Non è che certi gusti facciano orrore in sé. Fanno orrore le persone che dichiarano certi gusti. Ma facciamo un passo indietro. Quello delle cose in comune è uno dei tormentoni nell’ambito dei rapporti interpersonali di maggiore successo. Per valutare il grado di affinità siamo sempre lì a chiedere a chi ci sembra ne possa valere la pena cosa ti piace e cosa no, con l’obiettivo di tessere quella trama su cui poi costruire un percorso biunivoco di vario genere, dalla semplice convivenza forzosa come la vita in un ambiente lavorativo fino a storie importanti scopo matrimonio. E fin qui siamo d’accordo e ci sono persino le eccezioni a conferma di tutto ciò. Gente a cui non daresti due lire che la sa lunga sugli argomenti che ti stanno a cuore e che la pensa proprio tale e quale a te, chi l’avrebbe mai detto. Si tratta però di dati che raccogliamo tramite esperienza diretta e che talvolta a estorcerli si fa pure fatica, magari l’interlocutore è riservato o siamo noi quelli che si fanno i fatti propri e morta lì.
Avete capito dove voglio andare a parare, vero? Oggi l’identikit delle preferenze di una persona lo vedi sui social network perché siamo noi che ci premuriamo di farci riconoscere per i nostri gusti mettendo i like a questo e quello, quando non facciamo coming out direttamente nei nostri post a supporto di qualcuno o qualcosa. Questa, insieme all’ironia su Twitter, sarà una delle principali cause dell’estinzione del genere umano. Quante persone possiamo già scartare a priori curiosando nel loro box dei mi piace sul profilo Facebook, per esempio? E quanto rimaniamo esterrefatti venendo a conoscenza che a tizio piacciono i populo-grillisti, caio va sotto il palco di Biagio Antonacci e sempronio legge Baricco? Quando crollano i miti con cui abbiamo dipinto le persone nella loro rappresentazione ideale di convenienza – convenienza tutta nostra, eh, ci serve come autodifesa e non c’è niente di male a vedere il nostro salvatore nel primo che passa – si sente un rumore di libri, dischi, tessere di partito, strumenti o attrezzi o abbigliamento tecnico a supporto di attività del tempo libero che rovinano in terra e che si ripercuote come un’eco sul nostro umore per un tempo direttamente proporzionale a quanto abbiamo investito emotivamente nel rapporto in questione. Va da sé, spesso basta un clic, si cambia pagina e il peggio è passato.