Non saprei dirvi se si tratti del migliore film a cartoni animati dell’anno perché non ho abbastanza termini di paragone, di certo Arrietty, l’ultima lavorazione dello Studio Ghibli (quelli che possono permettersi un logo come Totoro) distribuita in Italia è una delle produzioni cinematografiche di animazione più sorprendenti alle quali il sottoscritto e la sua discendente abbiano mai assistito. La favola degli gnomi come vicini di casa, anzi di stanza, uno dei temi più sfruttati dalla letteratura per l’infanzia che pur nella loro dimensione ridotta hanno sentimenti ed emozioni extralarge. E nell’anno del ritorno dei Puffi, ecco questo sì lo conosco anche io, da oriente arriva un punto di vista alternativo sulle creature antropomorfe più piccole che si possano immaginare. La famiglia a cui appartiene Arrietty è umana al 100% e vive esattamente come una qualunque famiglia costretta ad arrangiarsi perché di natura gnomica. Costretta a una sorta di esproprio delle cose più piccole, spesso cose di minima importanza dei giganti che abitano la villa che sovrasta il loro mini-appartamento, il padre trascorre le sue ore lavorative in continua spedizione, turni rigorosamente di notte, a spasso tra cose più grandi di lui alla ricerca dei generi necessari, e per fortuna i suoi congiunti si accontentano di poco. In questo scarto di proporzioni, Arriety non riesce a sottrarsi ai sentimenti di amicizia verso il ragazzo malato e costretto a una clausura forzata pre-operatoria proprio in quella villa di campagna. Ma nelle leggi della natura non è concepito un rapporto alla pari tra specie diverse, essere grandi e grossi impone l’istinto della dominazione. Un film perfetto per chi ama contornarsi di miniature, sbirciare nelle case delle bambole, costruire plastici in scala ridotta. Tratta da un mondo dove un gatto è più che un dinosauro, un corvo è un temibile predatore e una cavalletta equivale a un nostro equino adulto, Arrietty è un storia in grado di lasciare a bocca aperta adulti e bambini, un viaggio in una dimensione sotto i dieci centimetri per tornare ad essere piccini piccini e meravigliarsi di tutto quello che, visto da laggiù, può essere di nuovo una grande scoperta.