Ormai consolidato l’entusiasmo per la perfezione degli accessori di cui si dotano i tedeschi quando sono in viaggio o in campeggio, giacché probabilmente da loro la qualità made in China resta nei container fuori dalle dogane e dirottata sui paesi poveri, privi di gusto e di controlli fiscali e di qualità come il nostro, è facile cadere nella tentazione di misurarsi con le loro macro-strutture a partire dalle automobili, dai camper e dalle roulotte, cose che noi non potremmo permetterci nemmeno se provassimo a vivere due vite di lavoro e metter da parte i soldi così. Partiamo dal presupposto che è bene non farsi trarre in inganno da ciò che si rivela essere alla nostra portata. Ho notato per esempio una famigliola tedesca con degli ombrelloni mai visti nei negozi italiani, con il palo composto da elementi flessibili come quelli che formano il telaio delle tende, i tubicini con l’elastico dentro, per intenderci. Pensavo costassero chissà quanto, e invece si trovano a 8 euro per di più in un discount tipo quelli dove io non comprerei nemmeno il cibo per i gatti. Allora anche loro hanno la fuffa usa e getta, mi sono detto. Ma questa non è nemmeno l’eccezione che conferma la regola. I loro oggetti di qualità entry level sono comunque di fattura migliore del ciarpame con cui riempiamo le discariche ogni volta che si rompe qualcosa. Comunque questo induce a umanizzare il loro irragiungibile livello di civiltà, almeno fino a quando raccogli informazioni sul modello di Volkswagen mai visto in Italia che sarebbe perfetto per le esigenze tue e della tua famiglia, o sull’ingegnosa soluzione di carrello tenda da campeggio con apertura a portafoglio, lavabo e cucina integrati a scomparsa e sistema interno di soppalcatura per i letti. Bello questo sistema, chiedi, e quanto costa? La risposta ti riporta con i piedi per terra, peraltro sempre cordialissimi e col sorriso sulle labbra alla faccia di quelli che li ricordano solo mentre invadono la Polonia e mai per la loro superiorità morale. I tedeschi viaggiano su altri livelli che per noi restano remoti e irraggiungibili. Per questo bisogna imparare a chiedere informazioni soltanto a greci e spagnoli.
campeggio
nel giorno più felice dell’anno
StandardMa se siamo persino disposti a pagare, e profumatamente, per una manciata di giorni in questo stato di libertà vigilata spesso con la condizionale in cui ci possiamo liberare finalmente di tutto. A partire dai vestiti, quelli veri, che lasciamo appesi nelle cabine armadio di città, puliti e stirati e pure con lo spray anti-tarme per la stagione successiva mentre ce ne stiamo liberi a girare per le nostre favole in mutande, come diceva quel tipo strano negli anni settanta, e vivere alla grande solo con un sottile strato di tessuto tecnico a elevata impermeabilità che ci separa dalle stelle e dalle cicale che ad alcuni fa senso pure l’idea di trovarsele nel giardino condominiale. Organizziamo con dovizia questo perentorio allontanamento dalla società fatta di fidelity card, di conference call, di centri di illusorio benessere e poi ribaltiamo tutta la nostra scala di valori pronti all’uso per farci camminare addosso dalle formiche, abbattere drasticamente persino il parametro regolamentare di livello standard di igiene intima sorvolando sulla sabbia residua che si attacca alle caviglie mentre realizziamo che c’è tutto un pianeta da scoprire che non conosce il significato del bidet, tanto per fare un esempio. E allora non è vero che siamo così avanzati se risparmiamo per investire in un regresso legalizzato alla barbarie delle convenzioni di vicinanza al prossimo, lo stesso che siamo disposti a raggirare sul turno a una pompa di benzina mentre poi, allo stato brado coperti solo da pareo di dubbia provenienza, siamo tutti un mi scusi qui e mi scusi là mi presta il martello e prenda questo residuo di detersivo che tanto oggi partiamo e ci spiace buttarlo. E non credo che sia rilassatezza ciò che ci spinge a canticchiare melodie che altrove ci indurrebbero a uno spietato zapping radiofonico, canzoni non di altri tempi ma di più, come la rumba delle noccioline – vi ho sorpreso, vero? Quanti di voi conoscono la rumba delle noccioline?- o una gaberiana come è viva la città che tradisce chi la fischietta lavando i piatti, che sotto sotto gli mancano gli agi del campionato sulla tv a pagamento, gli all-you-can-eat con il cibo spazzatura della peggiore cucina cinogiapponese o la sensazione delle scarpe bagnate dal temporale indossate per otto ore in ufficio con colleghi che per lo stesso motivo odorano di quella fragranza che sa un po’ di selvaggio. E anche se sempre più capita di assistere a veri e propri innesti della civiltà grazie a dispositivi elettronici a batteria che ti consentono di controllare le e-mail di lavoro anche in cima alle Dolomiti o giocare a Candy Crush in spiagge raggiungibili solo con fuoristrada – quelli veri, non certo quei cassoni da burino che lasciamo in doppia fila con le quattro frecce per ingollare noccioline zeppe di germi al bar sotto casa -, se è vero che non ci importa se il tetto massimo della nostra carta di credito a un certo punto he bisogno di una bella ristrutturazione perché è solo in vacanza che non ci interessa di separarci dal nostro denaro, ecco che ci chiediamo straniati e ce lo chiediamo perché non è una domanda retorica, è un mistero a cui nessuno è mai riuscito a dare una risposta razionale e dimostrabile, ci guardiamo tra di noi e ci chiediamo perché cazzo non si possa sempre vivere così, seminudi all’aperto e al caldo, a tirare sera come se non ci fosse un domani.
posto ponte
StandardLo sapevo. Ho la nave tra SOLO dodici ore e già c’ho l’ansia. Diciamo che io e il viaggio non siamo proprio tanto sulla stessa lunghezza d’onda perché per indole io adotterei le onde corte e al massimo starei in un raggio ben ridotto e circoscritto al centro di casa mia. Nel senso che adoro i preparativi e l’attesa e fare armi e bagagli e poi, quando inizia il conto alla rovescia, vado in tilt. Ma questo da sempre, eh, non è un decorso dovuto alla mezza età. Anzi, certe cose ho iniziato a farle già maturo. Per esempio sono un campeggiatore neofita e mi organizzo vacanze in un modo in cui mai avrei pensato da ragazzo: a contatto con la natura si colgono sfumature umane altrove impensabili su campioni sia stranieri che italiani. C’è più tempo per osservare aspetti anche minimali e riflettere su concetti che, tra quattro mura, passano in secondo piano. Puoi fare paragoni con il prossimo perché anch’egli è nudo, pardon, in costume quanto te. Puoi pensare a tutti i modi in cui quello che hai intorno potrebbe essere meglio. Così ogni anno vado là, su quell’isola che da quando ho conosciuto mi impedisce di fare il bagno altrove, posti dove ti capita di fare pessimi incontri come questo, e tutto per trascorrere una vacanza all’insegna della totale immobilità. Poi quando sei lì ti convinci che è la scelta migliore, il campeggio dico. Vedi i bambini che se la godono perché sono indipendenti, spesso nostro malgrado considerando la musica che ci impongono e i divertimenti pensati tutto sommato con poca attenzione al target, di cui noi intellettuali di sinistra faremmo volentieri a meno. Tutto per sconfiggere la grande paura degli ultimi giorni prima del rientro, quelli che vorresti non arrivassero mai perché hanno il sapore di un altro giro che si è compiuto fino a quando fai ritorno ed è tutto inevitabilmente come prima.