da un posto all’altro, ecco che cosa si prova davvero

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I muri tra gli stati sono la stampa in 3D delle linee tracciate sulle carte geografiche e per fortuna non ce ne sono molti al mondo perché poi, viaggiando via terra, uno si aspetta ti trovare le stesse righe tratteggiate o quelle unite, più importanti, rese in qualche modo, e che proprio per questo siano difficili da oltrepassare. Invece il bello è che passi in auto da un comune all’altro, da una regione all’altra e in alcuni casi da una nazione a quella confinante senza nemmeno accorgertene. Non c’è proprio niente se non un cartello o qualche avvertimento se cambia qualcosa. Spiegatemi allora perché, però, io sento davvero qualcosa. In autostrada, passo dalla Lombardia all’Emilia Romagna e mi viene un brivido, mi sento come quando nel tunnel degli orrori del luna-park ti avvicini con la macchinina alla doccia ma per una volta l’acqua non si spegne, solo che anziché bagnarmi prendo una specie di scossa. Zot. La mia spiegazione è che i confini non sono stati definiti solo per complicare le lezioni di geografia a scuola. Ci sono davvero dei fattori diversi: nell’aria, nella luce del sole, nel valore di ph, le cose pesano più o meno, l’unità di misura è lievemente differente con litri più abbondanti e chili più pesanti. Quando sbarco in Sardegna per le vacanze, giusto per farvi un esempio, le distanze hanno la stessa apparente misurazione ma se parlate con chi ci è stato vi confermerà dell’impressione comune dei foresti sul chilometro sardo. Si respira poi molto meglio, ma questo aspetto ha una spiegazione molto più ovvia, vuoi il profumo della macchia, vuoi che sei in ferie. Probabilmente alle persone cambiano persino i connotati, questo accade anche spostandosi da un paesello a quello vicino. Qui nei dintorni di Milano è difficile capire dove ti trovi veramente perché la grande città metropolitana si estende senza soluzione di continuità. Attraversi la strada e sei nel comune vicino ma poi giri l’angolo e torni in quello in cui hai la residenza. Qui da noi fare come hanno fatto a Berlino sarebbe stato molto più complesso. E non c’è niente come provare l’ebbrezza di oltrepassare un confine come farlo a piedi, anzi se volete una full immersion in questa esperienza portatevi sotto a un cartello che introduce la città, sedetevi lì sotto e godetevi l’esposizione a queste radiazioni di cui nessuno è ancora riuscito a scoprirne l’origine.

humans of stocazzo

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C’è una bellissima pagina Facebook ricca di volti e di storie di newyorkesi che si chiama appunto “Humans of New York” e il fatto che sia bellissima è testimoniato dalle 14.829.866 persone (in data di ieri) che hanno messo il like. Di che cosa ci si possa trovare di così bello nella gente resta un mistero, anche se il like a quella pagina l’ho messo anch’io, senza nulla togliere all’umanità di New York che, nelle storie pubblicate, risulta sempre comunque ricca di interesse. Dico così perché invece da queste parti le persone in questo periodo storico sono messe veramente male, e non ne faccio solo una questione di povertà economica. C’è gente che pensa che nel resto mondo non stia accadendo nulla solo perché nessuno fa i live tweeting di esperienze personali come le traversate del mediterraneo sui barconi, tanto per fare un esempio e banalizzare il problema, ci stiamo convincendo che la vita è una finzione e Internet è la realtà. Ecco, su questi presupposti io non vi fotograferei mai, e mi metto tra le vostre fila anche se per questioni di concordanze grammaticali sembra che io sia io e voi siate voi, dicevo che io non vi fotograferei mai né scriverei due righe sulla vostra vita perché siete la peggio feccia della storia, almeno dalla seconda guerra mondiale in poi.

c’è una tipa nuova in città

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Se fantasticate ancora al ricordo alla storia della cameriera che a trent’anni suonati e con un figlio dodicenne fa armi e bagagli dal New Jersey e si trasferisce a Phoenix, Arizona, cambiando radicalmente vita, ma poi non comprendete la scelta della maestra di vostra figlia che dalla Basilicata si è spostata per lavoro nella peggiore delle periferie nord di Milano senza nemmeno il tempo di imparare la lingua, c’è qualcosa che non va. Il sogno americano in salsa di pomodoro e mozzarella non vi piace? Saranno forse le strade che non sono certo quelle del coast to coast ma si pagano a suon di soldoni in tangenziale per poi rimanere imbottigliati alla barriera, con la gente comune che non sa di essere ripresa per la sigla di un telefilm di successo e cerca di fottervi il posto in coda e si sa, di questi tempi è meglio lasciare correre i soprusi automobilistici, non si sa mai chi ci sia alla guida. Per dire, qualche settimana fa ho assistito a una rissa qui sotto tra due contendenti alla pole position del traffico locale e, avvertendo le sirene della Polizia in arrivo, uno dei più cattivi si è premurato di darsela a gambe portando con sé un cannone da non so quanti millimetri che gli teneva compagnia nel cruscotto. La gente non sta bene. Ma non saranno nemmeno i TIR da superare in colonna uno via l’altro, più concilianti rispetto ai truck americani per l’effigie di Padre Pio che ostentano sulle aperture posteriori del rimorchio ma, anche qui, è tutta una questione di punti di vista. Se siete rimasti impressionati dagli inseguimenti di Duel, una certa iconografia dell’aldilà montata su colossi stradali (potenziali armi di distruzione di massa) non è altrettanto rassicurante. O sarà lo specifico delle autostrade italiane che vietano l’autostop e che ci mettono al riparo dal Rutger Hauer di turno che rovina la giornata a noi o, al contrario, è la nostra pazienza che va in tilt e che rovina la giornata degli altri in una kermesse di ordinaria follia per gli ingorghi, il caldo, il divorzio, il lavoro che non c’è più, le cavallette. Ma, a parte gli inconvenienti del viaggio, a partire dalla Reggio Calabria – Salerno, cambiare vita così come si fa negli Stati Uniti è una pratica piuttosto diffusa dalle nostre parti da almeno 70 anni e si chiama emigrazione interna, forse il fatto di spostarsi orizzontalmente anziché da nord a sud ha tutto un altro fascino e impone ben altra tipologia di narrazione. Strapparsi dalle radici per un posto da insegnante, come il caso che vi ho sottoposto prima, dividere un appartamento in affitto con qualche collega e trascorrere il tempo a cercare occasioni di viaggio per pagare il meno possibile il rientro al paesello di origine nei giorni di festa ha una prospettiva piuttosto differente, e raccontare una storia così al cinema probabilmente non interessa a nessuno.