Le scarpe, le giacche, le facce, i colori non abbinati, scarpe con giacche, giacche con facce. Le sigarette accese, i dialoghi, i quotidiani filo-governativi, i silenzi anti-governativi. I minuti extra di attesa, i commenti di interpretazione, le borse e le borsette, l’aria umida tra il cotone e la nuca, l’attesa dell’ennesimo temporale. Le letture, le conversazioni, i conoscenti che si salutano inconsapevoli, gli amici che si voltano e si evitano consapevolmente. Il ritmo dei pensieri, quello dei tasti sul touch-screen sulla musica di un videogioco qualunque e, soprattutto, le voci. L’ottimismo degli uni, il pessimismo degli stessi, i realismo degli altri. Si spengono gli ultimi fuochi e ci si appresta a coricarsi la notte prima del giorno in cui niente sarà più uguale a prima. Quante volte lo abbiamo pensato e poi, il giorno dopo, non è cambiato proprio nulla. Gli attacchi dell’ultima ora per denigrare l’avversario, l’amplificazione dei giornali per attirare clic e generare traffico, clamore, astio, risposte e smentite. E poi la delusione, i soliti con la tessera elettorale e il documento identità, meno di uno su due probabilmente, un apparato istituzionale pronto a contare, controllare, segnalare e dichiarare i vincitori e gli sconfitti. La giornata degli scrutatori e le maratone televisive, le dichiarazioni, i talk show e le analisi approssimative, chi ci crede e chi no. Le opinioni, le considerazioni, l’ironia, la rassegnazione e l’entusiasmo. Le cartacce per strada, le colonne sonore inappropriate, gli schermi in alto per le visioni collettive, i ringraziamenti e persino le telefonate con cui si ammette la vittoria altrui. Il valore di tutto ciò, chi vorrebbe svilire il bello di tutto questo, la democrazia o qualcosa che, tutto sommato, le somiglia. La libertà, finché ce n’è.
elezioni
sballottaggio
StandardMi piace riconoscervi nei numerosi santini elettorali anche se spesso rientrate nei casi delle persone che non vedo almeno dal 1996 e che scoprirvi adulti se non cinquantenni o quasi come me, un po’ invecchiati e per di più candidati a far parte del consiglio comunale del paesello natio, fa comunque un certo effetto. Il vantaggio di vivere in un posto che non è quello in cui sono cresciuto è quello infatti di trovarmi di fronte a coetanei fatti e finiti, conosciuti già nel pieno della loro maturità tra virgolette. Non avere conoscenza del loro pregresso se non nei racconti di chi qui ha passato l’infanzia e la giovinezza, mia moglie per esempio, mi lascia sufficiente spazio nella scelta quando devo manifestare la mia opinione su chi vorrei vedere amministrare questo posto. Mi metto però spesso nei panni di chi ha visto quelli che si candidano a rappresentarci nelle istituzioni pubbliche da bambini, giocare a Space Invaders da ragazzi, farsi le canne al parchetto insieme, scambiarsi battute durante l’intervallo a scuola eccetera eccetera, creando cioè quel substrato che smantellerebbe autorevolezza a chiunque, figuriamoci a gente normale o sotto la normalità che pensa di buttarsi in politica. Osservavo invece i manifesti elettorali al paesello natio proprio ieri, rimasti intatti tra il primo turno e il ballottaggio di domenica prossima, riconoscendo la fiamma dell’estate dell’83, l’amico pusher, il rampollo di una dinastia di avvocati, il prof fricchettone allora e fricchettone oggi ma invecchiatissimo, quello che non mi ha mai restituito la vhs con i video dei Depeche Mode, la bellona del classico. Il mio orientamento ideologico, già in pieno subbuglio da renzi-boschismo, sarebbe messo a dura prova se fossi chiamato a votare laggiù. Davvero dovrei esprimere la mia preferenza per uno di questi a cui ai tempi non avrei delegato nemmeno la scelta del gusto della spuma da consumare al bar dello stabilimento balneare che frequentavamo insieme? Veramente tu che sei riuscito a vendere del fumo a un carabiniere in borghese pensi che ti vedrei a prendere decisioni per il bene comune? Meglio vivere nell’inconsapevolezza di quello che le persone hanno combinato, sapete come si dice, a proposito dell’occhio e del cuore, vero?
ciucciami la matita
StandardDue cose degne di nota, in questa prima giornata elettorale, è bene appuntarsele. La prima è quelle che manifestano qualsivoglia contrarietà a Berlusconi senza reggiseno. Dai, ma che ridere. Perché ricordiamo che c’è il nudo artistico, quello erotico, quello porno, quello che passa inosservato dei naturisti e quello provocatorio. Non credo che uno come lui colga le sfumature, anzi. La seconda è un po’ l’apoteosi di questa campagna elettorale. Lo sapete meglio di me. I cinquestalle da quando preparano il secondo avvento hanno reso il web un pantano impraticabile con la loro saccenteria, tutti a fare gné gné nei commenti e a dirti che sei complice solo perché hai trovato la sintesi e voti il PD. Comunque una delle cose più spassose l’ha scritta su Facebook un mio amico. Sostiene che Springsteen, se fosse italiano, voterebbe l’esagitato miliardario genovese. Sì, Springsteen, proprio lui, avete letto bene. Quello che ha sostenuto Obama in lungo in largo. Come a dire, “I’m on fire” perché loro hanno lottato contro la costruzione di un inceneritore. Tsk.
veglia su di noi
Immaginel’anonima parlamentari
StandardPorterei come esempio i personaggi senza volto che hanno infestato le notti di incubi dei bimbi della mia generazione come Belfagor o Fantomas, se non fosse un paragone che potrebbe fare uno del calibro di Veltroni che – tocchiamoci tutti – sappiamo come è andata a finire. Perché poi dietro a quelle maschere senza lineamenti una faccia c’era. Voglio dire, la politica è fatta di persone con un viso e un corpo. Magari senza attributi, ma questo è un altro paio di maniche. No perché sta per succedere qualcosa di inaudito. Quelli che vedete ogni giorno accompagnare i figli con il fuoristrada a scuola, quelli che passano dall’iphone 3 al 4 al 5 nel giro di pochi mesi, quelli che mettono le bottiglie di plastica davanti al portone perché così il cane non piscia, quelli che non partecipano nemmeno alle riunioni della scuola dei loro figli, figuriamoci alla politica locale e figuriamoci a quella nazionale. Ecco, tutte queste persone non hanno un volto ben definito, a meno che non le conosciate direttamente o non siate voi stessi, questi qui. A un certo punto uno di quelli che nei film americani tengono i seminari per acquisire sicurezza di sé, che ha un nome – Beppe – e un cognome – Grillo – li ha convinti a usare un software dall’ambizioso nome di Democrazia Diretta, ora arrivato alla release 2.0 manco a dirlo, che consente loro di pilotare comodamente seduti sul divano di casa addirittura la famigerata stanza dei bottoni. Alcuni di questi, come potrei essere io che faccio con cura il mio lavoro ma ben me ne guardo dal voler amministrare un condominio, figurati te un paese con la P maiuscola, hanno partecipato a una votazione online e hanno ricevuto l’avallo di qualche migliaia di persone per rappresentarne milioni. Ora, lo sapete, altrove ci sono persino le scuole per preparare chi ha i numeri per dirigere una nazione.
Qui da noi, che fondamentalmente siamo un popolo di presuntuosi e che, a dirla tutta, questa cosa del genio italiano ha rotto il cazzo perché in giro, a mio parere, è rimasta solo la sregolatezza che si manifesta ogni giorno in tutti i contesti con cui abbiamo a che fare. Dicevo noi che siamo tutt’altro che umili, e che ricordiamoci che essere umili non vuol dire essere cagasotto o remissivi ma vuol dire saper fare un passo indietro quando è il caso, ora ci siamo buttati in questo turbillon che è la presunzione di saper fare meglio le cose di D’Alema, tanto per fare un esempio, e solo perché D’Alema è la casta, mangia alla buvette spendendo due lire, guida anzi fa guidare un’auto blu, vive a rimborsi gonfiati eccetera eccetera. Caro D’Alema, sia chiaro che ti ho citato come esempio ma solo perché ti sono molto affezionato e malgrado la bicamerale e tutto quello che si dice a tuo proposito quando ti sento parlare mi tocca sempre darti ragione.
Cioè, io ho montato in giardino un sistema per il quale pedalando quattro ore al giorno genero energia elettrica fino a domani senza inquinare e decido che sono pronto per fare il ministro dello sviluppo economico o semplicemente occupare un posto in parlamento per votare una legge che agevolerà chi si monterà in giardino il suo triciclo propulsore. Il tizio in questione che è un’iperbole, chiaro, è uno senza volto e questo non perché non va da Vespa o da Fazio come del resto nemmeno fa il suo magnate ispiratore. O meglio, il volto ce l’ha, ed è proprio quello del suo magnate ispiratore che, a sua volta, si presenta con una maschera quindi siamo daccapo. Perché ci siamo probabilmente montati la testa. Io che ho uso uno spazio gratis per scrivere cazzate pensando di dire la mia ed essere letto e condiviso ho smarrito il senso della realtà. Tu che fai le foto con lo smartcoso e sei convinto di essere un fotografo e di poter dire la tua a immagini pure. La gente che ora non è una massa perché non persegue più una proposta unica come succedeva con i grandi partiti che riempivano le piazze nel secolo scorso ma persegue ciascuno la sua, di proposta, nell’abbaglio che con il software Democrazia Diretta 2.0 lo si possa uploadare sul potente server della condivisione ed essere vagliato da tutti. Ecco. Il fatto che tutti abbiano voce – compresi quelli di cui sopra, con il suv e l’iphone e che delegano ogni cosa – e nessuna importanza la dice lunga sulla considerazione in cui i grandi magnati ispiratori tengono la gente. Ma è la gente che non ne vuole sapere, se poi li vota. Ah, a proposito, pare che il prossimo Presidente della Repubblica sarà lui.
(La foto l’ho presa qui)
un po’ di ossigeno
StandardEro tutto gasato perché pensavo di avere una teoria, per oggi. Volevo invitarvi a fare come me e a gettare dalla finestra tutta l’opera di Bauman perché basta guardarsi in giro e vedere che della società liquida non resta quasi più nulla. Anzi, inutile guardare perché non si scorge niente perché siamo in piena società gassosa, il gas non si vede ma si sente, eccome, ed è per questo che ero tutto gasato come recita l’incipit di questo contributo. Volevo dirvi che i legami già deboli che uniscono le molecole della materia allo stato fluido sono andati a farsi fottere e siamo belli che evaporati. Proprio così. E V A P O R A T I. Provate a toccarvi, ma non da soli, toccatevi l’un l’altro tanto nessuno sente più nulla. Siamo dispersi e prendiamo la forma dei nostri contenitori. Per esercitare una forza ci vuole un volume al di fuori dalla nostra portata. Non riusciamo nemmeno a premere i tasti di un portatile, meglio così perché non ci saranno più impiegati costretti a feroci operazioni di data entry per normalizzare informazioni destrutturate secondo format imposti dall’azienda che li ha indotti in schiavitù e permessi non retribuiti. Basta maschere con nomi e numeri, basta e-mail protocollate da uffici tecnici per esercitare il controllo che qualunque bit esca fuori da lì sia di lavoro e di nient’altro non consentito. Siamo così eterei che ci incontriamo contemporaneamente in più punti e facciamo condense con questo e quello, ci mescoliamo pure con brandelli di grillini sublimati chissà come. Tutti verso l’alto perché siamo caldi, almeno noi italiani, ché solo noi possiamo operare scelte così e sapete a cosa mi riferisco. Ma per farla breve ero tutto gasato perché pensavo di avere una teoria, per oggi, la teoria della società gassosa e invece no. Non perché non ce l’ho, ma se la cercate con Google c’è già tutta una letteratura che ignoravo e poco male, non voglio essere originale a tutti i costi ma volevo solo sparpagliarmi per l’immensità per poi ricompormi a proiezioni finite, dopo martedì, per capire quale in quale stato della materia rifugiarmi. Anzi, in quale Stato e basta. Così brevetto per primo la società gazzosa, siete testimoni, che suona più come una start up e, tutto sommato, dà un po’ di ristoro se, come me, siete nel panico pre-elettorale.
eppure i sondaggi li davano in equilibrio
StandardNella piazza che è intitolata a uno dei più amati presidenti della repubblica che abbiamo mai avuto c’è il gazebo di un movimento esordiente alle politiche e si vede che dev’essere il suo giorno di copertura del territorio perché poco prima in molti si sono imbattuti in un paio di militanti che accoglievano i pendolari al ritorno a casa con volantini piuttosto espliciti sul cavallo di battaglia della loro propaganda elettorale. Dinanzi al tavolo in plastica da campeggio colmo di flyer a colori con la foto di una faccia familiare sventolano alte due bandiere recanti l’effigie dell’assalto al palazzo due punto zero, la verve non è certo quella dei grandi attivisti di un tempo, d’altronde se proprio la vogliamo dire tutta quelli lì che dovevano illuminare con la fiaccola dell’anarchia e la locomotiva alla fine non hanno combinato un cazzo se siamo qui a contarci tra chi si sforza di non disaffezionarsi alla politica mentre quelli lì, a colpi di casta, complotti, shampoo fatti con l’aceto e altre microtematiche che magari sì risolveranno anche la politica ma minchia se l’hanno presa alla lontana, questi qui di oggi sembrano in confronto geometri del catasto. Eppure è un atteggiamento vincente e questo mi può anche andare bene, cioè se c’è la sostanza e non la forma è anzi meglio ma allora spiegatemi perché cazzo vi fate rappresentare da quello lì che mi terrorizza con quei modi da terzo reich. Comunque due attivisti che si vede non sono né quelli reclutati nelle discoteche e pagati a cottimo dal partito della tv che danno volantini solo alle tipe carine, né quelli che c’hanno scritto apparato sulla fronte e cercano di coinvolgere la gente che passa e che pensa ormai con le stesse abbreviazioni sommarie che poi usa sui social network per dummies con parole che quasi non esistono più nel vocabolario, tantomeno su ruzzle. Che poi uno pensa perché si diffondono i giochi per trovare moltitudini di parole a cazzo e mai uno in cui se ne deve trovare una sola, la più appropriata. I militanti hanno la faccia di quelli seri e metodici, che per dire la metodicità applicata alla politica nel secolo scorso ne ha bruciati milioni di milioni, e fermano i passanti con il piglio degli outsider che poi sono quelli che giri l’angolo e prendono pure il venti per cento. Mica detto eh. Comunque arriva di gran carriera un signore anziano in bici con una di quelle facce che te lo immagini a prendere le ordinazioni alla festa dell’Unità, e i due non si capisce che intenzione abbiano e chi deve allungare il volantino tanto che l’anziano sporge prima una mano e dopo l’altra perché anche lui è un po’ sovrappensiero. Insomma che quando si rende conto è troppo tardi, gli altri due si scostano perché chiaramente nessuna delle due mani è riuscita a stringere la bacchetta dei freni e l’uomo fa qualche metro per inerzia tenendo stretti i pugni sui volantini e poi si inclina irrimediabilmente. Perde l’equilibrio di lato e va a sbattere la testa contro la portiera di un’automobile parcheggiata poco oltre. Qualcuno si affretta a soccorrerlo, uno dei due attivisti anche ma prima toglie il flyer extra che era riuscito a mettergli anche nel cestino appoggiato al manubrio. Anche il responsabile della delegazione, quello che per intenderci fa l’ideologo in situazioni come queste seduto al tavolo e risponde alle domande dei curiosi, accorre a vedere cos’è successo. Il vecchio si rialza un paio di volte e altrettante perde l’equilibrio, ma poi alla terza si rimette in sella alla sua bici da passeggio e fa una faccia come se solo a quel punto riesce a ricordare cosa è successo e a riflettere su cosa sicuramente non voterà, anche se la botta che ha preso gli ha fatto vedere le stelle in un multiplo di cinque.
serendipd
StandardUna mattina di nebbia, la natura che si risveglia indistinta, i rumori ovattati, fiatare nel gelo. Anche in inverno, la campagna elettorale conserva tutto il suo fascino. Certo, si cammina e ci si incontra e anche se ci si conosce da secoli ci si guarda con il sospetto legittimo. E ci si vorrebbe chiedere cosa voti questa volta, se è cambiato qualcosa, sei rimasto deluso dall’ultima esperienza, ti sei scocciato o sei sempre intenzionato a, poi le primarie e così via. Ma sappiamo che quello sì che è un terreno lungo il quale non è bene inoltrarsi. Perché la campagna elettorale non è solo uno spazio, un non luogo con tutti i suoi pannelli rivestiti di brandelli di manifesti delle amministrative di qualche anno prima, con le facce dei perdenti che ormai non ci si ricorda più e le liste che hanno sostenuto progetti poco convincenti già in partenza. A volte addirittura installati capovolti, con i candidati o quello che ne rimane a testa in giù che richiama gli antichi fasti della madre di tutte le vittorie.
La campagna elettorale è anche un tempo ben distinto con un suo inizio e una fine (ma c’è chi sostiene che non è vero) in cui tutto è sospeso e rarefatto. A partire dall’attività del governo uscente e l’economia che attende le nuove indicazioni che saranno, fino a piccole cose come i nostri rapporti con il prossimo. Perché magari sorprendi il tuo vicino che fino a ieri faceva le salamelle alla festa dell’Unità e questa volta voterà i cinquestelle, che non è la stessa cosa che accadeva quando eri per esempio repubblicano e al terzo bicchiere di vino cantavi gli inni del fascismo o quelli di sinistra moderata con i canti dell’armata rossa. Questa volta è diverso, o forse no.
Forse è una di quelle volte come le altre che sembra che succederà chissà cosa e poi invece niente. Maggioranze risicate, stabilità millimetrica, apparentamenti dubbi, programmi diluiti. Così la mia solidarietà va a quelli che a ogni consultazione s’illudono che questo paese possa essere un paese di sinistra, capace di condividere visioni coraggiose e progressiste. Coloro che si stupiscono se le percentuali si avvicinano ogni volta e si stringono nella cabina, dove c’è tutta una maggioranza che si sente soffocare e mette la croce altrove. Coloro che non distinguono la propria cerchia di conoscenze dalla moltitudine di suv-umani là fuori. Tanto che poi uno arriva a pensare che forse è meglio che i capi delle coalizioni e i parlamentari alla fine li scelgano i D’Alema della situazione, giacché ci si fida molto più di uno come lui rispetto alla scelta che possono effettuare quelli che sono davvero pateticamente disinformati.
Non credo riuscirò a convincere nessuno a cambiare idea o farsela in caso di indecisione, dà persino fastidio a me che l’evangelizzazione al voto sia rivolta esclusivamente a chi è già convinto del proprio orientamento. Fosse per me salterei a piè pari l’intero febbraio – se non fosse per il compleanno di mia figlia – per risvegliarmi con le prime proiezioni in mano. Anzi, già al primo dibattito in tv, tra tutti quelli che pareggeranno. In ogni caso, se ci tenete a saperlo, io voterò con l’intento di dare maggiore stabilità al partito – da Monti a questa parte – che ha più probabilità di vincere. E mi comporto quasi sempre così. Chiaro che la mia coscienza sarebbe oltre, ma chi se ne frega. La politica è una sintesi sopraffina. I canti dell’armata rossa me li faccio all’osteria, con gli amici, al terzo bicchiere di vino.
dei diritti delle pene
StandardIn paesi come l’Italia, posti abitati da gente come me e come te, le persone dovrebbero sì essere soggette a discriminazione ma non per il colore della pelle, bensì per quello delle scarpe che indossano e alla loro foggia. Cose come i diritti civili dovrebbero essere negate non in base al sesso di appartenenza del partner con cui uno ha scelto di vivere, ma per orientamenti all’acquisto come l’auto che uno ha parcheggiata sotto casa. Hai sottoscritto rate a non finire per un suv per di più bianco che magari hai lasciato in un parcheggio per portatori di handicap perché ieri notte sei arrivato tardi dal festival latinoamericano (l’aggravante) e avevi sonno e non trovavi posto? Ecco, a te il matrimonio è negato, non hai sufficiente diritto di essere riconosciuto uno in grado di accoppiarsi e riprodursi, tantomeno adottare un figlio che ha già abbastanza sofferto in vita sua all’orfanotrofio. Oppure tenendo conto di certi comportamenti socialmente inutili. Per esempio l’acquisto e l’utilizzo di fuochi e petardi per capodanno fa scadere il diritto di assistere la tua compagna in caso di degenza ospedaliera oppure quello alla pensione di reversibilità. I calciatori dovrebbero essere insultati dagli ultras, su questo sono d’accordo. Ma non perché hanno origini africane, piuttosto perché hanno scelto compagne di vita temporanee e non che esercitano mestieri quasi più dubbi del calciatore stesso. Sporco marito di una show-girl, questo dovrebbero gridargli. Coperti di ignominia perché per mettere insieme il loro stipendio di un mese una persona normale ci mette dieci anni, evasione fiscale inclusa. Che poi dicono dei politici. Avete presente il servizio militare? Ecco, in posti come l’Italia, posti abitati da gente come me e come te, dovrebbe essere obbligatorio ricoprire una carica amministrativa e politica, locale o nazionale, per qualche mese nella vita di ciascuno. Senza contare poi il diritto di voto, da togliere persino a chi getta i mozziconi per terra dopo aver finito la sigaretta. E il redditometro, che dovrebbe essere molto più invasivo e soprattutto riguardare anche altri aspetti. Quanto uno spende per andare in vacanza ma anche dove va. Che cosa compri al supermercato. La percentuale dei consumi culturali sul resto. Se ascolti Gigi D’Alessio. I tatuaggi. Vedrei quindi più utile un gustometro, se sei tamarro o magari invidi gente del calibro di Corona son cazzi tuoi perché ti aumento a dismisura le tasse, visto quello che fai sopportare ai tuoi simili che poi, per fortuna, ci sono tante persone diverse da te e questi parametri. Perché in Italia e nei posti abitati da gente come me e come te, siamo stufi di sentire sempre che la questione dei diritti civili sia un elemento in discussione, sia un programma da campagna elettorale, sia soggetta al giudizio degli altri. Fatemi capire: perché se sono un uomo e vado a letto con un uomo sono esposto ai criteri decisionali di qualcun altro, ma se nel mio guardaroba ci sono capi firmati Dolce e Gabbana o recito delle preghiere o vado a ballare la zumba no? Mi spiegate la differenza?
ciao, ho 24 anni e non avevo mai vinto le elezioni
StandardMi sembra che renda molto l’idea. Da Il Post.
Ciao, ho 24 anni e non avevo mai vinto le elezioni. A chi obietta che, beh, Prodi nel 2006 ha vinto, chiedo se ha davvero il coraggio di definire quella una vittoria. A chi dice che in fondo io neanche voto a Milano, vorrei saper spiegare perché non riesco a sentire meno mia questa vittoria.
A chi replica che, diamine, in 24 anni qualche altra vittoria il centrosinistra l’avrà pur messa a segno, ricordo che quando si parla di politica non si può considerare l’intera vita di una persona come un periodo rilevante: ci vuole tempo per capire cosa ti sta succedendo attorno. E poi racconto questo:
Era il 1994 e io avevo sette anni, ero in macchina con i miei genitori. Avevo la vaga percezione di cose come le elezioni, i nomi dei candidati, la segretezza del voto. Quest’ultimo punto mi doveva essere stato spiegato con particolare enfasi, insieme al fatto che le convinzioni politiche potessero unire o spezzare amicizie, perché ero piuttosto intimidita quando, finalmente, ho posto la domanda che mi frullava in testa da un po’: «Giulia mi ha detto che i suoi genitori voteranno Occhetto. Voterete anche voi Occhetto?»
Mio padre, con un umorismo concesso solo ai padri, ha risposto: «No, voteremo Passerotto.» Hanno riso entrambi (io no, perché sia messo a verbale che ero già in grado di riconoscere una brutta battuta). Erano tranquilli.
Poi, ecco, è andata come è andata e io ho imparato anche il nome di Berlusconi, che da allora è l’unica cosa fissa, lì, come un incubo ricorrente, a dominare politica e società. E non vuol dire che ha comandato sempre, ma che è stato sempre presente: provate un po’ a immedesimarvi, se avete qualche anno più di me, provate a pensare che ora vanno a votare ragazzi e ragazze che nel 1994 erano nati da qualche mese.
Insomma, tutto questo per dire che stamattina ho scritto un’email allo staff di Pisapia, cose sceme di congratulazioni e suggerimenti. Perché giornate come quelle di ieri fanno venire voglia di partecipare, ed era una sensazione che così, in positivo, non avevo mai conosciuto.