cercate di non dare nell’occhio se non potete permettervelo

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Posso darvi un consiglio? Ricordatevi di non acquistare capi di abbigliamento troppo originali. Il motivo è semplice: se vi vestite con indumenti che lasciano il segno dovreste averne una bella scorta da alternare il più spesso possibile, perché altrimenti tutti se ne ricordano e se li mettete con continuità fate la figura di chi non si può permettere un ricambio adeguato. Questo lo so bene perché io sono uno di quelli che non si può permettere un ricambio adeguato ma, non per distrarvi dal focus sulla condizione di classe medio-bassa a cui io come voi sono stato tesserato sin da prima di nascere, a mia parziale discolpa posso aggiungere che non mi piace mai niente. Possiedo una maglietta nera con un’illustrazione di Pong (avete presente, vero?) che attira molto l’attenzione di tutti, e visto che ce l’ho sempre addosso (con il caldo è bene cambiarsi con una certa continuità) non avendo a disposizione un guardaroba ricco la frequenza con cui il suo turno si ripropone è sempre più ravvicinata.

Un fattore che può incrociarsi con altri eventi ricorrenti, tanto che mi capita di partecipare a un’iniziativa che si ripete con cadenza annuale nello stesso periodo e le possibilità di presentarmi vestito con la maglietta di Pong come l’anno prima e come l’anno precedente e come quello prima ancora sono altissime. Magari non tutti se lo ricordano, ma qualcuno che viene lì a dirti ogni volta che Pong era il su videogioco preferito lo si trova sempre, e forse la reiterazione del complimento è una sottile trollata a scapito della mia povertà. Ogni mattina, per farvi un altro esempio, vedo lo stesso agente immobiliare sulla stessa carrozza dello stesso treno (questo è un altro discorso da sviscerare a parte) vestito sempre con lo stesso completo blu elettrico composto da giacca, pantaloni e cravatta che non passano inosservati. Forse si tratta della divisa della sua agenzia oppure ha più capi dello stesso modello. A me succede spesso di acquistare più pezzi dello stesso colore quando una cosa mi piace, so che mi piacerà per sempre e magari la trovo in svendita. Di magliette di Pong, però, ne ho solo una ma, malgrado i frequenti lavaggi, la stampa non ne risente.

L’agente immobiliare è invece di origine albanese ma l’ho scoperto solo perché una volta ha dato utilissimi consigli a un collega sulle località balneari del suo paese di origine. Per il resto non si direbbe. Parla un italiano perfetto e il completo blu elettrico non so a cosa ricondurlo. Si lamenta anche delle tasse in Italia e sostiene che dovremmo ribellarci come hanno fatto gli altri paesi. Penso di chiedergli, prima o poi, a quali popoli si riferisca. Comunque so per certo che io come lui che tutti i giorni indossiamo la stessa roba diamo adito a pregiudizi, soprattutto a Milano dove la gente spende e spande per essere alla moda. Probabilmente io e l’agente immobiliare tutto blu abbiamo la stessa idea di ricchezza che non è identificabile nei vestiti che portiamo, ma non so se questo aspetto di me si percepisca all’esterno. In casa, per esempio, non so che valori ho trasmesso. Sono consapevole che il danaro non dia la felicità, ma forse soffro proprio per il contrario. Ieri sera a cena mia figlia mi ha confidato che non le spiacerebbe essere triste in una villazza a Miami con una Ferrari parcheggiata nel box, un’uscita alla quale sia mia moglie che il sottoscritto siamo trasecolati. Giusto il tempo per rimanere sgomenti per poi capire che stava scherzando, almeno così ci ha rassicurato. Così mi sono chiesto quante magliette con messaggi forti dovrei possedere per non sembrare un poveraccio, o forse la soluzione è nelle t-shirt a tinta unita, al Decathlon te le tirano dietro.

nati con la camicia

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Non è che uno può cominciare a vestirsi business così, da un giorno all’altro. Il business lo hai dentro e qualunque cosa tu metta sopra quella scorza frutto di millenni di evoluzione per trasudare business, se il business non fa parte della tua natura il corto circuito è fatale. Ora guardati allo specchio. Sei business già nela forma del cranio e, nolente o volente, nel taglio e nell’acconciatura dei capelli. Sei molto business se sei pelato, ma lo se ancora di più se hai il ciuffo di quel grigio chiaro e uniforme che viene solo alle personalità business, sopra ciglia che una volta erano bionde e occhi rigorosamente non marroni. Che banalità. Tutto il resto non è business comunque. Basta una pettinatura corta e la barba di quelle che crescono male, anche uniformemente ma con il pelo che resta perpendicolare alla faccia e sembri un anziano poco di buono dei cartoni animati, anche se hai quarant’anni. E ci sono pure le spalle, il torace, l’addome, i glutei e persino le cosce business, tutte componenti che dentro un abito business lo riempiono e ne completano i volumi. Infatti non è che tutte le persone che ostentano la propria “businessness” sono realmente business, non è che hai i soldi entri alla Coin, ti metti un vestito di sartoria a quattro cifre e puoi considerarti business. La pancia davanti, le gambe storte, la schiena curva, sono cose che è difficile da nascondere ma tra persone business ci si passa sopra, non sarebbe infatti business se non ci fossero di mezzo i soldi e il potere d’acquisto. Se i soldi non ce li hai sei fuori dai giochi. Puoi anche provarti lo stesso Hugo Boss che è in esposizione sul manichino ma ancor prima di pensare a quanto cazzo costa ti spogli nel camerino e i vestiti vecchi che appoggi sulla panchetta sembrano un cumulo di cenci prossimi al falò. Allora ti si sgonfia una parte dell’insieme, una componente di quelle che dicevo prima e che generano i giusti volumi per cui sei fiero di aver usato la carta di credito – spalle, torace, addome, glutei e persino cosce – e magari noti l’alluce valgo che spunta e fa capolino insaccato nel tubolare di spugna dal fondo dei pantaloni canna di fucile abbondanti sui piedi, che dovrai chiedere a tua madre o a tua suocera per l’orlo, mentre da ragazzo chiedevi alla zia o alla nonna. Ecco, questo per dire che il quadro non è business, proprio per un cazzo.

Quello è il punto di rottura, tanto che alla fine ti focalizzi sul tuo orgoglio casual business, che non è business è può dare adito a tante interpretazioni quante sono le individualità del nostro tempo. Anche le Geox, anche Robe di Kappa negli stock che finiscono nei reparti abbigliamento della Coop, anche i Rica Lewis, per intenderci. Tutto. Casual business è business di risulta. Meno dell’entry level, quasi una sottomarca. Casual business alla tua maniera, perché non hai mai posseduto una Lacoste in vita tua. Nonostante ciò, nulla può demolire la tua certezza casual business, nemmeno la partecipazione a una cena di business puri con tanto di business ineleganti e di informalmente business. Una cena di lavoro, se no che business sarebbe, ripeto. Una cena in cui ti chiamano a rilasciare la tua dichiarazione su un podio al microfono, e il presentatore osservandoti in maniche arrotolate di camicia per il caldo e senza cravatta sottolinea il fatto che tu rappresenti il tuo business in modo molto molto informale. L’asta del microfono poi è molto bassa, e la curva casual business della tua schiena non dev’essere un bello spettacolo, come la voce che, parlando così velocemente, non sarà arrivata comprensiva a nessuno. Così, mentre torni al tuo posto ancora casual business e prima di ritornare clamorosamente anonimo, pensi a tutti i posti in cui sarebbe meglio essere. Senza vestiti. Tenendo conto però che anche gli aborigeni, nella loro nudità, a modo loro alcuni di essi sanno essere molto business.