Tramontata l’era delle catene di divulgazione culturale tramite Power Point inviate via e-mail, roba che in confronto le rime di Max Pezzali sembrano estratti da opere di Kierkegaard, la palma dei repository della saggezza da cazzeggio in ufficio va ormai da tempo assegnata a Facebook, il vero tempio della creatività alla portata di tutti, la democratizzazione della battuta come aggregatore di reti umane. Una pillola filosofica piuttosto in voga che circola da qualche tempo in formato di fotografia a un foglio redatto in Comic Sans o giù di lì e appeso a una porta a vetri, riflessi inclusi, recita una inconfutabile verità che avrete almeno una volta nella vita letto, vista la sua diffusione trasversale tra tutte le tipologie di amici su FB: “tutti siamo utili, nessuno è indispensabile, ma onestamente qualcuno non serve a un cazzo”. E come dargli torto, a questo anonimo pensatore del ventunesimo secolo, che già solo per non aver utilizzato puntini di sospensione a sproposito costituisce comunque una piacevole eccezione.
Da qualche giorno la stampa di questa foto che ritrae un foglio appeso a una porta a vetri – scusate se ripeto di cosa si tratta ma è fondamentale per la comprensione del seguito – è appesa a una porta a pochi passi da me in una sorta di installazione tra il pop e il surrealista, tanto che sarebbe da fare una foto, stamparla e appenderla a un’altra porta e così via, per continuare all’infinito. Il dato inquietante è che la porta in questione, la seconda della catena qui sopra per intenderci, chiude o apre, seguendo l’indole pessimista o meno dell’osservatore, l’ufficio di due dei tre soci dell’agenzia in cui lavoro, i boss insomma. L’allegoria è evidente: lavoratori siate avvertiti, non solo il mondo è precario ma ci scherziamo pure su. E giustamente, mi vien da dire; come sosteneva un mio caro amico, non c’è nulla di sacro se non l’omonimo osso. Passando lì davanti si percepisce come un sussurro che invita ad avvicinare l’orecchio a quel foglio A4 stampato in bianco e nero: risorse umane, voi siete le colonne del nostro fatturato, ma attenzione perché siete caduchi come i denti da latte. Tornate a lavorare, e i fannulloni sono pregati di astenersi e di recarsi direttamente nella categoria più bassa della cinica quanto indispensabile classifica meritocratica interna.
Detto tra noi, a me quell’aforisma non fa ridere per niente. E ha anche amareggiato non pochi qui, che passano davanti e gettano un’occhiata per vedere se quel foglio stampato è ancora lì e poi, attestata la presenza, scappano via come per non farsi cogliere sul fatto. Qualcuno vedendoli potrebbe pensare che hanno la coscienza sporca, sono inutili e l’azienda dovrebbe lasciarli a casa per risanare le casse e così leggono di nascosto la loro diabolica condanna solo per esorcizzarla. Ma no, non dovete preoccuparvi, amici, è solo un file mandato in stampa, è solo suggestione, non siate giù di toner.