Dopo il caso degli autisti duepuntozero, un altro eclatante episodio di feticismo ostentato di simboli di culto durante lo svolgimento di pubblico servizio. In hoc signo vinces, è proprio il caso di dirlo. Ma questa volta il simbolo non è la mela morsicata di Steve Jobs sull’iPad manovrato contestualmente al volante dell’autobus dal guidatore, bensì la croce del cristianesimo unita a una corona del rosario penzolante dallo specchietto retrovisore. Il pullman è quello di linea tra Bergamo e la Val Seriana, purtroppo non ci sono materiali visivi a supporto se non la mia memoria e la descrizione che ne consegue. Quindi dovrete fidarvi. Ora, il primo spunto di riflessione è l’utenza di tale mezzo pubblico, almeno quello su cui sedevo anche io, che di primo acchito non dava l’impressione di aderire ai riti di Santa Romana Chiesa. Questo potrebbe spiegare l’installazione di uno strumento accessorio di sicurezza a bordo, uno scudo crociato volto a proteggere l’autista dai nemici dell’occidente. E ci si domanda chi abbia curato l’allestimento dei bus di linea, e se la metafora dei grani sia una rappresentazione visiva delle fermate lungo la strada fino a destinazione, un sistema satellitare con il quale l’utenza riesce a seguire il tragitto, ogni grano una preghiera di fermata a chi guida e magari si dimentica. O forse la collana con croce annessa è a discrezione del conducente, anche se le esclamazioni che gli ho sentito proferire durante gli oltre cinque chilometri di marcia a dieci all’ora dietro al valligiano a bordo dell’Apecar colmo di legname mi hanno convinto del contrario. A meno che non si tenga conto del dialetto, e le bestemmie siano da condannarsi solo se nella lingua ufficiale di uno stato laico.
Crocifisso
la provvidenza
StandardSì, proprio lei, la Provvidenza con la p maiuscola che ricopre uno degli aspetti chiave dei Promessi Sposi. Ho riletto con piacere l’opera grazie alla riduzione di Umberto Eco per bambini che mia figlia ha preso in prestito in biblioteca e che ci ha tenuto compagnia durante le ultime serate. Nell’epilogo, Eco rilascia una spiegazione generale del romanzo e dell’intento manzoniano, toccando anche il ruolo della Divina Provvidenza introdotto per riaffermare la giustizia divina al momento giusto della trama. Quando per i buoni sembra non sussistere più una speranza di salvezza, ecco che arriva una terribile peste a far piazza pulita, punire i cattivi e promuovere i giusti, una visione in linea con i tempi ma, a posteriori, un po’ grossolana. Non per me. Ho pensato, infatti: daje, una bella Provvidenza anche ora, una manona che spazza via tutto. Voglio dire, anche la storia del crocifisso e della Minetti dovrebbe convincerli lassù di quanto sono zozzoni questi qui. Ma no, non ci siamo, così è un mix tra una piaga biblica e il video di “Black hole sun”, e poi è un tema inflazionato, c’è già il ventidodiciventidodici. Anche perché da lassù fare le debite distinzioni mica è semplice. Voglio dire, Don Rodrigo era un cattivo tutto d’un pezzo, facilmente identificabile, qui si rischia di andare per le lunghe a causa della quantità di comparse coinvolte. Già, un bel casino. Sono quasi più realistiche le elezioni anticipate.