non più di 640 MB di spazio (al massimo 700)

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Il mercato dell’editoria digitale è molto esigente in fatto di nomi ed è per questo che in Italia ci sono almeno 100 aziende che hanno il suffisso o prefisso “media” nella loro ragione sociale e io vi assicuro che le ho girate tutte o per lo meno ci ho provato. Immedia, Ipermedia, Intermedia, Informedia, Digimedia, un’omologazione lessicale che mi ricorda quando ci si scervellava per trovare il nome alle band, e chi come me si dilettava di elettronica ci teneva a voler trovare un nome composto con la parola “techno” anche se tutti me lo bocciavano perché dava un’impronta di genere fin troppo definita.

COmunque uso Altavista come motore di ricerca e trovo diverse software house a Milano che curiosamente hanno tutte un nome simile, e scrivendo l’indirizzo sulla busta che contiene il curriculum faccio fatica a non fare confusione. Qualche copia stampata l’ho consegnata a mano durante SMAU che però, anno dopo anno, si sta trasformando sempre più in un circo delle compagnie telefoniche. Mi sono lasciato prendere dal fatto che la settimana scorsa ho provato a chiamare una di queste agenzie per chiedere informazioni e una centralinista mi ha invitato subito a fare due chiacchiere. Il capo si chiama Rosario e sua moglie passa il tempo con lui in ufficio perché ha partorito da poco e siccome lui non può assentarsi dal business lei allatta in sala riunioni. Hanno già un ragazzo genovese che collabora con loro ma in modo molto naif. Lui è una specie di musicista e si trova a Milano per il servizio civile, così arrotonda componendo colonne sonore per CD rom. Abbiamo qualche amico in comune e lo ricordo perché usa ritagli di riviste porno per le copertine dei cd copiati degli Afterhours.

La corsa a chi offre uno stipendio più alto a chi si intende di queste cose nuove prima o poi arriverà a un traguardo, ma i più credono che in realtà si sia trattato di una falsa partenza. Gli impiegati di Virgilio saranno i primi a scioperare tra qualche anno a causa della puzza di tagli. Qui invece va ancora tutto a gonfie vele e non c’è un giornale in edicola che non esca ogni santo giorno con un CD rom allegato, di qualunque tipo. Un paio di miei ex colleghi si sono inventati persino una specie di videogioco di quelli in cui spari in soggettiva, ma al posto dei guerrieri da abbattere ci sono figure femminili da fecondare ed è facile immaginare che cosa ci sia, rivolto verso di loro, al posto della canna della pistola.

che cosa ci insegnano le metafore degli anni 90

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Ieri pomeriggio mi sentivo così:

certo, un po’ meno figo, ma l’approccio alla vita da seguire ogni tanto è che qualcuno a spallate fa piacere anche prenderlo. Un metodo un po’ fascista perché il buon Richard Ashcroft in quel video non risparmia nessuno. Vecchiette, ragazze, afroamericani, e sapete come vanno le cose di questi tempi. Un tempo ci sarebbe bastata quella giacca di pelle e quella densità di capigliatura, e con così tanta sfrontatezza di certo ce ne saremmo fottuti dei passanti e ci saremmo dedicati a ben altri tipi di scontri tra corpi umani. E se ci riflettete “Bitter Sweet Symphony” è un brano che è ricco di ben altri rimandi e allegorie. Intanto, se vi ricordate, i The Verve hanno avuto una vita lunghissima ma molto travagliata per varie storie come si può leggere qui, ma con pochi riscontri senza contare che poi, raggiunto il successo mondiale con Urban Hymns che li ha resi celebri in lungo e in largo, sono più o meno spariti dalle classifiche. Quindi il buon Richard c’ha poco da fare il gasato per Hoxton Street.

Poi c’è la faccenda dei diritti d’autore. La sviolinata in loop che si sente per tutto il pezzo – che ricordiamo è un unico perpetuo ritornello – è un campionamento della canzone dei Rolling Stones The Last Time nella versione della The Andrew Oldham Orchestra (trovate tutta la storia qui). La morale è che fai un pezzo della madonna e poi per un capriccio estetico decidi di metterci un sample di un brano dei Rolling Stones e finisce che tutti i diritti vanno a loro e anche se balzi in cima alle classifiche e conquisti la fama imperitura e mondiale di soldi ne becchi una misera parte rispetto a quelli che meriteresti. La metafora è che quindi nella vita è meglio fare meno i cazzoni e portare a termine le cose come si deve. Finisce che fuori dal video il primo che spintoni e che si è svegliato male ti prende a sganassoni su quella faccia da inglese che ti ritrovi.

Così, alla fine, se le expectations sono quelle di vivere in un brano dei The Verve, la reality – sempre anni 90 – è apparire al prossimo come un balletto su un pezzo di Fatboy Slim.

palestre di vita

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Il primo vero giro di boa è quando Alfio si convince che è arrivato il momento di tenersi in forma ma entrambi sappiamo che si tratta di un condizionamento sociale perché è il mondo stesso che ha cambiato completamente direzione. Ma anche se ci dotiamo dell’abbigliamento tecnico più a buon prezzo che troviamo è evidente che il fitness è anche una questione di testa e noi, la testa, ce l’abbiamo occupata da ben altri crucci. Uno dei finanzieri che frequenta la palestra nel nostro stesso orario è convinto che quando nella mente c’è troppo casino e che quando camminando ci si rende conto che le gambe stanno portando il peso della stessa persona da troppo tempo, quello è il momento per aprire un libro e mettersi a leggere. In un solo colpo sfata una molteplicità di miti: che la filosofia non è ostile alle forze armate, che la sensibilità non è una prerogativa delle persone intellettuali, che non è detto che tra uomini non ci sia spazio per riflessioni profonde. Resta però integro quello dei militari e para-tali che vogliono diventare grossi. Alfio vuole andare a fondo e aggiunge che c’è una dose a volte insormontabile di fatica insita nei tentativi di miglioramento del sé e, soprattutto, ci si migliora per cosa? Io non gli do retta perché alla radio della palestra stanno trasmettendo un reggae in dialetto veneto e questo è il segnale che siamo usciti fuori dal rigore estetico del decennio precedente. Le cose sono cambiate a ogni livello, come quando ci si getta tra le braccia dell’opposto della persona con cui ci siamo sentiti soffocare per secoli. Ora si fa tutto il contrario di prima, bisogna essere trasandati e attenti alle tradizioni locali da mescolare alla modernità, i vecchi e le radici possono tornarci utili in un momento storico in cui si inizia a percepire l’odore di sconfitta di un sistema spavaldo che fa acqua da tutte le parti.

gli amici si vedono nel momento del bis

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Non so se avete letto qualche giorno fa le dichiarazioni del bassista dei Rage Against the Machine che si è dispiaciuto di aver ispirato musica di merda ad artisti e band successive, riferendosi ai Limp Bizkit che davvero ho fatto fatica a ricordare chi fossero, tanto erano una nullità. Un gesto di una nobiltà fuori dal comune perché quando sei in una posizione del genere, in cui ci sono stati persino casi di gente che si suicida, inizia a drogarsi, spara ad altre persone, fa gesti epocali e altre amene tragedie, non sai mai le conseguenze che possono avere le cose che dici e le cose che fai. Certe influenze sul prossimo sono difficili da prevedere e se sei un nessuno il problema non sussiste, se muovi masse con il tuo carisma qualche dubbio devi fartelo venire. Hai messo a ferro e fuoco la musica nel 92 e qualche anno più tardi i primi bulletti con chitarra cappellino e skate ti prendono a modello? La tua responsabilità è più che limitata. Encomiabile comunque il fatto che al mondo ci sia ancora qualcuno, come il bassista dei Rage, che riconosca i propri errori. Quando ti accorgi di aver fatto una cazzata, e lo puoi generalmente sapere solo dopo, la fatica maggiore non è ammetterlo con se stessi. Nemmeno con le persone che sai che non ti perdoneranno. Piuttosto, è davvero complicato confidarsi con gli amici che ti capiscono. Avete anche voi, suppongo, qualcuno che vi vuole così bene da essere fin troppo indulgente. Generalmente sono gli stessi che vi conoscono così approfonditamente che quando gli chiedete consiglio e ti dicono di fare in un modo e poi voi fate nell’altro poi non ti rinfacciano mai che loro te lo avevano detto prima. Ma tornare da questi amici, che poi sono i veri amici, con la coda tra le gambe è davvero umiliante, molto più di ispirare musica di merda.

l’eterna lotta tra il bene e il meglio

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Guido parla delle sue fidanzate come se si trattasse di modelli enduro, d’altronde era già un motociclista prima di imparare il basso e di mettersi a strimpellare altri strumenti musicali. Dice che Patrizia, oltre ad avere un miglior assetto di Anna, gli garantisce prestazioni di ben altro livello. Anna è quella che l’ha mollato ma, prima di farlo, gli aveva più volte dimostrato di avere una visione piuttosto aperta della coppia. Non la biasimo, io con un appassionato di due ruote che mi fa provare quel genere di scomodità non mi ci metterei manco morto. Ma il tono dei commenti negli ambienti maschili è piuttosto in linea con quelli di Guido. Anna, con la sua vocina e il suo stile così poco appariscente, è sempre stata considerata una outsider nelle competizioni ormonali e fino ad un certo punto della loro storia per Guido ha costituito un motivo di vanto, un qualcosa da sfoggiare con orgoglio in tutte le occasioni della sua sfera pubblica. Di Patrizia, da quel punto di vista, nell’ambiente si dice che molto più dozzinale ma in effetti ha degli optional – sempre per dirla alla enduro – che non passano inosservati. Uno del giro l’ha vista a capodanno con quel vestito striminzito entrare in bagno, tirarlo su, abbassare gli slip e sedersi sulla tazza per un’operazione di routine il tutto con la porta aperta, e assicura che lo spettacolo è stato piuttosto appagante. Anna invece ha il fascino della ragazza fatale, quella che se ne fotte di tutto e di tutti, libera di spedire a quel paese Guido dopo l’ennesima recriminazione di gelosia e siamo sicuri che di Patrizia, anche se è una che quando passa ci sono maschi che si girano a scrutarne le forme, Guido non sarà mai geloso. Ma a Anna non sono mai piaciuti certi comportamenti da spaccone di Guido. Lei si trastulla con le tastiere elettroniche, e una volta Guido le ha nascosto nel drive dei floppy disk del suo synth un bel pezzettone di fumo, roba da rischiare di scatenare l’entusiasmo anche del meno zelante dei cani antidroga. Un’altra, e c’era pure l’articolo sul giornale, ha fatto un dispetto a un vigile urbano sottraendogli il casco di ordinanza lasciato sulla moto mentre l’agente stava multando l’organizzatore di non ricordo che festival per aver esagerato con il casino. Musica a tutto volume, gente per strada con bicchieri di vetro pieni di birra, i soliti schiamazzi e la solita gente che il giorno dopo deve alzarsi alle sei per andare al lavoro. Il casco Guido non se l’è nemmeno portato a casa, l’ha gettato di nascosto nel bidone della raccolta delle bottiglie ma quando poi è andato lì per riprenderselo il cimelio era già sparito e nessuno sa chi se l’è portato a casa.

novantasetta

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Stavo ballando non so che pezzo dei RATM – probabilmente il classicone che ti incita a fuck you, I won’t do what you tell me – quando arrivò Benedetta tutta trafelata – poi la finisco con gli incisi, ma era la stessa Benedetta che noi chiamavamo Bettina per i trascorsi craxiani del padre, trascorso negativi ovviamente in una città che aveva visto i primi vagiti di quel tracollo che poi il PSI imbarcò a furia di martelli e marzotto e che portò alla fine della prima repubblica per metterci poi nelle mani di sua maestà – Benedetta dicevo a dirci che aveva sentito la notizia che Cobain si era piantato un pallettone di fucile da qualche parte in testa e no, non ricorre oggi il ventennale della morte quindi state fermi e non correte su Wikipedia a controllare, è già stato ed era maggio e forse ne abbiamo parlato anche su queste pagine. Solo che quando si suicida uno di cui ti sei fidato anche se in questo caso era come fidarsi del medico che ti somministra la giusta quantità di sonniferi per addormentarsi per sempre, in questi casi vi dicevo si resta come sgomenti, è una specie di 8 settembre della vita con tutti disorientati, un tutti a casa dove non c’è più nessuno a darti gli ordini e non si sa davvero come comportarsi. È il caso di continuare sulla stessa linea? Bisogna eleggere un nuovo comandante o aspettare che dall’alto comunque vengano impartiti degli ordini? E non parlo solo di Dave e Krist, cristo. Cazzo se professi l’autodistruzione e spacco tutto dentro di te, per non parlare di tutti gli ampli che hai fatto fuori in concerto, poi devi mettere in conto il fatto che almeno uno che porta avanti la leadership dell’annullamento del sé deve rimanere vivo, no? Altrimenti la setta di chi non si vuole bene si esaurisce in tre due uno secondi e allora dove sta tutto il merito commerciale? Non venite a dirmi che l’esposizione a MTV non ti rende comunque pop anche se sei grungio inside e outside. Voglio dire, i Clash non sono mai andati a Total Request Live e nemmeno sono passati per Video Sing-a-song, annunciati da quell’efebo di Sandy Marton. E non fatemi ricordare la fine che ha fatto Joe Strummer.