La notizia degli ennesimi aumenti nelle bollette non passa inosservata in casa, ci si raccomanda a vicenda di porre la massima attenzione nei consumi e il riferimento alla luce che alimenta gli elettrodomestici e il gas che consente di cuocere i cibi è una tessera di un puzzle che si completa nel ragionamento di mia figlia. La crisi e la recessione, la Grecia poi la Spagna e dopo l’Italia, sono tutti concetti vaghi che improvvisamente si concretizzano perché realmente in grado di minare la sicurezza su cui fa affidamento una bambina. La corrente e l’energia si pagano? Sì cara, eccome, e si pagheranno sempre di più. Ma anche la benzina? E la tv? E il telefono? E Internet? L’elenco dei dubbi risolti si fa lungo, la lista delle necessità si spunta ad ogni voce, e a chi ha influenza sul mercato e l’economia solo indirettamente suscita una sorpresa dopo l’altra. Che ingenuità. E tutti i soldi per pagare queste cose dove li prendete, ci chiede alla fine. Così ora anche lei ha ben chiaro che ogni giorno, dopo averla accompagnata a scuola, quell’ufficio in cui passiamo molto del nostro tempo non è un luogo in cui ci rechiamo senza uno scopo. In cambio riceviamo quanto ci serve per tutto, vacanze comprese. I vestiti. I suoi buoni mensa. Tutto. E a quel punto vedo la sua fantasia volare verso un pianeta in cui tutto è gratis e ognuno prende quel che gli serve e basta, e poi me lo dice anche, quanto sarebbe bello se fosse così. E a caldo penso alla perfezione di un paradiso di tal genere, ma poi immagino le code di gente ai distributori di qualsiasi cosa, quelli che prendono per sé e per la cognata e per i nonni, con tre o quattro tessere e le borse da riempire. La calca, la gente che passa davanti e ti scavalca per fare prima e perché teme che le scorte finiscano. Nessun essere umano riuscirebbe a sopportare un sistema economico così complesso e difficile da gestire, questa proprietà indivisa globale, tantomeno dei bambini. Meglio pagare, fidati, e farlo nel modo più illuminato possibile.