Siamo giunti al culmine della civiltà dell’abbreviazione, ora la crisi pervaderà anche questo aspetto del presente e, raggiunto il fallimento, potremmo ripartire dedicando il giusto tempo necessario a ogni cosa. Vezzi quali gli acronimi, i tiny url e lo stile di scrittura da codice fiscale più di così non possono essere ridotti, a meno di non assegnare a una cifra alfanumerica ogni parola ed esprimerci in una sorta di linguaggio crittografato, ma la vedo dura, troppo sforzo mnemonico per la nostra fase involutiva. Ci vedete a dire cose tipo as345yy per chiedere al tavolo a fianco nel bar se il petto di pollo è altrettanto congelato al centro come il nostro o, per rimanere nell’ambito della comunicazione scritta, accennare solo i suoni principali della parola per indicare la parola stessa, immagino già i fraintendimenti. Ma poi a quale pro? Velocizzare tutto per anticipare i tempi come se quello che sta per succedere dopo fosse un qualcosa di terribilmente eclatante, la svolta del secolo e invece non è affatto così, è un altro presente come quello appena archiviato, alla fine se ne vivranno tantissimi, più che in ogni altra epoca, ma la qualità rimarrà invariata e la quantità resterà in un cloud indefinito per i posteri che nel frattempo avranno chissà quale sistema operativo e il cloud sarà abbandonato nello spazio, come un satellite rotto che costa troppo riportarlo sulla terra e smaltirlo o, per fare un esempio conosciuto, come una batteria dell’automobile lasciata in un parcheggio di notte. State tutti tranquilli, non succede mai niente, non vi perderete nulla a rallentare un po’. Ricomponete le vostre parole, ridate loro le vocali e le consonanti che gli spettano, ma rimettetele al posto giusto, mi raccomando.
abbreviazioni
nomi e no
StandardAll’uscita da scuola è tutto un fiorire di parenti di primo grado che, richiamando l’attenzione del bambino/a di loro pertinenza, ostentano abbreviazioni. Ceci che sta per Cecilia, Leti sta per Letizia. Poi Fede, inconfondibile, e Matte, piuttosto che perdersi il fascino di una tenera abbreviazione c’è chi è disposto a tagliare anche solo la o finale. Addirittura troviamo un Orli, ovvero Orlando. La Franci, l’Ale, la Dani e il Tommy, ci odiano ovunque l’uso degli articoli determinativi a determinare i nomi propri, una formula vincente che è la morte sua del nomignolo. Degni di nota anche Desi, che è quasi meglio di Desiree, e Miscia che è un po’ vergognarsi di aver chiamato, in provincia di Milano, una figlia Michelle. Così sono nate le Brigate Bisillabe, un facinoroso movimento di estremisti della laconicità e nemici dell’eccesso di confidenza. Ines, Elsa, Irma, Enea, Nora, Bianca, Chiara, Ada, Anna, Livio, Tina, Ida, Elvio, Ugo, Lara, Sara, Dora, Elio, Olmo, Igor, Emma, Rosa, Gaia, Gae, Nina, Elia, Iago, Erio. Provate ad abbreviarci questi.