Quando mi trovo in mezzo ad altre persone ciascuna con il proprio device di lavoro – portatile o tablet o smartphone che sia – invidio tantissimo tutti e mi lascio pervadere dal solito complesso di inferiorità digitale. Ieri ho partecipato a un mega-evento di un cliente dell’agenzia in cui opero, organizzato in una struttura abnorme e avveniristica tutta acchittata dalle effigie e dai colori di quel brand arcinoto. Ho avuto così la possibilità di osservare gli altri partecipanti seduti nei posti limitrofi al mio, durante la conferenza principale della giornata, e notavo con rammarico i tempi di risposta dei loro dispositivi rispetto ai miei, e quanto ci impiegavano a essere nel pieno dell’operatività.
Ho calcolato la sequenza di
a. portatile o ibrido sulle ginocchia
b. pressione sul pulsante di accensione
c. inserimento della password
d. visualizzazione completa del desktop, barra degli strumenti ecc..
e. lancio del client di posta elettronica
f. download della posta elettronica
g. risposta al primo messaggio ricevuto
e ho calcolato una media di venti secondi. Il portatile che ho in dotazione, lo stesso da cui sto scrivendo ora, ci mette almeno un quarto d’ora, senza contare che ha un problema con la batteria per cui, per avviarlo, devo comunque essere connesso alla rete elettrica.
Con i tablet invece la cosa è diversa. Ne ho acquistato uno qualche anno fa rimanendone deluso, non tanto per le prestazioni ma per l’utilità in sé. A me piace usare una tastiera di input e il touch screen non è proprio nelle mie corde. Questo non mi ha impedito di osservare le cose fighissime che le persone facevano con il loro iPad, a fianco a me. Dashboard e console di gestione di non so che cosa, movimentate al tocco dei polpastrelli con una maestria da direttore d’orchestra. Non so voi, ma il massimo dell’esperienza che ho provato con il mio (era un Android che, per giunta, si è già rotto) è stato una manciata di livelli di Candy Crush.
Per non parlare del telefono. Vedevo intorno a me uno sfoggio di interfacce utente da paura, con una risposta di sistema operativo e di app al fulmicotone. Con il mio, non vi dico la fatica a farlo ragionare e a farmi mostrare le cose che mi servono.
Ecco: nel mio mondo ideale, schiaccio un pulsante su qualsiasi cosa e, con una latenza uguale a quella del tasto di un pianoforte o di un qualunque interruttore, accade la reazione che mi aspetto. Ma nella realtà le cose non funzionano così. Dicono che sono dispositivi intelligenti, secondo me li stiamo sopravvalutando. O magari sono scemo io, eh, o solo un po’ sfortunato.