sei fuori, amico

Standard

Che casino, gente che parte e gente che arriva e non si capisce nulla perché i lavori di ristrutturazione della stazione ferroviaria giustamente è meglio farli in estate quando oltre agli utenti ordinari ci sono quelli dis-ordinari per non parlare delle famiglie che vengono ogni giorno al mare e alla sera rientrano, perché nemmeno una pensioncina possono permettersi e un abbonamento dal profondo del Piemonte costa molto meno. Così nella confusione non ho nemmeno afferrato il tuo nome, l’hai pronunciato con la sigaretta accesa stretta tra le labbra e io era già sulle difensive per il tuo aspetto dimesso e per il fatto che non so se parti o se arrivi e in ogni caso non hai niente con te. Nemmeno un giornale. Nemmeno un libro. E il sacchetto che reggi con due dita contiene il tuo bagaglio il che è strano. Intanto usi una borsa di nylon per la spesa come valigia e poi è strano che c’è così poco dentro e mi immagino qualunque cosa ci sia la tirerai fuori tutta stropicciata, no?

Così mi dici che non arrivi e non parti, in realtà sei a metà e devi solo proseguire verso ponente, tornare a casa, e senza che te lo chieda mi dici da dove vieni. Vieni da una prigione e sei uscito poche ore fa e in realtà non sai nemmeno chi troverai e se troverai qualcuno al tuo paese, che poi non ti hanno nemmeno arrestato lì. Ma visto che hai voglia di parlare, non parli e posi il sacchetto e con un’altra sigaretta accesa tra le labbra ti tiri su le maniche della camicia, prima una e poi l’altra e così vedo gli interni degli avambracci e tutte quelle cicatrici orizzontali. Io non sono capace a rispondere agli indovinelli, tipo indovina quanto ho pagato queste scarpe e sparo sempre o troppo alto o troppo basso perché un po’ mi agito di fronte alla responsabilità di deludere chi vuole stupirmi con quella richiesta, e un po’ perché non ho quel senso pratico che a chi ce l’ha fa fare gli affari. Così provo a rispondere esattamente sull’origine di quei tagli e non credo si tratti di un tentativo di suicidio, perché non ci si taglia le vene così, giusto? Basta un zac netto sui polsi, non cinque o sei solchi orizzontali e paralleli, dalla mano all’incavo del gomito. Ma per fortuna la tua suona come una domanda retorica, in cambio della risposta te ne devo offrire un’altra di sigaretta, non c’è problema amico. Quei tagli sono la punizione extra, meglio da solo che fatti da qualcun altro per espiare una soffiata perché dici di essere stato debole. A occhio debole non lo sembri, io in prigione non ci durerei nemmeno un pomeriggio figurati un anno come te. Cosa diranno quando ti vedranno tornare? Non lo so. Intanto tieni il resto del pacchetto, posso comprarmene un altro e fai in fretta che arriva il tuo treno. Non ci vuoi tornare più al fresco, mi dai la mano e vorrei vedere ancora una volta le cicatrici ma ti sei riabbottonato le maniche sui polsi. Buon rientro e fila dritto, vorrei dirti una cosa così e quello è il senso ma non conosco il gergo della mala e non voglio fare brutte figure.