dieci

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La maestra ha insegnato a mia figlia un modo veloce per aggiungere e sottrarre i numeri più alti della prima decina e cioè aggiungi dieci e togli uno, due, tre o quattro a seconda della cifra. Comodo, forse, ma mi dà l’idea di una versione facilitata delle cose, molto regolare secondo la nostra visione pari e in base dieci del mondo, che non posso non collegare a quel modo di insegnare il piano usando i tasti bianchi e la scala di do maggiore, o ad allenarci ai ritmi in quattro quarti eccetera. Peccato, ci si perde un’occasione per acuminare un po’ l’intelletto, renderlo più pronto alle asimmetrie, alle diversità, alle cose che vanno storte. E il dieci, lo stesso che è il voto più alto – io l’ho preso una volta sola nella mia vita, in un compito in classe di inglese, facevo la seconda liceo – o il momento parziale di una conta, il punto da cui si riparte da capo, il numero sulla schiena di gente del calibro di Maradona, Platini e Zidane. I dieci decimi della vista perfetta e i dieci piani di morbidezza. Addirittura il giorno del mio compleanno. Addirittura le tavole di Mosè. Ma da qualche tempo il numero dieci è sulla bocca e nei crucci di tutti. La gente si lambicca per mettere insieme liste in un rincorrersi di nomination, si dice così. I dieci libri, i dieci film, i dieci sportivi, i dieci momenti, i dieci qui e i dieci di là. Cerco di trattenermi dal commentare che le liste di dieci hanno rotto il cazzo non perché non è bello fare le liste ma perché la sovraesposizione, alla lunga, sminuisce la portata di un’idea. Stufa. Io da tempo vado sfidando i miei contatti sui socialcosi a smascherarsi e a pubblicare liste di un elemento solo. Un’impresa impossibile? No perché con l’uno non operereste una semplificazione ma brandireste la vera preferenza di una vita, la prima cosa che salvereste da una catastrofe, una scelta di Sophie reiterata all’infinito. Un film: Smoke. Un disco: Nursery Crime. Un libro: I promessi sposi. Un momento: la pressione del tasto enter.