dalla Ruzzia con amore

Standard

log on, fuck off

Standard

L’Internet che tra le tante cose è anche un gran bel modo per instaurare e tessere rapporti umani, è anche un canale in cui i suddetti rapporti nati lì o sorti altrove ma nutriti nel “cloud” a certo punto puff, svaniscono. E non c’è niente di più semplice dal momento che i fraintendimenti sono all’ordine del giorno, non c’è faccina didascalica che tenga. La parola resta, lì nera su bianco (ma anche di un qualunque colore su un qualunque colore di sfondo, siamo tutti un po’ art director di noi stessi) e ha il significato che il lettore le attribuisce come gli pare e piace. Non vi è corrispondenza biunivoca con lo scrivente, almeno non di default, dipende da millemila fattori non ultimi l’acume di chi legge, la sua capacità di mettere in relazione ciò che ha ricevuto con l’indole di chi sta comunicando, i refusi stessi. Un “non” dimenticato, come la più celebre omissione di Riccardo Silva raccontata da Saramago, e il danno è compiuto. Chiaro che se due si sono conosciuti solo attraverso il browser, la carenza di intimità visuale rende ancora tutto più difficile e l’equivoco è costantemente in agguato, è difficile sgamare uno che fa finta, anche con Firefox. Questa è, da sempre, la chiave di lettura del comportamento in rete, rapporti che per taluni, sottoscritto compreso, ormai per forza di cose costituiscono la totalità dei contatti quotidiani a parte i familiari stretti. Non so come sia per i nativi digitali. Ma per le generazioni protagoniste di questa regressione sociale, la possibilità di far sparire qualcuno spegnendo semplicemente un dispositivo rimane comunque un insuperabile potere che conserva intatta la sua aura prodigiosa.

nuove forme di colonialismo culturale

Standard

Qualcuno poi mi spiega per cortesia il fenomeno delle telenovelas sudamericane per adolescenti? Le compagne di classe di mia figlia sembrano non veder altro in tv. Ma che gli passa per la testa ai genitori?

fyi

Standard

Siamo giunti al culmine della civiltà dell’abbreviazione, ora la crisi pervaderà anche questo aspetto del presente e, raggiunto il fallimento, potremmo ripartire dedicando il giusto tempo necessario a ogni cosa. Vezzi quali gli acronimi, i tiny url e lo stile di scrittura da codice fiscale più di così non possono essere ridotti, a meno di non assegnare a una cifra alfanumerica ogni parola ed esprimerci in una sorta di linguaggio crittografato, ma la vedo dura, troppo sforzo mnemonico per la nostra fase involutiva. Ci vedete a dire cose tipo as345yy per chiedere al tavolo a fianco nel bar se il petto di pollo è altrettanto congelato al centro come il nostro o, per rimanere nell’ambito della comunicazione scritta, accennare solo i suoni principali della parola per indicare la parola stessa, immagino già i fraintendimenti. Ma poi a quale pro? Velocizzare tutto per anticipare i tempi come se quello che sta per succedere dopo fosse un qualcosa di terribilmente eclatante, la svolta del secolo e invece non è affatto così, è un altro presente come quello appena archiviato, alla fine se ne vivranno tantissimi, più che in ogni altra epoca, ma la qualità rimarrà invariata e la quantità resterà in un cloud indefinito per i posteri che nel frattempo avranno chissà quale sistema operativo e il cloud sarà abbandonato nello spazio, come un satellite rotto che costa troppo riportarlo sulla terra e smaltirlo o, per fare un esempio conosciuto, come una batteria dell’automobile lasciata in un parcheggio di notte.  State tutti tranquilli, non succede mai niente, non vi perderete nulla a rallentare un po’. Ricomponete le vostre parole, ridate loro le vocali e le consonanti che gli spettano, ma rimettetele al posto giusto, mi raccomando.

l’accento di lato

Standard

Ho scritto un po’ con l’accento sulla o, è vero, non come lo vedete ora, perché chiunque usi un computer sa che si trovano le lettere già accentate e che per mettere l’accento di lato devi fare tre mosse con la mano molto poco pratiche quando si scrive in velocità. E così è valso per altri casi. Sarei stata ignorante se avessi scritto «un apostrofo po’» non come era evidente a chiunque non fosse animato da pregiudizi faziosi, l’aver messo accenti certamente fuori posto ma dettati dalla comodità delle nuove tecnologie. Chiunque possieda un iPad può provare in questo istante a scrivere «ne» con l’accento e si troverà un «ne apostrofato». Il resto sono refusi di stampa dovuti ai programmi dei computer che tutti coloro che li usano regolarmente sanno che correggono automaticamente gli scritti facendoti incappare in facili errori.

Esilarante, come il resto della vicenda, soprattutto nel tributo alla madre professoressa malata e alla memoria del padre. In sintesi: quando sento la parola cultura, faccio tre mosse con la mano sull’iPad.

belli, che ci importa del mondo

Standard

L’ho vista distrattamente la prima volta e, chissà perché, ho pensato che fosse una foto vera. Il papa che bacia sulla bocca l’imam non mi è sembrato un atto così fuori dall’ordinario, anzi ho pensato a una citazione del celebre ritratto di Breznev che bacia sulla bocca Honecker e la cosa è finita lì. Poi ho letto di cosa si trattasse, i clamori suscitati e, per la seconda volta, non mi sono stupito più di tanto sia per l’identità dei provocatori e dei provocati che per la ragione sociale di entrambi. La storia delle “pubblicità shock” (così, in un eccesso di sopravvalutazione, vengono definite dai media) di Benetton, che prosegue da decenni e che ormai è destinata a pubblicizzare se stessa più che il marchio, questa volta è giunta a un punto di non ritorno, mirando nei punti più alti del mercato occidentale (il papa e Obama) e dando adito al consueto teatrino di sensibilità urtate. E ovviamente non è il caso di farne una questione di morale. Siamo di fronte a una sorta di gioco al rialzo, una bolla pubblicitaria che è tanto più grande quanto è mediocre la portata qualitativa del brand commercializzato e dei suoi prodotti, la comunicazione che urla se stessa in un sistema già sufficientemente saturo di postazioni iperreali nella maggior parte dei casi in carne e ossa e vestite di tuniche, come alcuni dei soggetti presi di mira. Non siete d’accordo? Cosa c’è di più allarmante della realtà stessa in questa fetta di nuovo secolo, quanto disarmante sembra l’indignazione di chi si sente bersaglio dell’arte prezzolata da produttori di mutande? Suvvia, nessuno si scandalizza più in questo batti e ribatti tra anticaglie mediatiche, i più bigotti e integralisti stessi sono oramai abituati a ben altro. Persino Oliviero Toscani.

imburrato solo da un lato

Standard

sopra la notizia

Standard

Il valore aggiunto del commento alla semplice pubblicazione della notizia “as is” impreziosisce il fatto riportato, costituisce una sorta di firma del giornalista e ne giustifica lo stipendio. Ma i commenti a voce sui video un po’ così, intendo quelli che si trovano su youtube e che vanno a popolare le colonnine delle stronzate sulle home page dei principali quotidiani nazionali, che senso hanno? Video che siamo oramai abituati a trovare e vedere in autonomia perché sufficientemente autodidascalici, non necessitano alcuna spiegazione, si capisce benissimo di cosa si tratta. Il Corriere cade sempre nella fastidiosa abitudine di aggiungere la propria interpretazione anche su notizie in cui ogni di più è superfluo nonché irritante. Naturalmente già dopo aver descritto di che si tratta nell’abstract in home, nel titolo e nell’occhiello e nel testo dell’articolo, i casi in cui il video è quindi solo un supporto multimediale a testimonianza della notizia di cui si tratta. Voglio dire, guardate questo esempio: era il caso di fare un servizio e sovrapporre la voce della giornalista a immagini così esplicative? E, soprattutto, era il caso che io ci scrivessi su un post?

Aggiornamento: su Repubblica on line, il video è nudo e crudo.

omofobia vs donnofobia

Standard

Il corriere punto it che oggi punta il dito contro la battuta omofoba di Di Pietro ieri con morboso voyeurismo ci aggiornava sui gusti sessuali della figlia di un cantante italiano utilizzando un linguaggio che nemmeno novella duemila. Non abbiamo dubbi sul perché di questo duplice modo di considerare l’omosessualità, vero?

disfunzione rettile

Standard