il giorno più corto

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Sono oltre dieci milioni in tutto il mondo le persone che ieri hanno denunciato alle autorità il furto di diverse ore dalla percezione della propria giornata di quello che passerà alla storia come il giorno più corto. Il fenomeno curiosamente trasversale a tutti i fusi orari e a ogni latitudine e longitudine è stato avvertito da tutti i nati l’otto febbraio in vita, dai centenari a quelli con appena un anno di età che anzi, pur non avendo ancora le competenze necessarie a esprimere un concetto astratto a descrizione dell’accaduto, hanno comunque avvertito la mancanza di ore di sonno, o di gioco, o dei pasti e sono arrivati a sera tutti scombussolati.

Si tratta di un argomento che mi sta a cuore perché la combinazione vuole che l’otto febbraio sia pure il compleanno di mia figlia, quindi sono stato coinvolto in prima persona e, in quanto genitore di minorenne, ho deciso di andare fino in fondo. Ieri sera, poco prima di cena, mia figlia ha condiviso il proprio rammarico per il giorno del suo compleanno che è passato così in fretta. Ci sono stati i baci e le parole affettuose di mamma e papà a colazione, che però ricordiamo che a dodici anni non è che siano più così importanti e anzi, non mi stupisco del fatto che ci si possa vergognare anche un po’. C’è stato il telo bianco con le scritte delle amiche con cui ogni mattina si accompagnano reciprocamente a scuola, tutte residenti qui nei pressi e conoscenti da lungo tempo. Poi qualche festeggiamento in classe tra una lezione e l’altra e, suonata la campanella e acceso lo smartcoso, il bombardamento di messaggi su Whatsapp e Instagram dei contatti social. Ne abbiamo letto insieme qualcuno, e ogni volta mi stupisco di come oggi i ragazzi siano sproporzionati nella manifestazione dei sentimenti: è tutto un ti amo tra amici e amiche tanto che mi chiedo il giorno in cui si innamoreranno veramente quale potrà essere il lessico tecnico, quali costrutti si inventeranno per comunicare i propri affetti. Poi c’è stato il pomeriggio con l’amica del cuore del momento e i pasticcini, un’altra proliferazione di auguri dal vivo all’allenamento con la squadra di pallavolo, quindi i parenti e gli amici di famiglia, persino i numerosi contatti Facebook del papà e i colleghi di mamma che si sono premurati di farle riportare un loro saluto. Pur non essendoci stata una vera e propria festa con torta e candeline – a dodici anni mica si fa più – ha aperto pure dei regali, anche se non è più una bambina scartare pacchi dedicati a sé è sempre un bella terapia di autostima.

A fine giornata ho fatto un rapido calcolo e ho verificato che malgrado questa sfilza di cose successe in effetti sembrava tutto essere finito troppo in fretta. Dati alla mano, alla fine siamo però riusciti a fare chiarezza. Avevo consumato una quantità fuori misura di ore prese a credito in occasione di un altro otto di febbraio, proprio quando mia figlia sembrava non volerne sapere di nascere. Se anche voi ricordate di un giorno di almeno trentasei ore di cui almeno una dozzina trascorse intorno alle quattro del pomeriggio ecco, è successo l’otto febbraio del duemilaquattro e questa è la spiegazione se ieri finalmente sono andato in pari come si fa con le ferie. Mi spiace se dodici anni fa vi ho impegnato in una giornata che sembrava non finisse mai, ma vi giuro che io, preso com’ero con la voglia di diventare papà in un reparto di maternità di un ospedale nei pressi di Milano, di aver consumato tutto questo tempo extra in un solo giorno non me ne sono nemmeno accorto.

chiedo l’aiuto del pubblico a casa

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Oggi è il mio compleanno, così vi chiedo di darmi una mano a scrivere un elenco di cose che non hanno importanza. A cominciare dai compleanni, e soprattutto dal mio, perché si dice, no, che in fondo è un giorno come un altro, non inizia e non finisce nulla e al massimo si portano le pastarelle in ufficio. Al massimo, ecco, perché io non le porto più perché mi fa tristezza. E che importanza hanno i canali su cui ci si ricorda degli altri se ormai facciamo tutto qui sopra ci scambiamo like di fratellanza e di amicizia e ai più intimi gli mandiamo sms o email. D’altronde l’abbiamo voluta noi una società con cui interagire da casa, dal momento in cui abbiamo risposto al mercato così entusiasticamente non appena ci hanno fatto abboccare alla rivoluzione del televoto, ieri, e a quella di Twitter, oggi.

Così in modo molto speculare non importa se ci sono quelli che se ne dimenticano che oggi ricorre un anniversario, perché magari poi sono sempre lì vicini negli altri giorni e tu manco te ne accorgi, senza contare che succede che fanno così perché anche tu te ne sei dimenticato, quindi pari e patta, l’importante è sapere dove trovarsi gli uni con gli altri anche quando si vive ai margini.

E ha poca importanza se ogni anno, più o meno in queste ore, faccio la spunta all’elenco delle persone che inviterei a una festa se la facessi e mi rendo conto di chi manca, di chi non potrebbe venire perché non c’è più o vive altrove o non verrebbe semplicemente perché è passato così tanto tempo che poi non si sa più cosa dire. Ci sono quei sentimenti pigri che non hanno mica voglia di diventare parole, nemmeno scritte eh, e uno pensa che solo perché tanto tempo prima si sono condivise cose poi dopo ci sia altro che unisce, ma non è così proprio per nulla. Però non so se capita anche a voi, ma nel bagaglio che uno si porta appresso di città in città quando la vita prende la forma che poi dovrebbe essere quella definitiva (e che poi invece non è nemmeno quella la volta buona, magari, ma diciamo che ci si avvicina di molto) ci sono anche tutti quelli lì, le persone che a volte chiami anche amici e che non hanno importanza nemmeno loro nell’immediato circostante. Questo è ovvio, ti giri e non ce n’è nemmeno uno.

Ma non importa nemmeno se non sai se si ricordano di questa o quell’altra volta, perché comunque c’è uno spazio in cui c’è qualcosa che hanno lasciato per te, magari tempo fa e magari in un cassetto che non apri da anni ma perché non era mai stato il momento giusto. E che importanza ha se alla fine quello che ci trovi dentro è superfluo, è scaduto, è fuori stagione, ti va stretto o sa un po’ di chiuso. Sarà per sempre un pezzo unico della collezione che non fai più perché non è più così importante, un cimelio che avrà un suo unico e insostituibile posto nel mondo indipendentemente da quanto ne hai ancora da scoprire. Ma mi sono dilungato, come sempre, e nell’augurarmi un buon compleanno vi prego di darmi una mano a continuare l’elenco di cose che non hanno importanza. Questo per me è importante.