Non faccio il lavoro per il quale ho studiato, e su questo io e la maggior parte di voi siamo nella stessa barca. Si tratta di una visione della vita che appartiene a un tempo che non esiste più se non in qualche canale tv tematico di storia e sociologia del novecento. Quelli che venivano contattati dalle aziende ancora prima di terminare gli studi, ve li ricordate? Da ragazzino mi stupivano i fratelli e le sorelle maggiori dei miei amici per i quali veniva allestita questa autostrada esclusiva a mille corsie per il futuro, una delle tante disillusioni che le generazioni come la mia, identificate con le incognite che si usano nelle equazioni, ha dovuto sopportare. Ma quello su cui volevo soffermarmi è che uno dei limiti principali di tutto ciò è che poi ci si trova a dover argomentare scelte, approfondire tematiche o anche solo scambiare opinioni su questioni intorno alle quali non si può contare su un’adeguata preparazione teorica. Che magari poi non serve, però avere un background formativo sotto i piedi non guasta, ti fa sentire più sicuro se non addirittura legittimato da un ente certificante riconosciuto. La scuola, l’università, un istituto professionale. Ora, mentre allestisco i preparativi per il ventennale di vita in ufficio da seduto con un computer davanti acceso per otto ore al dì, ho tutte le carte in regola per definirmi un senior, tirarmela da professionista con lunga esperienza alle spalle, posso dire di aver imparato qualcosa e sono in grado non solo di sostenere confronti ma anche di fornire consulenza. Chiedetemi un parere e potrete sincerarvene di persona. Ma vi assicuro che in passato il dover in alcuni casi muovermi dietro le quinte dell’incompetenza, mandato allo sbaraglio da datori di lavoro senza scrupoli oppure solo quando è stato indispensabile improvvisare perizia mosso da istinto di sopravvivenza, ho vissuto momenti in cui ho sudato freddo. Non ho sufficiente pelo sullo stomaco, di persona sono trasparente e sono facile a essere sgamato quando dico cose non vere. Sono bello e umile. E lo scrivo perché voi non siete permeabili alle fregnacce altrui, mentre io mi bevo qualunque cosa.
Allo stesso modo, le volte in cui ci si pensa due volte prima di intervenire in discussioni su cui si è impreparati, mi riferisco alla vita privata, sono frequenti se avete la fortuna di avere intorno persone di intelligenza non comune. Già la latenza comunicativa dovuta ad abitudini lavorative e non in cui si predilige il confronto in differita degli strumenti di messaggistica digitale mette alla prova le abilità dialettiche e retoriche, almeno per me è stato così. Voglio dire, magari riuscissi a parlare in tempo reale come anche solo riesco a mettere insieme parole per iscritto, con tutto il tempo per pensarci su. In più, se siamo chiamati a esprimerci su cose che non sono così alla nostra portata, che non mastichiamo con convinzione, su cui non siamo sufficientemente informati, lo sforzo che ne deriva è sovrumano e, in taluni casi, latore di stress emotivi. Ed è meglio chiamarsi fuori che fare la figura del cialtrone.