Ci sono alcune cose, in Italia, che non si dovrebbero fare. Voglio dire, ci sono tantissime cose che non si devono fare, riguardo le quali ci sono leggi e pene per chi le fa. Altre invece per le quali non si commette nessun reato a farle, semplicemente si dà dimostrazione di non usare il buon senso. Si va nella provocazione pura, perché è ovvio che la conseguenza minima sarà un vespaio, una sommossa popolare, una rivolta. A destra e a sinistra, sia ben chiaro. I nostri tabù culturali, per esempio. Argomenti, idee, personaggi intoccabili, giustamente per chi li ritiene tali, un po’ meno per chi non la pensa così, ma che per il buon senso comune, per non cambiare equilibri che già, in una situazione delicata come quella attuale, faccio fatica a capire come riescano a rimanere immutati. A destra o a sinistra l’intolleranza si manifesta quando si mettono in dubbio i simboli, quasi mai la sostanza. La Resistenza, Mussolini, il presepe, l’oratorio, Fabio Fazio, il Papa, Nanni Moretti. A cui si aggiunge, dal 1993, Bettino Craxi. Ecco: decidere di intitolare una piazza a Craxi è una provocazione pura, non c’è davvero bisogno. Per lo meno, che sia all’incrocio con Via San Vittore.