se bello vuoi apparire un po’ devi soffrire

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In casa mia non mancano oggetti dal dubbio funzionamento ma dal design impeccabile, questo perché mia moglie ed io abbiamo il difetto di farci convincere dall’eleganza sacrificando poi la comodità. Questo perché entrambi abbiamo ottimi gusti. Soprattutto lei, visto chi ha sposato. Ma, battute a parte, si tratta di un problema che dovremmo affrontare prima o poi e che dovreste farlo anche voi, se come noi avete un’illuminazione inadeguata, per esempio, perché certe lampade molto belle non possono montare luci superiori a una determinata potenza che è sempre poca. Oppure se avete scelto un divano che sembra fatto con i lego tanto soddisfa l’estetica minimal-razionalista che va benissimo se ti ci sdrai al sabato pomeriggio dopo pranzo giusto per recuperare il sonno perso in settimana, ma che risulta un po’ meno accogliente se fai sedere quei rari ospiti che inviti a bere il caffè. Un problema che non sussiste se si è abbastanza abbienti da non sottostare ad alcun compromesso e avere le possibilità per scegliere sempre il meglio. Ma per chi, come me, non può certo avere tutto, vale quel principio secondo cui l’autore di un progetto, architetto o designer o artista che sia, dovrebbe poi vivere per un po’ di tempo negli edifici che ha pensato o utilizzando le sedie che la sua fantasia ha partorito. E la cosa divertente è che è una maledizione cui mi perseguita ogni mattina, quando sento il suono della sveglia che ho acquistato qualche anno fa in un negozio Habitat alla Défense parigina perché apparentemente aveva tutte le carte in regola per diventare la nostra sveglia di fiducia. Un parallelepipedo di plastica lucida rossa che parla; è dotata infatti di una voce femminile, ovviamente francese, che all’ora impostata ci avvisa che quello è il momento che abbiamo programmato, non possiamo più dormire, svegliati pigrone. Va avanti così finché non premo un tasto che però si trova sotto, quindi occorre sollevarla con una mano e premere il pulsante con l’altra. E già l’ergonomia lascia a desiderare. C’è anche un suono introduttivo alla vocina, che si può scegliere tra il cu-cu, una specie di cicala provenzale e il classico chicchirichì del gallo. Il pulsante che consente di scegliere quale suono impostare si trova tra quelli sotto la sveglia, a fianco di quello che serve per interrompere la suoneria. Quindi succede che imposti la sveglia sulla cicala, che è il suono meno invasivo, poi la mattina al buio e nella confusione del sonno interrotto anziché premere il pulsante per fermare la suoneria schiacci quello per cambiarne il timbro ma non te ne accorgi, quindi la mattina dopo è il gallo a svegliarti e vi assicuro che non è bello. Infine, giusto per punire la scelta superficiale fatta in fase di acquisto, capita che ci si svegli in piena notte e si voglia sapere che ore sono. Il display digitale non è illuminato quindi occorre accendere la luce. Ma se proprio proprio uno vuole sfruttare le funzionalità di quel prodigio di tecnologia, può premere un angolo del parallelepipedo schiacciando quindi uno dei piedini che attiva la vocina che ti dice che ore sono. La vocina in francese, e dato che non è che in famiglia lo mastichiamo proprio bene, l’operazione risulta inutile oltre che dannosa perché illude i gatti che è già l’ora. Che tra l’altro sono i primi a divertirsi a zompare sopra alla sveglia per far sì che il piedino si schiacci e si attivi la vocina con l’erre moscia. Vabbe’, questo è quanto. Era un po’ di tempo che volevo ammettere la mia colpa ma, chissà perché, poi ogni volta noto come sta bene sul comodino marrone scuro e alla fine perdono la fattura di basso profilo. Ah, dimenticavo, in un angolo, vicino alla marca, c’è scritto Made in China.

1999, spazio alla moda

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La fantascienza popolare non ci ha preso molto, del resto nessuno degli scrittori, sceneggiatori o registi del genere sci-fi ha mai dichiarato facoltà divinatorie, o almeno non mi risulta. Il capolavoro kubrikiano ambientato nel 2001 è forse l’esempio più eclatante. Non solo non abbiamo preso il controllo dello spazio, ma nel frattempo il pianeta stesso in cui vivamo negli anni successivi all’ambientazione del film si è ribellato, tanto che ora ci è impossibile perfino prevedere le conseguenze di un evento meteorologico straordinario, figuriamoci muoverci in orbita a ritmo di valzer viennese. Per non parlare della dimensione dei computer stessi, molto meno ingombranti di Hal 9000 e molto meno intelligenti, anche se è vero che da un certo punto di vista sono in grado di prendere il sopravvento. A chi non capita di litigare quotidianamente con Windows?

Siamo inoltre passati indenni dagli anni ’80 in cui, secondo la celebre saga televisiva di UFO e del comandante Straker, avremmo subito una disdicevole invasione extraterrestre che avrebbe concentrato sul quel fronte tutti gli sforzi bellici dell’umanità intera. Se siamo qui a scriverne su un blog significa che la guerra la facciamo ancora inter nos e che per fortuna dalle altre galassie ci lasciano in pace, ci mancherebbe ancora dover lanciare i nostri cacciabomobardieri contro quei dischi volanti di latta che noi bambini di allora avremmo combattuto e vinto con un apriscatole tanto avevano l’apparenza di contenitori alimentari, oggetti spaziali ma allo stesso tempo tutt’altro che alieni dal nostro quotidiano.

Ma la previsione non avveratasi che mi ha deluso di più è stata quella del 1999 e non tanto per l’uscita dalle orbite terrestri della luna e della base Alpha, l’uomo non potrebbe da quaggiù fare a meno del suo satellite preferito nonché unico elemento ispiratore di pastori erranti e sognatori in generale. Intanto la Dottoressa Russell è stata una dei primi protagonisti femminili delle fiction a popolare il mio immaginario erotico, gettando le basi della mia predilezione verso le donne autorevoli e di intelligenza superiore. Ma adoravo quel telefilm perché era il compimento generale del mio senso estetico. Non so cosa avrei dato per un futuro in cui uomini e donne avrebbero potuto vestirsi così, come gli abitanti di quella città vagante, con quelle tute e quei non-colori. Ma le cose in realtà si sono messe male e già a partire da qualche anno dopo la fine quella serie si capiva che la moda si stava allontanando da quei parametri come il comandante Koenig dal pianeta Terra e che un simile livello di stile non sarebbe mai stato raggiunto in tempo. Fino all’amara consapevolezza, sorta a fine secolo scorso, che magari da qualche parte nello spazio qualcuno così elegante esiste veramente, ma non certo qui. Nella foto, i protagonisti di Spazio 1999 ritratti con la tuta della domenica, pronti a godersi il tempo libero.

poveri ma

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Sono sempre stato uno un po’ trasandato, ma ora dovrei darmi una regolata, me lo impongono le regole della convivenza e la società in genere, poi mia figlia cresce e insomma, ho come l’impressione che le responsabilità aumentino, anche quella di non lasciare che i figli si vergognino di un genitore che non si prende sufficiente cura di sé. Diciamo che sono ai limiti dell’accettabile. Già ho gettato le giacche vintage e il parka dell’esercito della DDR prima di fare la spola davanti alla scuola materna, perché si cresce e per darmi un tono, però sul resto ho tergiversato e ora urge una riassestata. Ho un non-taglio di capelli, i sempre più pochi capelli che non ho mai voglia di pettinare, la mattina spesso restano dritti e se succede restano lì, non mi prendo il disturbo di fare qualcosa, convincerli a rimanere al loro posto. Poi ho la barba, sempre più bianca, e se non stai attento cresce e ti dà quell’aspetto del poco di buono, non è assolutamente vero che fai la figura dell’intellettuale, semmai del vagabondo. Per non parlare dei vestiti, sempre gli stessi, roba di qualità discutibile e scelta casualmente prima di uscire. E non è la questione di essere originali o scazzati ma con gusto. È proprio fottersene alla grande, in ufficio nessuno ci fa caso più di tanto, perché dovrei farmi problemi io.

Poi vedo in metro quelli che vanno al lavoro in giacca e cravatta e penso a come stanno bene, che bell’effetto che danno, mi piacerebbe essere come loro, quanto costerà un completo così, non penso che sia una questione di prezzo, beh ma dovrei averne più di uno perché poi se si sporca? E mi dico che sì, da domani mi sforzo nel darmi un contegno, magari vado anche dal barbiere, poi mi metto quello di più elegante che ho e una camicia. Sì ma dentro o fuori i pantaloni? E c’è quel momento prima dell’ultima rampa di scale per uscire in superficie alla fermata in cui passo davanti a un’infilata di specchi, cerco di non guardarmi ma poi una sbirciata me la do. Chi è quell’uomo di mezza età piuttosto dimesso con le cuffie blu elettrico sulle orecchie, la borsa a tracolla come i pischelli e la maglietta a righe? Che vergogna. Nemmeno un po’ business casual. Niente. Ma dura poco, di sicuro è uno stato d’animo che non arriva fino al mattino seguente, quando tutto si sussegue come il giorno prima, apro l’armadio e vedo il nulla, chiudo gli occhi e tiro su indumenti a caso.