non riesco a trovare una sola cosa fuori posto, non oggi

Standard

La maestra Antonella ci ha chiesto in prestito i quaderni di seconda di nostra figlia, ha smarrito dei file con schede e lezioni e con il supporto del materiale didattico di un ex alunno può ricostruire il programma per il nuovo ciclo di seconda appena iniziato. Così ho recuperato tutto in cantina, e già sfogliare in ascensore qualche pagina a caso di quel resoconto dell’infanzia che mi riguarda più da vicino è stato emozionante. Ma la giornata – è successo proprio ieri – ha preso una svolta inaspettata perché quando ho portato i quaderni alla maestra Antonella in cambio mi ha restituito la chiavetta USB che le avevo dato alla fine della quinta, quindi a giugno dell’anno scorso, per caricarmi tutte le foto che lei e le sue colleghe della classe hanno fatto lungo un quinquennio, dall’accoglienza del primo giorno di prima all’ultima gita alla fine della primaria a Verona, passando per attività varie in giardino, camminate in montagna, spettacoli di fine anno e varie amenità didattiche e ludiche.

Vi risparmio quanto la visione di questi giga di istanti in cui è presente anche mia figlia e dei quali non sono stato testimone diretto abbia influito sul mio stato d’animo. Sono uscito in pausa pranzo e c’era quel clima che è il mio preferito. Avete presente quando c’è il sole caldo e l’aria già freschina. Un tempo settembre-ottobre-novembre erano una terna di mesi in cui davo il massimo su tutti i fronti in cui ero impegnato (o disimpegnato). Ieri invece ero solo in cerca del pasto più adatto al momento ma dentro di me succedevano cose straordinarie, ed ero a stomaco vuoto quindi nulla di intestinale. Cose molto più profonde, alla luce di quello che avevo visto in quelle foto.

Ecco, vi confesso che spero che quando sarò vecchio, molto più vecchio di ora, la salute mi consenta più che di vivere di ricordare nei dettagli la vita che ho vissuto e tutte le esperienze che ho passato. Con questo mi riferisco a quando ti rendi conto di non ricordarti e che ti sfuggono dei tasselli e questo ti manda in bestia, perché chiaro che se hai la sfiga di avere uno di quei mali per cui nemmeno sei consapevole di non ricordare il problema non sussiste.

Anzi, spero che i ricordi restino tali anche dopo la morte, se ci sarà tanto tempo da trascorrere che almeno lo si possa fare con i quaderni della scuola elementare e la serie di foto fatte dalla maestra Antonella. Ma anche cose che riguardano me in prima persona come le lettere delle fidanzate di gioventù con gli errori di ortografia, il pranzo di nozze con il numero sbagliato di posti a sedere rispetto agli invitati, il concerto con lo spolverino giallo. O me come padre, come la prima partita di volley e la paura di giocare con compagne di squadra troppo forti, a fianco di me come figlio, io che metto a mio papà la mano sulla spalla quando lui è venuto a trovarmi in ospedale per le tonsille ma anche la notte che ho trascorso con lui nella sua stanza d’ospedale quando stava per morire.

Ce ne sono tantissimi di ricordi così. Io e mia figlia che ci guardiamo nel lettone e lei che mi accarezza dicendo che gli faccio tanta tenerezza o il gatto spaventato che non vuole muoversi da dietro il bidet perché l’ho punito severamente, tutte cose queste successe giovedì scorso, tra l’altro. Insomma ce ne sono una sfilza di momenti di questo tipo e vorrei avere la possibilità di ripensarci sempre e a ripetizione, uno via l’altro, e arrivati alla fine ricominciare dall’inizio e riviverli tutti, magari scrivendoli, magari raccontandoli, o magari mantenendo il segreto di non dirli a nessuno. Ecco, questo è l’obiettivo che mi sono posto e ieri ero così pieno di farfalle nella pancia sotto quel sole con l’aria fresca e ascoltavo persino la musica in cuffia, si sono susseguite infatti due canzoni random così perfette per quel momento che poi ho spento e sono tornato di corsa in ufficio, sempre meglio non approfittare troppo della felicità estemporanea.

nelle piccole cose

Standard

Ci bastano i libri, i film e i dischi? Ci basta la salute, un lavoro sufficientemente remunerativo, un amore corrisposto? Ci bastano figli responsabili e diligenti, sani e sportivi, intelligenti e curiosi? Ci bastano città da scoprire e ambienti naturali da visitare una manciata di giorni l’anno, come dimensioni parallele ai tragitti quotidiani del nostro equilibrio? Ci basta una tessera di partito, una spilla di un’associazione di categoria appuntata sulla giacca o una preghiera recitata all’unisono la domenica prima di pranzo? Non è a me che dovete chiederlo, non ho nessuna risposta da darvi e se siete qui per questo avete sbagliato numero. Ma provate a fare a meno di uno di questi punti fermi della vostra vita, una delle sporgenze su cui ci assicuriamo la spinta per il passo successivo, e poi ditemi come vi sentite.

basta il pensiero

Standard

Ero molto fiero perché pensavo di poter recare un po’ di felicità al prossimo. Un mio collega mi aveva portato qualche pacchetto di figurine della nuova (nonché oltremodo discutibile) raccolta Esselunga che aveva a casa e che stava per buttare perché non di suo interesse, so che mia figlia e alcune sue compagne di classe le collezionano così me le ha regalate, ed erano un bel numero di pacchetti. Ma avevo anche una bella notizia per una mia collega a cui rimangono solo due mesi di contratto e poi chi si è visto si è visto, come si dice. Una vacancy per un ruolo marketing di sicuro interesse presso uno dei nostri clienti, e ho intercettato la notizia per lei perché era già uscita, ora è part time. Così sono rientrato a casa e ho dato tutti i pacchetti di figurine a mia figlia e ho subito chiamato al telefono la mia collega. Le figurine erano tutte, dico proprio tutte, doppie. La mia collega aveva il cellulare spento. E niente, ero solo molto fiero perché pensavo di poter recare un po’ di felicità al prossimo.

come in una canzone di albano e romina

Standard

Avevo un sentimento proprio qui sulla punta della lingua e forse nella mia testa avevo anche le parole giuste per esploderlo e far sì che si riuscisse a comprendere meglio rispetto a una sensazione di quelle che si condensano in un solo termine e che poi nessuno le capisce, nessuno sa di cosa si tratta.

Avevo uno stato d’animo pronto da condividere che è cominciato qualche ora fa, suscitato dall’ennesimo repentino succedersi di condizioni meteorologiche e dal vento che quando c’è a Milano tutti i milanesi hanno mal d’orecchie e mal di testa perché a Milano sembra che il vento non ci sia mai stato. E il panorama ovunque con il vento non ci azzecca proprio, al massimo vedi alberi increduli contorcersi sotto folate sopravvissute a superfici anomale e antropizzate in atto di sfogo, che al massimo sballottavano semafori pensili agli incroci dei viali.

Ed era un sentire qualcosa di molto forte e incredibilmente vicino, e lo intitolerei così se non ce ne fosse già uno, di titolo così. Non resta che andare per esclusione perché non è stare bene perché bene mai si sta, questo ce lo hanno insegnato fin dai primi schiaffoni per farci inspirare a pieni polmoni l’aria dopo il parto. Non è la certezza di ripartire come sempre dallo stesso punto l’indomani e il giorno dopo ancora perché capita poi di rimettere in discussione ogni piano in ogni singolo dettaglio, persino nel numero di zollette di zucchero nel caffé latte. Non è nemmeno un bilancio in attivo della giornata perché nel comunicato stampa si esagera sempre per eccitare gli stakeholder e alla fine tutti sono in crescita e poi quando non ci sarà più spazio per nessuno ci toccherà chiedere asilo da qualche altra parte, ma sfido posti come la Svizzera o la Francia a prenderci sul serio solo perché ce la sappiamo cavare grazie al modo con cui sappiamo arrangiarci. Questo passaggio era tutto metaforico, eh.

Quindi alla fine resta quella cosa di riserva che metti sempre in una bustina di plastica in borsa che non si sa mai, ma poi non la tiri mai fuori perchè un po’ te ne vergogni, un po’ forse ti fa sembrare poco sensibile perché la situazione là fuori non è il massimo. Così poi un giorno pensi che sì, è proprio quella cosa lì di scorta che ti serve e apri la zip della bustina di plastica e la trovi magari un po’ malconcia, come un set da viaggio da igiene orale per chi di viaggi ne fa pochi. La tiri fuori e la spiumacci un po’ per dargli vigore e poi ci appoggi sopra la nuca e in quel momento ecco che ti riemerge tutto quello che avevi provato tempo prima e che avevi messo in stand by perché fa un po’ zotico e fuori moda alla fine dichiararsi così, felice per quello che si ha, anche se poco.