Non ricordo che film fosse o se si tratti di un dialogo in un libro che, a furia di rimuginarci su, si è materializzato in immagine vivida, ma propenderei più per la prima ipotesi. La scena si svolge sulle rive del Po. Da una parte c’è una banda partigiana, dall’altra una brigata nera con contorno di soldati tedeschi. Sono lì per uno scambio di prigionieri, siamo nelle fasi finali della guerra civile e già si prospetta chi saranno i vincitori e chi i vinti e, soprattutto, la moltitudine che sarà costretta a subire un immeritato pareggio imposto a tavolino dalla guerra fredda prima e dalla tv commerciale dopo per i successivi ottant’anni. Comunque si percepisce lo smacco dei fascisti costretti a scendere a patti con quelli con i quali fino a poco tempo prima potevano spadroneggiare fino ad appendergli al collo il cartello “banditi” una volta torturati e impiccati. La barca si avvicina alla sponda già liberata e i reciproci prigionieri tornano nelle fila di ordinaria appartenenza. A quel punto uno degli ufficiali della squadraccia infame si rivolge con supponenza ai liberatori chiedendo che cosa pensavano di fare dell’Italia qualora avessero vinto. E lo sapete come sono i film e i libri sulla Resistenza, insomma un po’ di epica ci voleva per attribuire al meglio ai padri della patria la giusta onorificenza e il posto più consono negli scranni più alti della storia della Repubblica Italiana. Un partigiano gli risponde di non preoccuparsi, che sapevano bene cosa fare e che potevano consegnare l’Italia a loro che ne avrebbero avuto più cura rispetto a chi li aveva preceduti e vessati.
Questo pistolotto agiografico mi permette di introdurre due righe sul panico che mi sta prendendo in queste giornate pre-elettorali perché in rete leggo solo di gente che voterà Grillo. Sono certo che chi è in rete fa parte di un segmento ben definito della società e che spalmato sul totale di chi esprimerà il proprio parere nelle urne non costituisce una percentuale veritiera. Già che siamo in fasi di sondaggi a cazzo, dico anche la mia, e cioè che l’80% di chi manifesta la propria volontà elettorale su Facebook simpatizza per il barbuto burlone genovese, ma quel dato sul totale offline corrisponderà a un – boh – venticinque per cento come sostiene Adinolfi (altro barbuto burlone)? Tutte impressioni che a noi che l’anti-politica, l’opinionismo sommario, il fanatismo complottista e il fascismo sono della stessa razza mettono a disagio, perché hai voglia a rassicurarci che Grillo non è Alba Dorata, ma quei toni urlati e soverchianti da giustizia popolare ed esasperazione indotta riecheggiano passi di marcia, punizioni corporali e salti dal cerchio di fuoco ai cerchi di grano. Altro che società civile.
Chiaro, c’è anche la paura del nuovo che fa novanta perché siamo cresciuti con un sistema che ha visto per più di mezzo secolo contrapporre il più numeroso e attivo movimento di sinistra in Europa a tutta una serie di avversari da una parte e dall’altra che le hanno trovate tutte per smembrarlo e granularizzarlo, complice una foga kamikaze interna. Avversari a destra e a sinistra ai rappresentanti dei quali non avrei nemmeno affidato le chiavi della mia cassetta della posta – anche perché potevano contare su apparati più o meno nascosti dotati di un doppione – figuriamoci del palazzo del governo.
Però vedo che le piazze si riempiono, la gente ne parlano, le kaste ne soffrono, i media sociali ne amplificano, quindi come già successo nel 94 quando assistemmo alla peggiore debacle politica del dopoguerra, prepariamoci ad accogliere questi nuovi invasori questo nuovo moto propulsivo. L’ennesimo regime culturale di cui dovremo imparare toni e metodi, conoscerne umori e clientelismi, che ancora poco riusciamo a immaginare come si integrerà in un sistema così complesso come la macchina che guida un intero paese e in cui le tematiche sono tutte incrociate tra di loro per cui l’eccessiva verticalizzazione delle competenze sappiamo tutti quanto sia inadeguata, considerando le precedenti esperienze. Quindi ora se chiedi a qualcuno di loro che cosa pensano di fare dell’Italia in caso di vittoria sappiamo già la risposta che daranno, con le loro braccia piene di prodotti per l’igiene politica e gli spazzoloni e le purghe anti-burocratiche e le personalità rinnovabili e a basso consumo. Qui, dall’orgoglio dei nostri circoli, sotto le effigie dei nostri martiri e di tutto quanto ci è stato tramandato e che, probabilmente, è stato sbagliato visto quel che è successo e quanto deve ancora accadere, cercheremo di capire quale sia stato il segreto di un così ampio successo, confidando che gli eletti in parlamento siano meglio del loro ispiratore. Almeno questo che ci sia concesso. E almeno alla Regione, votate Ambrosoli, su.