apologia di taxismo

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Avete presente una civiltà in cui la verginità di una ragazzina viene monitorata da controlli assidui da parte dei genitori, in uno scenario in cui un intero gruppo etnico può essere tacciato come capro espiatorio di default dall’opinione pubblica per qualunque cosa tanto da poter essere accusato liberamente e spingere la controparte del sottoproletariato (e nemmeno tanto sotto e nemmeno poi proletariato) a partire in quarta, organizzato e armato, e incendiare un campo in cui è stato consentito l’accorpamento di abitazioni abusive e fatiscenti in una città dell’occidente europeo contemporaneo. In questo brodo di coltura la ragazzina la perde, la verginità, e considera meno grave denunciare un finto stupro che confessare un rapporto sessuale consenziente. E poche ore dopo il sosia di Jimmy il fenomeno, su alcuni siti definito un intellettuale, imbraccia un’arma da fuoco da telefilm americano e spara nel mucchio di venditori non autorizzati di merce contraffatta i cui proventi molto probabilmente andranno ad arricchire la mala locale e organizzata, ne uccide due e poi però si suicida, peccato. E in entrambi i casi ci sono terzi che plaudono ai gesti di violenza gratuita perché commessi contro chi gli contende il lavoro, il territorio, l’ordine, e si continua a consentire libertà di espressione a chi con la propria espressione la libertà altrui vorrebbe soffocarla. Nella stessa società ci sono corporazioni che non ne vogliono sapere di perdere privilegi e costringono intere politiche economiche a venire a patti per mantenere un monopolio anacronistico e antisociale, il lato oscuro del capitalismo, quello che non ammette la liberalizzazione per non minare i propri modelli di consumo e stili di vita. Ecco, questo scempio di buon senso e di convivenza civile accade oggi, qui, in Italia, anno domini 2011. Benvenuti a ovest.