camerieri d’europa

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Il piombo come causa della caduta dell’Impero Romano, che è un po’ la madre di tutti i complotti, non è nulla in confronto a ciò che ha fiaccato il popolo italiano in alcuni anni cruciali della sua storia, ovvero il periodo a cavallo tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80. Altro che terrorismo, gruppi neofascisti, legami tra stato e mafia, P2 o gladio e stragi di stato, Io che sono uno dei più importanti studiosi dell’argomento, mica cazzi, posso dimostrarvi che una delle cause principali che ci ha ridotto così va tutta identificata nelle hit parade e nelle classifiche dei dischi più venduti di allora. Non ci credete? Volete qualche esempio?

Nel 1978, nel pieno del caos, tra autonomia ed estrema sinistra da una parte e infiltrati neofascisti sparatutto, tra manifestazioni contro la repressione e Brigate Rosse al top in un tripudio di sampietrini e proiettili volanti, ecco che in Italia canti di protesta come Heidi di Elisabetta Viviani, UFO Robot interpretata dagli Actarus e altre pietre miliari come Tarzan lo fa di Nino Manfredi o Furia soldato di Mal fanno scendere Miss you dei Rolling Stones al 54esimo posto. Non ho dubbi che le canzoncine per bambini siano state importanti per la nostra crescita, ma che abbiamo venduto così tanto lo trovo inconcepibile.

Nel 1979 ci fu una sorta di apoteosi, una vera e propria escalation e io me lo ricordo bene. Senza tirare in ballo tutto il post punk che si stava producendo in Inghilterra, nell’anno di successi comunque dignitosissimi del calibro di Pop Muzik degli M, Don’t stop till you get enough di Michael Jackson, il celeberrimo Breakfast in America dei Supertramp o, per rimanere in Italia, un bel pezzo come Milano e Vincenzo di Alberto Fortis, tra i primi sei posti troviamo Tu sei l’unica donna per me di Alan Sorrenti, Soli di Adriano Celentano, Pensami di Julio IglesiasSuper superman di Miguel Bosè.

Il 1980, pur registrando alcune anomalie come Don’t stand so close to me dei Police al 20esimo posto e addirittura una sorprendente Many kisses dei Krisma al 23esimo, un’eccellenza della nostra canzone come La puntura di Pippo Franco viene prima di Could you be loved di Bob Marley, la futuristica Moscov discow dei Telex, Call me di Blondie e persino l’onnipresente Whatever you want degli Status Quo. In vetta c’è si Video killed the radio star dei The Buggles, ma ecco che al quinto posto la presenza di Remi (le sue avventure) dei I Ragazzi di Remi che stacca di sei posizioni Another brick in the wall dei Pink Floyd e di otto My Sharona dei The Knack ha dello straordinario e non ho dubbi che abbia dato il colpo di grazia alla chiusura del decennio.

E il 1981 non è stato da meno. La triplete Sarà perché ti amo dei Ricchi e Poveri, Gioca jouer di Claudio Cecchetto e Maledetta primavera di Loretta Goggi si piazza sopra Tunnel of love dei Dire Straits, mentre altri capolavori come Sharazan di Al Bano & Romina Power, Semplice di Gianni Togni, Malinconia di Riccardo Fogli, Cicale di Heather Parisi, Chi fermerà la musica dei Pooh e l’immancabile sigla Anna dai capelli rossi dei Ragazzi dai capelli rossi risultano più meritori di Every little thing she does is magic dei Police, la bellissima Per Elisa di Alice, un successone commerciale come In the air tonight di Phil Collins o (Just like) Starting over di John Lennon. E ancora Start me up dei Rolling Stones, in posizione numero 55, risulta più bassa in classifica di Ti rockerò ancora di Heather Parisi, Daniela di Christian e Cervo a primavera di Riccardo Cocciante.

Termino il mio futile excursus con il 1982, che con la vittoria dell’Italia ai mondiali ha chiuso un’epoca ma non ha, purtroppo, interrotto la produzione di musica di merda che, vi ricordo, è una componente fondamentale della nostra cultura e sono certo non ce ne libereremo mai. L’anno di Tardelli e di Zoff lo ricordiamo principalmente per Avrai di Claudio Baglioni e Il Ballo del qua qua di Romina Power rispettivamente al quinto e sesto posto, quando Da da da dei Trio è al 22esimo, Wordy rappinghood delle Tom Tom Club è al 34, More than this dei Roxy Music in posizione 77 e uno dei tormentoni dell’estate, Carbonara degli Spliff, 87esima.

Ecco, quest’ultimo pezzo sintetizza con il suo testo quello che abbiamo rappresentato per il resto del mondo in quegli anni, il paese dei limoni, le Brigade Rosse e la Mafia che cacciano sulla strada del sol (che poi chissà che cosa volevano dirci ‘sti tedeschi), la distruzione della lira e i gelati Motta con brio, persino tecco mecco con ragazza ecco la mamma de amore mio, un sentimento grandioso per Italia baciato da sole calda, ma borsellino e vuoto totale percio mangio sempre solo spaghetti carbonara e una Coca Cola. Vedete, prendevamo in giro i tedeschi per i sandali con i calzini e gli accostamenti alimentari, ma noi, con i gusti che abbiamo in fatto di musica, dove pensavamo di andare?

sei degli anni sessanta se ti lamenti che alle elementari sprecavi il tempo a imparare Bella Ciao

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Sei nato negli anni sessanta se ti lamenti che alle elementari sprecavi il tempo a imparare Bella Ciao e ad ascoltare racconti e agiografie sui partigiani anziché imparare l’informatica o a stare al mondo. Premesso che ho molti amici nati negli anni sessanta, se non altro perché si tratta di una generazione a cui appartengo anche io, non è la prima volta che sento persone lamentarsi su questa lunghezza d’onda come se nel 73 ci fossero già stati i personal computer o se far fronte alle complessità degli anni di piombo fosse di analogo impegno di far fronte agli anni di grillo. Roba che fa rabbrividire anche i più moderati come il sottoscritto.

Ma la sostanza non cambia. C’è chi vorrebbe aver avuto una migliore preparazione sulle lingue straniere, inglese in primis, roba che le maestre di un tempo non si filavano nemmeno di striscio, già era un successo quando non parlavano in dialetto. C’è chi anche avrebbe voluto meno Sumeri e più Educazione Civica, qualche ora in meno di storia antica e un po’ di spiegazioni in più su come ci si comporta con la cosa pubblica, come funziona una democrazia rappresentativa, perché è importante partecipare alla vita politica, un bagaglio nozionistico utile anche a casa per rieducare genitori e nonni che ai tempi del maestro unico erano dei bei zucconi ma mai come adesso. Comunque non siamo in pochi noi che portiamo vivido il ricordo dei canti della Resistenza forse – e giustamente, lasciatemelo dire – più presenti nell’orario dell’insegnamento della religione stessa.

Non so, ma per me è stata una bellissima esperienza che a quarant’anni di distanza rimpiango più di altre. Così, quando sento lamentarsi qualcuno, come mi è successo qualche giorno fa, proprio dell’eccessiva attenzione che ai tempi si dava alla nostra storia recente rimango basito da cotanta trivialità. Che è chiaro che sotto sotto poi sono gli stessi che se gli chiedi spiegazioni attaccano con la solfa del sessantotto, dell’egemonia culturale della sinistra, delle maestre comuniste nella sperimentazione didattica, dei libri di storia e che due coglioni. Primo: se a destra non avete studiato per diventare insegnanti sono fatti vostri. Secondo: cosa avrebbe dovuto fare, la scuola italiana? Insegnare anche i canti fascisti da intonare a testa all’ingiù a Piazzale Loreto? Ma fatemi il piacere.

C’era un altro tizio, infine, un collega di tanti anni or sono che aveva addirittura avuto un rigurgito da troppa ingerenza come accade a quelli che studiano troppo dalle suore. Avete presente, vero? Era uno che era stato talmente indottrinato sui partigiani che alla fine aveva sbroccato, ai tempi non votava nemmeno e chissà, oggi anche lui è un fan dell’antipolitica. So che per voi che siete cresciuti quando Berlusconi era già uno statista è difficile da immaginare, ma quando gli anni della guerra ancora si percepivano sulla pelle della gente era tutto diverso. Non so dire se meglio o peggio, o meglio, so che è meglio ma è meglio che non lo dica.

fuocherello

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“Qualcuno prima o poi inizierà a sparare”, con la variante “sarebbe il caso che qualcuno cominciasse a farlo” è un inquietante sfogo che mi è già capitato di sentire qualche volta, negli ultimi mesi e da persone diverse, anche eterogenee tra di loro in quanto a cultura, estrazione sociale, età. Non tante eh, per fortuna, ma un numero sufficiente a formare un piccolo gruppuscolo di guerriglia urbana. La cosa preoccupante è che si tratta di persone adulte, che probabilmente, come me, per motivi anagrafici hanno attraversato da spettatori gli anni della lotta armata. E siccome io ho fatto incubi a non finire, ai tempi, per via dei telegiornali che trasmettevano a non finire le foto o gli identikit dei terroristi, non so se mi piacerebbe ripassare in mezzo agli anni di piombo, questa volta da adulto, e spiegare a mia figlia che cosa sta succedendo intorno a lei e quali possono essere i rischi anche per la gente comune. Infatti è lo sparare nel mucchio che mi atterrisce, ma credo chi sostiene che sia un bene usare le armi per risolvere alcune delle questioni più urgenti intenda, prima, prendere bene la mira. In tal caso, ehm…

non si esce vivi dagli anni 70

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Nel giro di un paio di giorni si riaprono i casi di due tra i tanti misteri mai risolti, e che probabilmente rimarranno tali, della seconda guerra civile italiana del secolo breve, nel pieno della notte della repubblica. Anni settanta o giù di lì. L’articolo di Repubblica, pubblicato ieri, sull’omicidio di Valerio Verbano e quello del Corriere di oggi su Fausto Tinelli e Iaio Iannucci. Dalla estrema destra ai Servizi Segreti il passo è breve.

be-bop-a-Lula

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