Cosa ne è stato delle vostre camerette una volta che siete usciti dalla casa in cui siete nati e cresciuti? La norma vuole che le stanze diventino poi veri e propri mausolei con esposti i tesori della fanciullezza e dell’adolescenza anche se siete vivi e vegeti e conducete una vita adulta dentro altre quattro mura a distanza di sicurezza dai vostri genitori. La mia è stata allo stesso tempo una specie di magazzino di mio papà e scaffali e cassetti traboccano delle carte del suo lavoro di contabile. Ora, a quasi un anno dalla sua scomparsa, mia mamma sta iniziando a liberarsi delle cose che già non vi dovrebbero trovare più posto come certi libelli di normativa tributaria obsoleti che sono rimasti lì finché lui era in vita secondo la filosofia del non si butta via niente, può sempre servire. Ma non è questo il punto. Mia mamma ha iniziato a fare repulisti da un ripiano su cui, dietro a vari inserti dai dorsi rigidi impilati dei quotidiani di economia e finanza, c’è una sfilza intera di diari e agende che dagli undici ai venti e passa anni ho riempito di note, considerazioni, invettive, spunti, flussi di coscienza e persino poesiole, pensate un po’. Ce n’è una – scritta in seconda media – che si intitola “È troppo tardi” e che la dice lunga e che, se non sbaglio, era addirittura il testo di una canzoncina romantica. Potete quindi immaginare il resto.
Ora il problema è che quella quindicina di agende e quaderni impiastrati di cose personali stanno per capitare sotto le grinfie di mia mamma, che in combutta con l’altro genitore va a rappresentare il nemico numero uno dei voli di fantasia degli adolescenti. Ero in visita da lei durante il ponte del due giugno e ho pensato all’effetto che mi potrebbe fare se ora, quando ho quasi cinquant’anni, mia madre sbirciasse nelle mie vecchie cose. D’altronde portare diari e agende con me nella mia vita attuale non mi va, se capitassero in mano a mia figlia sarebbe forse ancora peggio. Ci sono cinque annate di diari di Linus delle superiori, poi agende multi-uso con appunti di lezioni universitarie miste a pensieri e riflessioni, anche rivelazioni di cui mia mamma è sempre stata all’oscuro e che, malgrado gli anni e le dinamiche mutate, vorrei continuassero a rimanere segrete. Ho anche pensato a lei che, sgomberato l’ultimo ostacolo della libreria, si appresta ad occuparsi di quel ben di dio di informazioni private di un figlio che così non esiste più da oltre un quarto di secolo, e che decide di mollare il colpo, riporre tutti i diari in una scatola e farli temporaneamente sparire in soffitta per poi propormi una collocazione. Ci ho riflettuto e ho preso una decisione drastica: se alla prossima occasione i diari e le agende saranno ancora lì senza esser stati spiati ne tenterò un rogo da qualche parte senza nemmeno leggerli un’ultima volta. Conservare queste parti di sé è corretto farlo quando si è abbastanza avanti con l’età da avere la capacità di sistematizzare il passato. Mettere nero su bianco il presente con così poca esperienza è un bel passatempo di cui è bene poi dimenticarsene, affinché proiezioni future e realtà non collidano generando un casino come quella faccenda della materia e dell’antimateria.