come fare i soldi scrivendo

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Qualche sera fa ero fuori a cena con il direttivo del Club degli Autori, i colleghi con i quali ci contendiamo le prime posizioni delle classifiche di vendita alternando sul mercato editoriale i nostri best seller in modo studiato ad hoc per non sottrarci il già ridotto pubblico degli appassionati. A turno ci siamo raccontati quando è stato il momento in cui abbiamo capito che stavamo dando alla luce un’opera “più duratura del bronzo”, per dirla alla latina. Un giochino delle verità che ho proposto io perché è una gag che ripetiamo spesso a casa, mia moglie ed io. Lei non si capacita del fatto che ci siano compositori musicali che mentre mettono insieme accordi e testo di una canzone non si rendono conto di stare lavorando a un pezzo epocale. Mi dice quindi “ma i Cure mentre registravano Seventeen Seconds sapevano di stare per pubblicare uno dei dischi più influenti per la musica che è venuta dopo?” oppure “ma David Bowie scrivendo il testo di Life on Mars non si rendeva conto di aver per le mani una delle canzoni più di successo della storia di tutti i tempi?”.

Allora per scherzare ogni volta che c’è qualcosa che vale la pena enfatizzare – in ogni disciplina artistica o sportiva o anche culturale in genere – tiriamo fuori il dialogo della conoscenza delle proprie capacità. Così con gli amici di penna (nel senso dei colleghi autori) ho voluto provare la consapevolezza reciproca dell’ammissione della responsabilità. D’altronde con i nostri libri generiamo esperienze di lettura, creiamo immaginarie vite parallele in cui perdere il filo di quelle vissute in prima persona, forgiamo opinioni, e di questi tempi di gif animate e democratizzazione della condivisione delle opinioni de “Il fatto quotidiano” non è poco.

Qualcuno ha ricordato di essere entrato in trance compositiva e, uscitone, di aver ammesso di non aver mai letto qualcosa di simile a quanto aveva appena terminato. Altri hanno visto salire come il contatore dei distributori di benzina quando fai il pieno la lista dei follower e degli amici e in quattro e quattr’otto si è trovato con decine di migliaia di visite, download, inviti a talk show. C’è persino quello che per dedicarsi alla narrativa si è licenziato e ha deciso di sfruttare l’istinto di sopravvivenza – che quando non hai un lavoro è assai complesso da gestire – per impegnarsi a fondo sul mestiere che voleva fare più di tutti gli altri e nel giro di qualche settimana era già uno scrittore di grido.

La mia storia, ve lo assicuro, ha però fatto sorridere più di tutte le altre. Era mezzanotte passata, dovevo ancora preparare un preventivo per lavoro e, sempre per lavoro anche se non sembrerebbe, pensare a un dialogo finto da inserire al posto di quello vero sulla scena di “Non ci resta che piangere” in cui Troisi e Benigni spiegano a Leonardo il termometro. La mia versione doveva avere come argomento la “trasformazione digitale” ma, come potete immaginare, non mi veniva in mente niente. Così mi sono inventato un post come questo in cui facevo finta di essere uno scrittore affermato che parlava di quella volta in cui, con altri autori amici, a turno ci siamo raccontati quando è stato il momento in cui abbiamo capito che stavamo per mettere in commercio un libro di successo. E niente, il giorno dopo è successo che il mio attuale agente l’ha letto, mi ha contattato per farmi una proposta e quanto accaduto dopo lo sapete già.