Non c’è differenza tra farsi una corsetta la mattina presto, in inverno, e farla in piena notte, tranne che nessuno si darebbe all’urban running (una definizione molto di moda, non me ne vogliate) in piena notte. Ma se non fosse per un problema meramente di posizione delle lancette dell’orologio, il freddo poco invogliante e, soprattutto, la luminosità sono le stesse. Ma la similitudine non finisce qui. Se uscite per un lungo prima dell’alba la domenica mattina, come ho appena fatto io, è facile imbattersi negli strascichi del sabato sera che per alcuni è ancora in vigore e se non fosse che chi pratica sport si è appena buttato malvolentieri giù dal letto potrebbe porsi il dubbio di aver puntato male la sveglia o farsi la domanda “sogno o son desto”. Gruppetti di ragazzini che si rollano l’ultima canna in piazzetta prima di consumare la colazione. Amici ubriachi che si consolano seduti sui gradini dei negozi chiusi. Bottiglie di birra lasciate a metà alla fermata del tram. Discotecari probabilmente sotto l’effetto di qualcosa di forte – ma che sta scemando – che si dimenano a un ritmo tutto loro sparato dall’autoradio della macchina con le portiere spalancate, questo è un classico comune a tutte le generazioni di amanti della musica. Se il vostro percorso prevede anche zone verdi come parchi o sentieri di periferia, capita che qualche animale notturno ti tagli la strada. Qui da noi i leprotti, mi è sembrato persino di vedere una volpe, una volta, ma era buio e forse era poco più di un gatto. Non mancano gli animali morti, prede di predatori di città e non. Ma è facile anche imbattersi nei postumi di gesta ai limiti della legalità. Borse gettate nei cestini dell’immondizia dopo esser state ripulite delle cose di valore a valle di uno scippo. In una specie di fossato che costeggia un sentiero qui vicino ho visto tempo fa tre console da video-poker gettati lì e sventrati della cassa. Un paio di settimane fa un’utilitaria era finita nel centro di una gigantesca aiuola alberata e i due balordi alla guida giustificavano a fatica la correlazione tra il loro tasso alcolico e l’accaduto a una pattuglia dei Carabinieri. Fino a stamane, quando sono stato testimone dell’apoteosi. La voce di omone che gridava “Io ti uccido! Ti uccido!” a qualcuno. Me lo sono immaginato grande, grosso, pelato come un naziskin, con il collo di un cingalese mingherlino stretto tra le mani, chissà perché. In verità non ho assistito alla scena. Stavo procedendo per la mia strada, ascoltavo buona musica, ho sentito le grida e messo un pausa la canzone. Le urla provenivano dietro l’angolo verso il quale stavo per girare, ma poi ci ho pensato e me ne sono guardato bene. Ho fatto immediatamente dietro-front sperando di incontrare qualcuno per farmi forza, ma poi per fortuna è sopraggiunta la Polizia a sirene spiegate, mentre intorno ormai era tutto chiaro, e il sole da qualche parte sopra alle nuvole che stanziano sempre a loro volta sopra a Milano era sorto.
corsa
prove tecniche di giudizio universale
StandardRaramente mi trovo favorevole a cambiare il corso delle cose ma, per questo episodio, ho deciso di fare un’eccezione. Nicholas e David, i protagonisti di un racconto in cui un sabato mattina, fermi a un semaforo, hanno visto passare un tizio di corsa malgrado l’ora, un paio di sabati fa erano fermi al semaforo di Cascina del Sole poco prima delle sette del mattino e, a bordo del loro pick-up, si stavano recando al lavoro quando hanno notato un tizio in maglietta, pantaloncini e scarpette passare di corsa, malgrado l’ora. David e Nicholas, malgrado i nomi esotici, sono italianissimi, vivono a Cinisello Balsamo e hanno entrambi origini dal profondo sud. Nicholas era pensieroso perché, la sera prima, attraversando il piccolo giardino antistante l’ingresso del condominio in cui abita, è stato chiamato papà dal figlio dell’inquilino del quarto piano. Era sul suo balcone insieme alla nonna e ha gridato “Papà! Papà! Sta arrivando papà!”. La nonna si è messa a ridere e, con un po’ di imbarazzo, lo ha corretto a voce alta. “Ma no, non è papà, è un signore”. Nicholas così ha riflettuto su quante possibilità avesse in totale, nella vita, di essere scambiato per un signore magari sul lavoro, lui che fa il muratore. David invece dovete immaginarvelo meno sensibile. Uno di quelli che non ti fa passare con l’auto quando è fermo al semaforo e voi dovete attraversare con la macchina la colonna per andare dalla parte opposta e, anche se avete la freccia, fa finta di non avervi notato.
E infatti al cospetto del podista mattutino, David, un paio di sabati fa, fermo al semaforo, ha estratto una Lucky Strike senza filtro dal pacchetto morbido, la ha accesa nel pick-up e ha detto a Nicholas “alla faccia di quel salutista di merda che va a correre mentre noi andiamo al lavoro”. Il tempo di fare due tiri e David si è accasciato sul volante, colpito da un infarto. Morto sul colpo, per fortuna a furgone fermo al semaforo ancora rosso. Il semaforo di Cascina del Sole è famoso per essere lungo come la quaresima.
Così Nicholas, ancora distrutto per la morte improvvisa del suo collega e amico, mi ha mandato una e-mail chiedendomi un po’ di pietà per David. “David in fondo è uno buono”, mi ha scritto, “e non si merita la fine che hai deciso per lui”. La cosa mi ha fatto riflettere, perché se è vero che non bisogna fare battute sulla salute altrui, questo vale sia per i protagonisti dei racconti che fumano che per gli scrittori, soprattutto se gli scrittori non fumano ma vanno a correre la mattina presto alla faccia dei muratori fermi al semaforo che aspettano il verde per andare al lavoro. Così ho pensato che la mattina di quel sabato lì, il nostro runner mattutino anziché dedicarsi alla sua sessione di allenamento si è svegliato con un fastidio alla coscia destra, dovuto all’ultima corsa fatta due giorni prima, e ha rimandato la corsa alla mattina successiva, nella speranza che David aspetti di accendersi la prima sigaretta della giornata almeno dopo pranzo.
la domenica del correre
StandardDal momento che tutti, cani e porci e blogger e un mix di tutte queste categorie me compreso, diamo consigli sulla qualunque tanto si sa che siti di questo tipo non sono una testata giornalistica e bla bla bla, in questa piccola rubrica dei giorni festivi senza pretese che inauguriamo proprio oggi pensavo di condividere la mia opinione su un altro dei tanti argomenti sui quali sono pronto a dire la mia anche se non ho nessun tipo di competenza, tanto meno di autorità, e cioè la corsa.
Se siete tra le centinaia di migliaia di persone che si dedicano al running come me perché è l’unico sport che non necessita di iscrizione a una palestra, di tempi e spazi regolamentati, da praticare non in mezzo a marcantoni tatuati e carampane in mise inadeguate, con il sottofondo musicale che decidi tu, vediamo insieme alcuni aspetti del podismo meno che dilettantistico, quello fatto a cazzo di cui, sono certo, quando saremo vecchi pagheremo le conseguenze e conti salati con ortopedici e fisiatri ma, nel frattempo, ci consente di mantenere un regime alimentare tutto sommato privo di sacrifici.
1. Intanto spiegatemi come riuscite a conciliare la stabilità del vostro matrimonio con la costante presenza di roba da corsa stesa ad asciugare, a meno che non abbiate un locale dedicato in cui transitate solo per questo. Noi che occupiamo un appartamento da persone normali, di quelli che hanno lo stendibiancheria sospeso sulla vasca, la presenza di pantaloncini e magliette fluorescenti è all’ordine del giorno e influisce pesantemente sull’umore famigliare.
2. Checché se ne dica, sarà bella la campagna e il verde ma sono pronto a scommettere che è molto meglio correre in tangenziale nell’ora di punta piuttosto che al limitare dei campi concimati chimicamente di fresco. Un’esperienza che ti toglie il fiato. Provare per credere.
3. Leggevo sulla pagina Facebook di Malapuella e precisamente qui che riuscire a equilibrare le tre variabili della corsa – quanto veloce corri, per quanto tempo lo fai a sessione e quante volte riesci a farlo – è un problema comune. Chiaro che spararsi una maratona completa da record mondiale ogni giorno è una pratica da supereroi, bisogna però fare i conti con i propri limiti fisici e il tempo a disposizione. Il mio segreto? Ho trasformato le variabili in costanti per una media al ribasso che però mi soddisfa pienamente. Corro una distanza dai 10 ai 18 km (a seconda di come mi sento) impiegandoci da un’ora a un’ora e quaranta circa e lo faccio dalle due volte in inverno alle tre-quattro nella bella stagione fino a quasi tutti i giorni quando sono in ferie. Ma se non riesco a mantenere tutto ciò non è la fine del mondo.
4. Le costanti del punto 3 si basano principalmente su quella che io chiamo “dote tempo per running”: il bello della corsa è che la puoi praticare quando vuoi, ma famiglia, lavoro e esigenze varie non sempre lasciano il tempo necessario per lasciar sfogare il Forrest Gump che c’è in te. A me piace correre la mattina presto e a digiuno, quando provo a farlo di sera rendo sensibilmente di meno.
5. Quando rientro da una corsa, l’ascensore pronto al piano terra è una tentazione a cui non so resistere
6. C’è chi corre in compagnia, io preferisco farlo da solo – così tengo il passo che mi riesce – e con la musica in cuffia. Al terzo lettore mp3 squagliato dai litri di sudore che il mio corpo emette (vedi il punto 7) ho ripiegato sullo smartphone tutto incellofanato nella pellicola trasparente cadendo poi così nella schiavitù da app per la corsa (vedi il punto 8). Il problema è che uno dovrebbe avere sempre tutto lo scibile musicale umano e extraterrestre per poter soddisfare appieno l’annoso problema dell’accompagnamento giusto al momento giusto. Dicono che Spotify premium sia la soluzione. Al momento un buon compromesso sono le schede di memoria da 32 o 64 giga, lì un po’ di roba ci sta. Se riesco mi preparo la playlist la sera prima, ma non ripetersi nella selezione non è semplice. Ci sono le volte in cui si sente meno la fatica se si ascolta musica mai sentita prima, altre volte in cui invece solo con brani triti e ritriti è possibile astrarsi totalmente dal proprio corpo e coprire le distanze senza nemmeno accorgersene. La radio è a vostro rischio e pericolo: è bello quando qualcuno sceglie per te, ma trovare quel qualcuno con i tuoi gusti è un’impresa.
7. Correre al freddo e al gelo e tutto intabarrato è molto più proficuo che correre al caldo, soprattutto se come me sudate come dei maiali.
8. Scoprire grazie a Endomondo che un percorso di un tot di km calcolato con gmaps-pedometer non è di quel tot di km dopo anni in cui lo si usa come tracciato di allenamento è altamente demotivante. Alla fine ho ripiegato sulla compagnia dello smartcoso anche per l’uso delle app. Mi faccio i miei percorsi, posso cambiare tragitto come e quando voglio tanto ho sempre una guida sulla distanza compiuta, posso inoltrarmi in sentieri sconosciuti tanto con il navigatore poi ritrovo la strada maestra e tante altre cose belle tranne quella al punto 9.
9. Non sono un nerd che poi analizza le prestazioni di ogni singolo km , il punto in cui ho dato il massimo e quello più da lumaca il tutto rilevato grazie a Endomondo. In genere di questi dati me ne fotto, corro perché mi piace e mi permette di sfogare le 40 e passa ore settimanali di immobilità davanti a cosi come questo.
10. Le scarpe sono tutto, ce ne sono adatte a ogni tipo di piede e per tutte le tasche. Su questo tema è bene consultare pareri più esperti del mio, e anzi se avete qualche negoziante di fiducia fatemi sapere. Io le cambio più o meno una volta all’anno, cerco di variare le marche perché mi piace cambiare un po’. Ho iniziato cone le New Balance per passare alle Asics e ora sto provando le Brooks, tutti modelli di un paio di anni indietro perché si trovano nelle grandi catene di articoli sportivi come Longoni quasi a metà prezzo (il mio budget è di massimo 80/90 euro, per le mie prestazioni sportive vanno fin troppo bene).
Ecco, alla fine ho messo insieme 10 punti e mi viene voglia di chiamare questo post con un titolo tipo “i 10 suggerimenti più utili per chi corre a cazzo” ma preferisco lasciare questo, perché è domenica e anzi, ora vi saluto e vado a correre.