La città è piena di divieti e se è un peccato non lo diciamo perché siamo pervasi da uno spirito anarcoide che ci induce a un atteggiamento ostile nei confronti di ciò che è vietato. È un’occasione mancata per chi scopre che camminare sia un piacevole diversivo quando occorre recarsi in un luogo o ad un appuntamento e non se ne ha voglia. Muoversi a piedi è alla base del modo di viaggiare più antico del mondo, se è così appagante un motivo ci sarà. Si dilata il momento in cui si arriva a destinazione e ci si ritaglia una micro-vacanza lungo territori urbani che, se vivete in una metropoli, magari non avete mai osservato da vicino. Ma basta fare attenzione alla densità di presenza di segnali e comunicazioni di divieto a interrompere tutta questa poesia. Dobbiamo biasimare il genere umano per questo? Vivere tutti insieme in mezzo a cose di tutti e private impone l’uso di regole e, lasciatevi servire, più ce ne sono meglio è. Ma poi vedi i cartelli e i segnali, ce n’è uno ogni metro, non fare questo o non fare quest’altro, di qui o di là, tu si e tu no, stai fermo e muoviti, prima loro poi te, stai attento e guarda dove vai, entra ed esci, dicevo che vedi i cartelli e i segnali e capisci quanto siamo costretti a mantenere il controllo, a riflettere, a ponderare, ad anteporre l’intelletto, a lasciarci guidare da una volontà invisibile ma condivisa. Per fortuna ci sono i balconi e i davanzali con i fiori, i profumi della primavera, l’aria stessa che ha i colori della bella stagione, peccato non poter essere nella condizione di non fare un cazzo in un giorno lavorativo in città. Se vai a spasso il sabato, per non parlare della domenica, quando l’ozio è regolamentato e non spontaneo, non è la stessa cosa. Mi piacerebbe, per dire, provare l’ebbrezza di non avere una meta di mercoledì, per esempio, ma sembra non essere una condizione ammessa dalle convenzioni sociali, almeno qui in occidente.