Nei punti vendita di una rinomata e very very trendy catena italiana (vietato usare il termine franchising, pussa via) di gelaterie, che comunque, i puristi dell’alimentazione slow food mi perdonino – ops, ma questa catena fa parte dello slow food? allora non ci capisco più niente, ci si può andare o no? – fa dei gelati che spaccano, è facile riconoscere il personale in fase di tirocinio. Sul loro grembiule, che si distingue dagli altri, si legge a caratteri cubitali, ma con un font scelto appositamente a sdrammatizzare, “conista in training”. Una specie di P di principiante, ma che suona quasi come una lettera scarlatta di condanna. E che trasmette un chiaro e facile messaggio alla clientela: se un addetto non allinea secondo le guideline aziendali i due gusti ammessi nel cono da due e cinquanta, o ti schizza addosso la cannella durante l’operazione di stesura del velo sulla copertura di panna della granita, puoi dare un’occhiata all’avviso sul suo grembiule e controllare il suo status. Dipendente o stageur? Non sia mai, non è bello per nessuno fare una figura da gelataio davanti a tutti.
comunicazzione
mettiti di profilo
StandardLe aziende sono leader nel proprio settore, innovatrici per tradizione, talvolta giovani, dinamiche e creative, sempre più orientate alla ricerca e allo sviluppo, e al servizio dei propri clienti in modo proattivo. Operano tutte a 360 gradi e hanno una vision e una mission, se non una filosofia. Sono state le prime a ottenere una certificazione isovattelapesca, hanno un approccio con i clienti che va oltre quello di fornitore, sempre più identificabile come consulenza se non come partnership vera e propria. Sono nate da una geniale intuizione del loro fondatore e ancora oggi operano con quello stesso spirito, e il loro brand è un esempio di made in Italy nel mondo. Si distinguono comunque sul mercato italiano per la capacità di fornire soluzioni chiavi in mano con un occhio di riguardo alla qualità, forti di una strategia basata su competenza e professionalità, sull’offerta integrata di servizi, nonché sulla capacità di operare in vari scenari grazie a un’ampia e consolidata esperienza, maturata quasi sempre sul campo. E grazie all’apporto di un team di professionisti, possono mettersi al servizio dalla fase di progetto a quella di post-vendita per rispondere alle esigenze di organizzazioni di ogni settore e dimensione. Già, ogni azienda è una realtà unica nel proprio campo.
70 anni di vita in una monouso
Standardil made in italy nel mondo
Standardquello che si dice essere sul mercato
Standardusability: un case study
Standardlavori creatini
StandardDa almeno tre anni sta al timone di progetti web come Capitan Harlock sull’Arcadia. Il mondo digitale lo frequenta da tempo immemore, sempre un passo avanti agli altri. Sui social media ha preso casa, ma non ci abita solo per usarli: li studia, li capisce, come fa con il web in genere, il mobile, la comunicazione digitale tout court.
Organizza team di lavoro, dialoga con i colleghi delle funzioni tecniche senza timore e fa rispettare le scadenze: sarà per questo che lo chiamano Mister Gantt?
Se ti riconosci in questo profilo, stiamo cercando te.
(ovviamente è tutto vero)
self-marketing: un case study
StandardNon so se avete letto, tempo fa, un mio post a proposito. Ed ecco la dimostrazione che farsi avanti ed essere paraculo è davvero un’arte, per la quale il vostro non è proprio tagliato.
corriere e repubblica, le colonne dell’informazione
Standardbolli, sempre bolli, fortissimamente bolli
StandardLavoro da manuale, manuale di lavoro, manuale da manuale? E poi, di quale bolli si tratta? L’arte di togliere i francobolli dalle buste senza strappare i dentini e far loro perdere valore? Macché, chi usa più la posta tradizionale. Qui si parla di danni alla carrozzeria delle automobili. Rimediare è un’arte. Comunicare pure.