facciamo cinquanta e cinquanta

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Purtroppo vi sarete accorti che l’età non è come Zalando o Amazon che se non sei soddisfatto o c’è qualcosa che non va rimetti tutto nello scatolone e prenoti un corriere che si riporta indietro quello che hai scelto con una tempestività che noi, abituati al sistema postale tradizionale, ce lo possiamo sognare. Se hai voluto spendere il tuo giovane ed entusiasta intuito imprenditoriale ai tempi del boom economico, per dire, oggi più o meno viaggi intono ai settanta e rotti. Se hai prenotato la tua nascita in modo da vivere da studente il settantasette a Bologna, per fare un altro esempio, oggi sei sulla sessantina, e così via. A me piaceva l’idea delle atmosfere gotiche e dei capelli cotonati e ho comprato il pacchetto anni 80, non vi nascondo che era al 40% di sconto e, con la consegna gratuita, credevo di fare un affare. E invece, come tutti i sottocosto, c’era la fregatura, quella di vivere uno dei periodi più sfortunati del dopoguerra (questo) da cinquantenne senza essere né carne né pesce.

Ieri, per puro caso, mi è capitato sottomano il famoso catalogo dei premi, quello che l’anagrafe ti consegna unitamente al certificato di nascita. Ho controllato quello che mi sarei potuto permettere con i punti raccolti fino ad oggi e c’è poco da essere allegri. Altro che aspettative, illusioni, prospettive, futuro. Ho deciso però di sperperarne giusto una manciata investendole in una piccola confezione di gomme profumate. Avete letto bene. Annoverate erroneamente tra gli articoli di cancelleria più inutili per studenti della scuola primaria, considerando che anche i pedagogisti più accondiscendenti ne circoscrivono l’utilizzo solo per l’appagamento di alcuni sensi a partire dall’olfatto e dal gusto (non ditemi che, ammesso che le abbiate mai possedute, non vi è mai venuta voglia di addentarle e masticarle), in realtà sono un lusso per gli adulti, e il perché è facile da immaginare. Da vecchi, sul lavoro, ce la sogniamo un’attenzione così alle esperienze di contorno alle cose che siamo obbligati a fare. I pc non sanno di niente, i telefoni sono freddi e tristi, le scrivanie sono rigide e ostili, i colleghi nel migliore dei casi puzzano e si scaccolano (ma questo succedeva anche a scuola), la vista cala, i capelli li perdi e se ti restano sono grigi, combatti contro il mal di schiena in tutte le sue subdole varianti, la pressione alta, i genitori anziani, i figli adolescenti che trovano rifugio in cose come le gomme profumate per compensare ai coglioni che gli facciamo noi vecchi con le nostre paternali. E comunque no, non è oggi il mio compleanno. Sarà il dieci di maggio, avete quindi tutto il tempo per organizzarvi a dovere.

quindi le sette lune di Dalla erano per i sette nuovi pianeti, giusto?

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L’uscita del sequel cinematografico di Trainspotting ha avuto due clamorose conseguenze: intanto sono in molti quelli che si stanno procurando una copia del primo, perché se l’avete visto al cinema appena uscito come è successo a me, era il 96 o giù di lì, non sono trascorsi proprio due giorni e vi giuro che il vuoto è totale. Malgrado questo sosteniamo da allora che si tratti di un capolavoro, e se continuiamo a convincerci di questa opinione un motivo di sarà. Tuttavia faccio grossa fatica a ricordare come sia stato possibile che abbia comprato il cd (una copia originale e nuova di zecca) degli Underworld, manco a dirlo nello stesso periodo, ma a parte “Born slippy” non saprei cantarvi nessun’altra traccia di quel disco. Trainspotting comunque ha 21 anni mentre io e Cobain andiamo per i 50 con due differenze. Lui, anche se strafatto, ora è della stessa materia dell’iperspazio e gli è concesso di provare l’ebbrezza degli anni luce e visitare con la sua consistenza rarefatta le sette nuove terre come quella che abitiamo e che non vedono l’ora di entrare in contatto con la nostra civiltà. A me, che sono ancora in carne ed ossa ma con una corposa componente di pizza e birra, toccano le misere sciagure degli esseri umani intrappolati nelle gabbie per i rifiuti del Lidl e documentate sul web. Che sfortunati. Che mondo è, mi verrebbe da dire ai nostri cugini degli esopianeti, un posto in cui un giorno sei l’eroe del Leicester e finisci su tutte le copertine delle riviste sportive e qualche mese dopo non vali nemmeno lo sporco delle dita dei piedi di una delle riserve della squadra con cui hai vinto incredibilmente un campionato di calcio? Siete proprio sicuri di voler essere accomunati a noi? Avete posto per iniziative come Uber e Flixbus, chiederei ai fortunati abitanti di quei posti lontani, o l’iniziativa privata è stata soggiogata dal corporativismo anche lì da voi? Mi chiedo anche se da loro sia in vigore un unico social network per tutti e sette i pianeti e, in quel caso, chissà che insulti volano, chissà se si odiano tra di loro, chissà se sanno che li abbiamo scoperti e in tal caso chissà se stanno correndo ai ripari. Dimenticavo: Lucio Dalla era solo un pretesto ma non sfigura mai.

dispense di psicologia domestica

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Oggi Diego Rainetti è uno stimato ricercatore del California Design Institute, uno dei tanti cervelli italiani in fuga all’estero ma da tempi non sospetti, quando qualcosa con cui tirare a fine del mese dalle nostre parti si trovava ancora. Venticinque anni fa Rainetti ha messo a frutto la sua passione per le case che, probabilmente, è un’attitudine che abbiamo tutti sopita da qualche parte e che si manifesta con i brividi e con quella specie di farfalle nello stomaco – che attenzione, a volte viene fraintesa come stimolo a correre in bagno – quando ci fermiamo a osservare migliaia di luci accese dietro alle finestre nelle stanze, da punti di vista privilegiati, per esempio un belvedere o una strada sopraelevata. Oppure la curiosità di infilarsi a piedi in ogni portone aperto, salire le scale e capire come sono disposti gli appartamenti, i colori dell’intonaco delle pareti, il modo in cui l’essere umano è capace a trasformare e personalizzare, l’organizzazione degli spazi e dei volumi nei quali le persone comuni come me e voi si riparano per trovare conforto, separarsi dal resto, fare l’amore, leggere e dormire sul divano.

Ma non tutti siamo in grado di individuare in noi questo stadio ancestrale in cui vive la nostra idea di rifugio – tipico di ogni essere vivente – e andare a fondo, figuriamoci a farne una professione, una specie di “psicologia domestica”. Lo studio di Rainetti sulle mura perimetrali delle abitazioni delle civilità antiche che visitiamo da turisti ci fa capire meglio l’oscenità che proviamo nell’osservare le nostre tane profanate dalle calamità, dall’uomo o solo dal tempo e mette a nudo uno dei nostri tabù primordiali. “Una casa senza un soffitto è accettabile solo nelle canzoni di Sergio Endrigo”, sostiene Rainetti. Per me Diego resta comunque l’amico di sempre, quello che si dilettava come cameraman in una tv locale della mia città. Mi aveva chiamato apposta per segnalarmi un servizio sul tg della sera dedicato a una sfilata di carnevale in cui, per qualche secondo, mi aveva ripreso di schiena tra il pubblico ai lati delle maschere, con la mia giacca blu da marinaio che ai tempi andava molto di moda, il colletto tirato su come riparo dal freddo, e aveva dovuto tagliare il punto in cui mi voltavo perché avevo un’espressione troppo seria e in contrasto con il resto.

quel qualcosa è arrivato

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Questo mese siamo rimasti senza soldi e la colpa è solo nostra. Ogni giorno si legge di gente che soccombe alle più subdole tecniche di truffe in Internet. Oggi vanno di moda i ricatti online, il termine tecnico per questo tipo di crimini informatici è ransomware. Come ai tempi della spie durante la guerra fredda quando ti iniettavano un veleno e se non scendevi a compromessi ti negavano l’antidoto e ti mandavano all’altro mondo, così oggi ti si installa un virus nel pc di casa come nel sistema che genera le tessere magnetiche che aprono le porte delle stanze degli alberghi e sei fottuto. Se non paghi svelano ai tuoi figli che frequenti siti porno (il pc di casa) o ti lasciano a non saper che risposte dare in balia di clienti che hanno prenotato una stanza e chi si è visto si è visto (il sistema delle porte dell’albergo).

A noi è arrivato un messaggio il cui subject diceva “Chatbots Gruppi Facebook Mutuo Digital”, l’abbiamo aperto credendo che il nostro prossimo disco si sarebbe intitolato proprio così e da lì sono iniziati i guai. Il messaggio diceva di trovare soddisfazione in qualche cosa a fronte del pagamento di tutti i nostri risparmi, altrimenti ci sarebbe stato inibito per sempre l’accesso a ogni nostro profilo personale su Internet. Posta, internet banking, social network, persino questo blog. Tutto bloccato.

Ma chi suona rock non può trovare soddisfazione, è una conseguenza del peccato originale, la colpa primordiale per aver contribuito a dare autorevolezza a un sistema che ha concepito le parole di “I can’t get no satisfaction”. Così presi dalla disperazione siamo stati in banca (un bonifico via Internet, come dicevo sopra, era impossibile) e gli abbiamo dato una valigetta con dentro tutti i nostri risparmi. Noi, i Rolling Stones e tutti i miliardi di canzonettari che stanno in mezzo ai due antipodi abbiamo trascorso decenni nell’attesa di qualcosa fino a quando, come dice il titolo di questo post, quel qualcosa è arrivato ed è un’esperienza così irripetibile che fatta una volta non c’è verso che si presenti di nuovo. Molti di quei miliardi di canzonettari ci sono già passati e ora chissà dove si trovano, meglio non indagare.

Ma ci sono dei presagi. Per esempio quando si attraversa quella fase della vita in cui si considera trovare parcheggio un piacere. E da quando invecchiare è così di moda, la pratica del trattenere quanto più possibile dalla vita ha soppiantato i più longevi passatempi con cui da secoli donne e uomini di ogni estrazione e latitudine amano trastullarsi nel tempo libero. Collezionisti, cake-designer, birrai artigianali, fotografi e persino jazzisti della domenica hanno messo in cantina i loro ferri del mestiere, anzi, dell’hobby per questa nuova patologia del sovraccarico sentimentale che sta spopolando nella realtà e anche sui social. Ci sono gli anni-killer, come quello terminato da poco, che hanno abbastanza fegato per far piazza pulita, nostro malgrado. Noi ora però dobbiamo rimboccarci le maniche e metterci al lavoro, c’è così tanto da fare per recuperare i nostri risparmi. Per questo vorrei far fruttare in qualche modo questo blog. Incornicerò la prima banconota da dieci euro guadagnata dandovi il consiglio più efficace per aiutarvi ad arrivare alla vostra destinazione almeno un po’ più consapevoli di quello che vi aspetta.

dove scaricheremo le informazioni inutili, ora?

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Alla fine anche il benzinaio qui sotto casa mia ha dismesso il pozzetto per lo scarico delle informazioni grigie e nere per far posto a un più redditizio autolavaggio, e come dargli torto. Uno dei due soci, quello più alto con gli occhiali e il fortissimo accento bergamasco, mi raccontava che oramai quasi più nessuno ha il tempo di liberarsi delle cose che conosce e che non gli servono e che accumulandosi nella testa assumono quel colore scuro e quella puzza che ben conosciamo. Io gli ho fatto notare che non è tanto una questione di tempo quanto di considerare tale attività utile ai fini personali, mentre comunque conserva inalterato tutto il suo valore ecologico. Anche se non sappiamo che farcene, l’ammasso dei cumuli di dettagli che intasano i nostri pensieri sono sempre più utili quando meno ce l’aspettiamo, soprattutto al giorno d’oggi in cui sull’Internet c’è sempre l’occasione per sfoggiare la gif di come è diventato oggi il ragazzino con i dreadlock biondi protagonista del video di “Freestyler” dei Bomfunk Mc’s, oppure darsi da fare per mettere a punto uno spot finto per l’Adidas in modo che, diventato virale, l’Adidas stessa ci copra d’oro per acquisirne i diritti. Mi chiedo, e vi chiedo, le dimensioni che avrà il nostro cervello quando avremo ottant’anni e quando il mondo sarà abitato da ottantenni ma nel 3016, quando si commemorerà ancora, il 10 gennaio, la morte di David Bowie. Secondo me troviamo spazio per le stronzate gettando nelle discariche abusive cose che non ci servono più, come i sinonimi o la Divina Commedia a memoria o la quinta declinazione in latino, e il fatto che non utilizziamo più i pozzetti nelle aree attrezzate è perché un po’ ci vergogniamo e facciamo bene perché mi ha detto sempre il benzinaio che trovava di certe cose, quando svuotava i serbatoi, da mettersi le mani nei capelli. Per tagliare corto la conversazione e avere l’ultima parola in proposito gli ho raccontato, mentre pagavo alla cassa i miei 30 euro di benzina, che un’amica mi ha sconsigliato di mandare mia figlia al classico. Dice che la sua grande ha fatto un istituto tecnico e, nonostante ciò, se la cava molto bene all’università. Il benzinaio però non ha espresso un’opinione in proposito perché mi ha avvisato che il mio bancomat aveva oltrepassato il limite mensile di spesa, almeno da quanto, in barba alla privacy, gli risultava dallo scontrino.

le cose che abbiamo in comune

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Non ho mai visto così da vicino un uomo di potere, una persona malata, un’attrice così bella, un aspirante suicida, un ladro, un criminale che sta scontando la sua pena o uno che ha passato gran parte della sua vita dentro. Non ho mai conosciuto un artista realizzato, uno sportivo da record, una persona che salva le vite con le sue mani. Non ho mai parlato con chi ha fatto la storia, chi ha sparato ad altri uomini in guerra, chi è sopravvissuto a una catastrofe. Immagino che anche la maggior parte di voi sia nelle stesse condizioni. Il punto è che tutti gli esemplari umani a cui ho fatto cenno muoiono, prima o poi, tanto quanto me e voi, proprio come la manica di sconosciuti che in questo momento percorre la mia stessa direttrice per recarsi al lavoro, china sui propri pensieri, tronfia per le proprie fortune, preoccupata per questo o per quello, disponibile a essere contraddetta o a sopportare angherie in virtù di uno stipendio. Gente con un oggi in cui abitiamo anche noi e con un domani in cui rinnoveremo la conta, chi c’è c’è e chi non c’è non ricordo come finisce, forse fuori sotto.

inverno inferno

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Ho iniziato a temere la morte di mio papà quando avevo quattordici e rotti anni e mio padre più o meno l’età che ho io ora. Lo ascoltavo ascoltare le solenni composizioni per organo dei suoi musicisti preferiti e, forse per l’atmosfera che percepivo, avevo paura che invecchiasse già allora, e se tenete conto che poi è campato fino agli ottantacinque potete fare due calcoli su quanto sia stato precoce nella mia ansia e quanto tempo abbia trascorso a preoccuparmi inutilmente.

Stamattina ho partecipato al funerale di un papà, un mio vicino di casa che ha posto fine volontariamente alla propria vita e osservando i figli, poco più grandi della mia, mi sono messo un po’ a frignare ma di nascosto. Tutti noi genitori auguriamo ai nostri figli di non restare mai orfani almeno fino a quando il nostro corpo non ne potrà più di cose come la demenza senile o degli inverni e della debolezza della vecchiaia, ma vi giuro che non è tanto per un discorso egoistico che è facile da capire. Ci sono due ragazzi che cresceranno con questa esperienza. Magari la madre, giovane vedova, si rifarà una vita ma capite bene sarebbe stato meglio se le cose fossero andate diversamente.

I funerali in chiesa, poi, sono il teatro degli annosi scontri silenziosi tra le coscienze dei non credenti e le parole dell’officiante. Ci sono quelli che addirittura restano fuori con le braccia conserte mentre dentro si svolge la cerimonia, un atteggiamento di sfida degno degli abitanti di Brescello che mi sembra sin troppo ardito. Con tutte le messe a cui ho assistito da bambino e catechista conosco la liturgia a memoria, sia da una parte che dall’altra dell’altare, ma non è per questo che quelli come me invidiano i praticanti. Piuttosto è nella loro forza di sapersi dare delle risposte secondo la loro fisica, la loro chimica, le loro scienze che hanno alla base un elemento invisibile che noi non credenti facciamo fatica a figurarci.

Insomma, ci sono tante cose che vorremmo sapere e non solo il criterio per cui sono stati implementati strumenti di dolore come la leucemia o le guerre o certe radiazioni che ti bruciano in quattro e quattr’otto, ma anche domande più terra a terra come se è vero che c’è qualche vantaggio a essere democristiani o se sussiste realmente una relazione tra la masturbazione e i voti pesantemente negativi di latino che prendevo in seconda liceo, o se semplicemente era un caso perché erano oltremodo frequenti sia i compiti in classe sui verbi che le sessioni di masturbazione o, in generale, queste toglievano tempo allo studio della materia e quindi non c’era nessun intervento divino, semplicemente era tutto dovuto alla mia voglia di non fare un cazzo.

In sintesi, ammesso che ci sia una cosa che noi piccoli ammassi di roba al carbonio non possiamo nemmeno immaginare, davvero ad avere dei dubbi si rischia un futuro eterno pieno di difficoltà di integrazione con il resto delle anime immacolate? Questo ente incommensurabile a cui in qualche modo apparteniamo veramente se la prende se penso a una bestemmia perché quello dietro in auto non mi lascia sufficiente spazio per far retromarcia e parcheggiare nel posto al quale aspiro al ritmo delle quattro frecce?

come fare felice la gente in dieci semplici mosse

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1. Ringraziare.
Ieri sera all’ora di cena ho suonato al signor Giovanni, il mio vicino di casa, che ogni anno più o meno di questi tempi fa l’albero di Natale nell’atrio del portone. Non glielo chiede nessuno e non è né una sorta di rappresentante del comitato di condominio o che altro. È in pensione e lo fa e basta. Ogni anno, il primo giorno in cui vedo l’albero tutto addobbato con le lucine accese rientrando dopo l’ufficio mi si riempie il cuore di gioia, penso che è Natale, che mia figlia è contenta anche se ormai è fuori dalla fase dei regali magici, che a breve sarò in ferie per un paio di settimane. Così prima di mettermi a fare il risotto ho suonato il campanello di casa sua, mi ha aperto sua moglie Paola e l’ho ringraziato.

2. Chiedere scusa.
È bello e basta, comporta del coraggio ma è una responsabilità da cui non dobbiamo esimerci. Anche se non siamo sicuri al cento per cento che il destinatario se lo meriti, che ci costa? Ci priviamo di qualcosa di vitale se apriamo una breccia di speranza nella dura corazza del nostro orgoglio? Il sollievo è assicurato, e vedere la soddisfazione nella persona a cui avete rivolto le vostre attenzioni è impagabile.

3. Ammettere che l’altro ha ragione.
Siete forse i depositari della verità universale o riuscite a rinunciare, per una volta, al primo posto nella classifica di chi dice/pensa/fa il giusto? E allora che diamine, fare un passo indietro non consuma nemmeno un grammo del vostro amor proprio ed è un bel gesto che di questi tempi di maleducazione sui social network è tutt’altro che scontato. Dite a qualcuno che ha ragione e sbalordirete l’uditorio, farete faville, farete incetta di like e cuoricini e sbancherete l’Internet con un anacronistico impulso di bontà.

4. Riconoscere la competenza altrui.
Basta con i manualini per qualsiasi cosa e, dall’altra parte, lasciate che la gente sia libera di fare come crede e vuole. Sbaglia? Mette forse a rischio la propria incolumità? Che bello dire “va bene, fai tu che sei più bravo e capace”, è come aprire le finestre per aerare la stanza da letto la mattina, o passare il tergicristallo sul parabrezza per scoprire che il vetro è appannato dal di dentro, e non fuori. Bella questa metafora, eh?

5. Fare domande.
Questo è un mio chiodo fisso. Ma sono io l’unico a interessarsi delle persone, o sono solo io a essere così insipido che nessuno vuole sapere nulla di me? Comunque gli occhi della gente quando gli chiedi qualcosa di personale si illuminano d’immenso, il problema magari è riuscire poi a farli tacere dopo ma chi se ne importa, l’importante è che siano felici e che abbiano voglia di contraccambiare.

6. Chiedere consigli professionali.
L’unica accortezza è girare muniti di ombrello, impermeabile e galosce per evitare di venire inondati dall’ego e dalle personalità che esondano e travolgono ogni cosa nel raggio di metri. Alla gente fa molto piacere essere interpellata sui propri cavalli di battaglia. Fotografia ai fotografi, motori ai meccanici, ricette ai cuochi, rimedi ai medici e così via, il concetto è abbastanza semplice da capire.

7. Chiedere consigli personali.
Tutti siamo maestri di vita, con le nostre esperienze possiamo vivere almeno tre o quattro esistenze accessorie oltre la nostra. Davanti a una birra, in una serata infrasettimanale, ognuno di noi riesce a trasformarsi in un punto di riferimento in temi riguardo ai quali nemmeno l’Internet riesce a dare un supporto efficace, a partire dall’amore, l’amicizia, il futuro, il lavoro, la famiglia, i figli.

8. Chiedere consigli su libri, film e dischi.
Ecco, qui se volete far felice me siete i benvenuti, e vi prego di portare pazienza con la mia boria da intellettuale ma, senza falsa modestia, ne so più di quanto potete immaginare.

9. Prodigarvi a portare aiuto concreto.
Vi chiama Tizio perché ha la batteria a terra dall’altra parte della città. Vi scrive Caio perché ha bisogno di trovare le registrazioni originali di un vecchio demo-tape di un amico comune. Vi chiama Sempronio perché ci sarebbe da dare una mano all’organizzazione del torneo della squadra di pallavolo di vostra figlia. Ecco, dite sempre di sì. Lo so che la citazione più in voga è quella di Servillo che dice che non vuole più perdere tempo a fare cose che non gli interessano ma quello è un attore che vive in un film mentre voi, dopo i titoli di coda, avete un mondo con cui entrare in relazione. Pensateci.

10. Prestarvi a leggere il blog di qualcuno che ve lo chiede.
Ecco, per esempio il mio. E magari, se vi capita, divulgate il link.

qualche anticipazione sui temi clou dell'anno nuovo che è ormai dietro l'angolo, ancora nascosto dal prossimo natale

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Se volete le mie previsioni sulle grandi sfide del futuro, una delle più importanti dicotomie intorno le quali si giocherà il destino della nostra società è tutta nel contrasto tra le mogli contro l’app di Google Maps. Quei reggi-smartphone che si vedono in vendita nei negozi specializzati in articoli esclusivamente maschili – dove la siga elettrica e i cardio-frequenzimetri la fanno da padroni – sono già al top della classifica delle cause di separazione tra le coppie uomo-donna, resta il dubbio di come sia una relazione moglie-moglie o, peggio, provate a immaginare il box di una coppia uomo-uomo e la quantità di strumenti per il fai-da-te che possa contenere.

Le mogli sposate a mariti, invece, nelle cosiddette unioni etero, detestano la resa che l’uomo medio ha di fronte ai navigatori e restano per lo più dell’idea che loro stesse sono in grado di portarti a destinazione seguendo un itinerario più veloce, efficace e razionale. Forse chissà, sono solo gelose della voce da donna che ci impartisce gli ordini (magari tra le mura domestiche i mariti sono stanchi e non le ritengono altrettanto autorevoli) per svoltare di qui o di là e ridono di frasi apparentemente senza senso come “usa la corsia di destra per tenere la sinistra” che ha un senso che possiamo cogliere solo noi mariti.

Il secondo grande dualismo a cui prima o poi ci verrà chiesto di dare risposta riguarda le coppie senza figli contro quelle che hanno ampiamente sgravato ma solo nella sfida di quale adesivo mettere sul lunotto posteriore delle loro automobili. Le famiglie formate da tre o più membri ti superano in autostrada con le loro silhouette caricaturali ciascuna con il nome sotto, mentre per quelle composte solo da marito e moglie non esiste una vera o propria iconografia che li contraddistingue. Basta un cane o un gatto o un altro animale domestico? Occorre far risaltare quanto te la godi di brutto senza mocciosi per casa per i quali è tutto un risparmiare e pensare e preoccuparsi, anziché godersi i frutti del proprio lavoro e sperperare i tesoretti in viaggi, per esempio?

Vi lascio infine con la speranza che, in futuro, la gente comune impari a non abbandonare tweet pungenti incustoditi nel sottobosco del web. Non è facile individuare un hashtag mimetizzato tra le foglie d’autunno ed è un attimo a pungersi e contrarre malattie tipiche dell’Internet che sa ferire, come una volta poteva accadere con le siringhe dei tossici abbandonate nei parchi. A proposito, oggi uno mi si è avvicinato e mi ha chiesto se avessi qualcosa in contrario nel mangiare tre piatti di pasta a pranzo per convincermi a firmare contro i carboidrati. Ogni week-end si consumano stragi di carboidrati, questo sarà uno dei temi che prima o poi occorrerà affrontare per una seria strategia per vivere a testa alta il domani che ci aspetta, anche se il domani, si sa, è sempre un lunedì.

spunti per un discorso di fine d'anno a reti unificate

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Si moltiplicano i casi di racconti fantastici sul futuro che testimoniano che il futuro è né più né meno come il presente. Gli uomini hanno le stesse sembianze di oggi, macchine e moto ci rendono ancora dipendenti dal petrolio, le linee degli oggetti di design sono tutte curve e certe ricette locali sembrano esser state tramandate correttamente. Niente scenari alla Blade Runner o come nei cartoni di Hanna e Barbera dei Pronipoti, il mondo non si stacca cosi tanto da come lo vediamo oggi. Non è la prima volta. Basta pensare a tutte le cantonate che hanno preso scrittori e registi di fantascienza o anche cantastorie visionari a partire da Lucio Dalla, che si misurava con una distanza temporale minima nel suo anno che anticipava in un celebre rapporto epistolare con un suo caro amico. In realtà c’è poco da dire e non c’è traccia di differenza o anche di naturale evoluzione. Si pagano le tasse e si fa la corte alle belle ragazze riempiendole di mille attenzioni. Ci sono certe regole da rispettare per convivere al meglio e la colazione resta il pasto principale della giornata, quello per partire con il piede giusto. Ascoltate: similitudini e rime sono ancora indice di vivacità intellettuale e un bel catino pieno d’acqua fa piacere anche agli esseri umani stanchi del futuro, quando rincasano dopo aver indossato scarpe da lavoro per tutto il giorno. Ci sono i numeri da inserire in dispositivi elettronici, magari non più tramite pulsanti ma attraverso la voce o addirittura la mente, ma il procedimento è lo stesso. Si dà la precedenza a destra e si studiano i Sumeri e la buona educazione è sempre la benvenuta, soprattutto in ambienti in cui non si conosce nessuno. Il movimento fa bene anche nel futuro e ai bambini trema il mento dopo una grossa delusione. Certo, ci sono tanti fattori che ti fanno capire che un altro secolo è passato da quello in cui ci stiamo confrontando noi. Ma oramai il genere umano non ha più tanta fretta di arrivare, un aspetto che si nota già oggi. Dove vogliamo andare, se non sappiamo nemmeno la direzione, se abbiamo smesso di chiedere informazioni, se pensiamo che ogni guida sia superflua, se crediamo di avere raggiunto il culmine ma chissà poi se sarà vero.