proust e contro

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Non ho fatto in tempo a tirar fuori il libro che stavo leggendo e ad aprirlo che la ragazza seduta di fronte a me mi ha salutato con un ampio sorriso e ha esclamato “Hei!”, mostrandomi il dorso del suo, che la coincidenza ha voluto si trattasse dello stesso. E giuro che non l’avevo nemmeno notata. Il treno l’avevo preso per un pelo, quello delle 19.10 che mi avrebbe riportato a casa a seguito di più o meno due ore di viaggio come ogni giorno, il cervello ancora in pappa e tutti i file aperti del lavoro che traboccavano dallo spirito di responsabilità, in aggiunta all’aggravante dello sprint finale da centometrista. Potrebbe essere l’inizio di un film, oppure di una storia d’amore, non trovate?

Fatto sta che il caso ha voluto che ci trovassimo uno dinanzi all’altra, entrambi con una copia della Recherche proustiana in mano. In verità lei aveva un’edizione piuttosto elegante, copertina cartonata e sovracopertina, il primo di due tomi in cui sono raccolte tutte le parti dell’opera. Il mio era un Mondadori d’epoca che avevo trovato in un negozio di libri usati con la copertina viola un po’ malconcia, malgrado ciò conservava perfettamente il suo fascino vintage ed era in abbinamento perfetto con il contesto di appartenenza. Avevo strappato per poche migliaia di lire, il che vi permette di collocare anche cronologicamente l’accaduto, l’intera raccolta suddivisa in più volumi, di certo più maneggevole e, non nutro alcun dubbio su questo vantaggio, sicuramente più adatta alle esigenze di flessibilità di un pendolare. Anche qui si potrebbe prendere spunto per un film di successo, chissà perché a me viene in mente l’incipit della “Carica dei 101”, lei tutta perfettina e lui un po’ sgangherato perché molto artista inside, ma alla fine l’amore trionfa anche oltre le classi sociali. Sempre.

Ma, giusto per sgomberare ogni dubbio e soddisfare ogni curiosità, la cosa è finita alle rispettive stazioni d’arrivo: ai tempi io ero single, lei tutt’altro. Il viaggio è trascorso comunque con due piacevoli ore di chiacchierate letterarie, poi qualche scambio di informazioni sulle rispettive vite, il suo bizzarro portafoglio quando è stato il momento di mostrare il biglietto, il mio telefono che vibrava ogni tanto agli strascichi di una lavorazione in chiusura che mi ero lasciato alle spalle. Fine della storia.

Senonché stamane ho preso posto ancora casualmente di fronte a una affascinante pendolare intenta nella lettura, questa volta si trattava di uno degli ennemila best seller di Fabio Volo. Il che rientra in una statistica piuttosto certa. Fatto il 20% di persone sui mezzi pubblici che trascorrono la tratta leggendo, di questa percentuale almeno il 60% si diletta nella comprensione delle opere del noto show man. E non voglio assolutamente rimarcare con piglio da pseudo-intellettuale la superiorità morale di chi legge le vicissitudini di Swann rispetto alle cronache autobiografiche o meno dell’ex panettiere di mtv. Non è questo il punto. Colgo l’occasione solo per dare un piccolo suggerimento, i miei cinque cent ai miei cinque lettori. Amici, è difficilissimo puntare sul caso per trovare l’anima gemella – o anche solo rimorchiare – leggendo “All’ombra delle fanciulle in fiore”. Portate con voi una copia di “È una vita che ti aspetto”, poggiatevelo in grembo in bella mostra con il titolo in evidenza, e mettetevi in modalità “attesa” anche voi, se ritenete che un giorno potreste trovarvi in affanno ancora alla ricerca del tempo perduto.

novecentouno

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Alessandro Baricco è uno di quegli autori che come Tolkien e Fabio Volo, e non me ne vogliano i fan dei tre scrittori citati e accostati nella stessa frase che probabilmente inorridiranno gli uni degli altri, non ho mai letto e mai leggerò perché so a priori che non mi piacciono. Scrivono cose che so che non mi interessano. La vita è troppo breve per rischiare un libro, tutti mi dicono di no, un libro può riservare una sorpresa ma so già che la sorpresa non arriva mai. Soprattutto se è mediocre tanto quanto il suo autore. E come loro ce ne sono migliaia, ma gli appartenenti alla triade di cui sopra li vedo spesso accostati, citati, accompagnati, inseriti in contesti che confermano il mio disinteresse o, nel caso della beatificazione mediatica in diretta di Renzi, il mio disprezzo. Anche perché Baricco, scusate la schiettezza, mi sta pesantemente sui coglioni. D’altronde, un politico di moda non poteva che ospitare uno scrittore di moda, al suo festival dell’esuberanza delle personalità, piacioni in passerella che si riempiono la bocca di parole di moda come meritocrazia. Sì, proprio Baricco.