happiness

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Un passaggio del testo di una canzone di qualche anno fa degli Editors dice che la cosa più triste mai vista sono le persone che fumano fuori dalla porta di un ospedale. Ok, hanno vinto loro. Ma sentite questa: c’è un bambino che è seguito unicamente dal fratello perché i genitori hanno altro da fare per non dire che la situazione famigliare è disastrosa. In occasione del suo prossimo compleanno il fratello maggiore organizza una festa al McDonald’s di cui ho più volte parlato, quello che è ubicato allo svincolo di un’autostrada in una delle tante periferie di Milano e in cui il contrasto tra fauna abituale e bambini alle prese con pseudo-pollo fritto, coca cola e animazione è unico al mondo. Così elargisce gli inviti standard poi compilati a penna a tutti i compagni di classe – una classe in cui probabilmente non è uno dei più popolari – e nessuno conferma la presenza tanto che il fratello provvede a richiamare tutti i genitori sul cellulare dei compagni invitati per chiedere se il figlio/a parteciperà, sottolineando il fatto che malgrado la festa si stia approssimando nessuno ha ancora accettato l’invito.

lavorare di squadra

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Si chiude per l’ultima volta la porta di casa dietro all’unica invitata che è rimasta più di mezz’ora oltre l’ora in cui avevamo chiesto ai genitori di passare a ritirare le figlie, e, guarda caso, questa piccola manchevolezza che è un ritardo di trenta minuti che non è un problema, ci mancherebbe, è riservata alla bimba che tra tutte quelle presenti alla festa ha dimostrato le principali anomalie nel rapporto con i pari, con sé stessa, con gli adulti. Quasi se il non farla sentire al sicuro tra orari, certezze su cui contare e riguardi nei suoi confronti la spingesse a manifestare un dissenso sentimentale covato dentro di sé nelle dinamiche con le amiche.

Ma a quel punto il turno di farsi carico dei disagi altrui è finito, mia moglie ed io archiviamo questa piccola festicciola di compleanno per nostra figlia alla quale hanno partecipato tutte le compagne di classe femmine, poche ore scivolate via tutto sommato agevolmente tra l’accoglienza nel tardo pomeriggio, la pizza a cena, l’apertura dei regali e la torta finale. A otto/nove anni sarebbe difficile gestirle per più tempo, ma anche così, con pochissimi momenti destrutturati, c’è stato ampio margine affinché ognuna desse il peggio di sé. A parte il non sapersi esprimere se non gridando, a parte il mettersi sotto le coperte dei letti altrui, a parte dire le parolacce, a parte il non sapersi adattare minimanente ad alcune regole base della vita sociale, a parte non aver avvertito gli organizzatori della serata sul fatto che la pizza non è gradita quando sul biglietto di invito c’era scritto che la cena sarebbe consistita in una pizza, a parte l’inventarsi allergie assurde tipo il prurito sulle braccia ogni qual volta si aziona un flash, a parte il non aver ricevuto mai una sgridata da un famigliare tanto che la prima volta che la ricevi dal padrone della casa in cui sei ospite ti rivolgi a lui chiamandolo maestra il che rende evidente chi sia l’unica persona vicina a te che cerca di rimetterti nei ranghi.

E vi giuro che non amo incensarmi, almeno non credo e sbaglio mi corigerete. Mia moglie ed io passiamo ore a fare autocritica e dibattiti su cosa è meglio fare per nostra figlia, su cosa è meglio evitare, siamo in due ma formiamo persino correnti interne a seconda dell’orientamento di pensiero come nella migliore tradizione delle persone di sinistra. Ma alla fine del party, quando l’ultima invitata è stata finalmente riportata a casa, vi confesso di aver stretto la mano di mia moglie, sì insomma le ho fatto i complimenti. Lei mi ha guardato incredula, così le ho detto che ha svolto un gran lavoro per ora, che siamo un team formidabile, che quello che non si può certo dire di nostra figlia è che le manchi l’educazione e un ambiente presente in cui crescere in serenità.

una cosa fighissima

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La meravigliosa cornice è la tangenziale est, direzione Cologno. La location è l’ammiraglia aziendale (una Passat a metano), una location mobile quindi. I protagonisti sono R.: project manager e autista, F.: content manager e passeggero, I.: montatore video nel sedile posteriore. I tre vanno in visita presso un cliente, per lavorazioni varie. Il rumore della ventola del climatizzatore a manetta non aiuta la conversazione, il che induce i colleghi ad avvicinare le teste per afferrare meglio le parole altrui.

I.: “Oh F., ieri ho fatto una cosa fighissima.”
F.: “Eh?”
I.: “Senti che cosa fighissima ho fatto ieri. Una mia amica mi ha invitato a una festa a sorpresa.”
F.: “In che senso una festa a sorpresa?”
I.: “Una mia amica ha invitato me e altri amici alla sua festa di compleanno a sorpresa. Praticamente ci ha detto che ci avrebbe portato in un posto segreto. Siamo partiti e l’abbiamo seguita in macchina, fino ad un parcheggio. Lì abbiamo lasciato le macchine e dopo un po’ è arrivata una Limousine”.
F.: “Dài che storia. Una Limousine? Ha organizzato come festa di compleanno un giro in Limousine?”

R. emette un paio di versi di disapprovazione, pensando che il racconto contenga in sé una condanna dell’accaduto. Ma né F. né I. raccolgono lo spunto critico, il che induce R. a pensare che la percezione della festa in Limousine sia positiva. Una cosa davvero fighissima.

I.: “Si, una Limousine. Siamo saliti e abbiamo fatto un giro per Milano di due ore in Limousine.”
F.: “Quanti eravate? Quanti posti ci sono dentro?”
I.: “Eravamo in cinque, ma ci sono otto sedili.”
F.: “Dài. E che cosa facevate? C’erano champagne e caviale?”
I.:  “Sì, c’era lo spumante. C’era musica, è stato divertente. I finestrini poi sono neri, cioè da fuori non puoi guardare dentro”.
F.: “E come facevate per guardare fuori? Tiravate giù i finestrini?”
I.: “No, anche perché i finestrini non si possono tirare giù completamente. Comunque c’è il tettuccio apribile, lo abbiamo aperto e ci sporgevamo fuori”.
F.: “Chissà quanto costerà affittare una Limousine per una festa.”
I.: “Mi pare abbia speso trecento euro per due ore”.
F.: “Azz, vabbè una volta nella vita lo si può anche fare.”