Una medaglia di partecipazione a una corsa campestre. Una magnete di Mont Saint-Michel sul frigo. Un paio di Adidas Stan Smith. Almeno un Expedit. Una confezione di antipasti calabresi sott’olio piccantissimi, nelle varianti scaduti in dispensa o aperti e scaduti in frigo. Il Diario di Anna Frank. Un disegno di Keith Haring, è valido anche stampato su un quaderno protocollo. Una vhs del matrimonio anche se non si possiede più il videoregistratore. Una guida Lonely Planet di New York con le Torri Gemelle in copertina. Un blocchetto di post-it con l’adesivo dell’ultimo foglietto ricoperto di polvere e qualche pelo di gatto. Un libro di Richard Scarry. L’Enciclopedia di Repubblica incompleta. Qualche cianfrusaglia acquistata di senegalesi come autentico artigianato africano, tipo l’elefantino che ti mettono in mano al saluto di ciao amigo. Il telecomando ormai inutile di almeno tre televisori fa. Del miele. Un telo in microfibra viola del Decathlon. Il volantino di una pizzeria d’asporto. Un orologio da polso non funzionante. Un biglietto dell’autobus di una città italiana a scelta in cui non tornerete più, e nel caso ci tornerete sarà ormai fuori corso. Monete rimaste da un viaggio all’estero quando in Italia c’era ancora la lira. Una squadra da disegno tecnico con l’angolo sbeccato. Una penna scarica ma che non si butta perché è un ricordo. Una sorpresa di un Kinder sorpresa. Una serie di conchiglie o una bottiglietta piena di sabbia o un piatto con i ciottoli, souvenir naturali – talvolta raccolti malgrado un divieto – di una vacanza al mare in inverno, dall’altra parte del pianeta. Un mazzo di carte incompleto. Una gioco in scatola di cui si sono perse le istruzioni. Una bottiglia a metà di grappa. Una bottiglia a metà di mirto in ghiacciaia. Il caricabatterie del Nokia 3310. Una cartolina acquistata in vacanza, compilata, affrancata e mai spedita. Una cassa di birre. Una stampa incorniciata ma mai appesa, nascosta provvisoriamente – per modo di dire – tra il fianco dell’armadio e la parete. Un adattatore schuko. Due adattatori schuko. Una lametta da barba usa e getta di quella marca che è troppo tagliente e che nessuno userà mai più ma è meglio tenere per le emergenze. Una o più buste di purea istantanea. Decine di campioncini di creme di tutti i tipi destinati a superare ampiamente la data di scadenza. L’aspirina. Un segnalibro. Un prestito della biblioteca scaduto qualche anno prima. Spray ammazza formiche. Il minipimer. Una lampadina a incandescenza di cui, in tempi di attenzione all’impatto ambientale, ci si vergogna come dei ladri. Qualcosa di pochissimo valore rubato all’autogrill di cui il senso di colpa non ci dà il coraggio di liberarci. Un fazzoletto che qualcuno ci ha prestato e che non abbiamo mai restituito in barba alla legge naturale della moneta che si dovrebbe sempre dare in cambio. Un gadget di una multinazionale del settore dell’Information Technology. Una biglia. Making movies dei Dire Straits.