L’estate più profonda si distingue dalle altre stagioni e dalla porzione più light della bella stagione stessa per la facilità con cui si riconosce la musica inappropriata, quella che ti rimane appiccicata come lo schienale di una poltrona di pelle a torso nudo quando ci sono pressappoco 35 gradi e la ventola del nuovo pc rimesta l’aria calda sui tuoi piedi che non ne vogliono sapere di vincoli, infradito comprese. L’effetto di una canzone dal sapore invernale, anche solo per il suo carattere riflessivo e evocativo, è analogo alla prova di un cappotto di lana acquistato coi saldi di agosto, indossato direttamente sulla t-shirt e le bermuda, quindi se volete che non vi venga da prudere fate come me e prestate molta attenzione alle playlist. Lo so, suona un po’ come un’innaturale imposizione se anche voi siete di indole a sfumature di grigio, ma oltre le cinquanta più blasonate di questi tempi, si spera. Perché i brani invernali non è che portino freddo e sollievo, anzi ti impiantano quella coltre di nembostrati o come diavolo si chiamano a formare il tipico controsoffitto grigio milanese con quell’afa che in estate ti piglia dentro e non ti lascia più. Ma noi siamo fatti così, ci mettiamo sui canali della musica on demand e inseriamo come parole chiave le peggio cose che solo a pensarle ti fanno sudare. E non sempre si tratta di atmosfere oggettivamente respingenti, voglio dire è chiaro che ascoltare “Last Christmas” il 3 di agosto è da ricovero. Mi riferisco a tutto ciò che riguarda – almeno questo è il mio caso – quella fase dell’esistenza in cui si è in piena metamorfosi, e ci si pone le prime domande relative agli sfarfallii intestinali che si accusano quando ci parla una persona anziché un’altra, sempre che ragazzine e ragazzini vivano ancora struggimenti proto-amorosi di questo tipo. E a rivivere quegli stati d’animo a perdere che si provano a dodici o tredici anni, ora che ogni frazione di secondo la tratteniamo avidi perché è bene fare un po’ di scorta, è un bel farsi del male, no? Proprio per questo noi, che nello spleen ci sguazziamo, masochisticamente alziamo pure il volume delle casse e ci beviamo pure su una bevanda a temperatura ambiente, che fredda non abbiamo più l’età.
alti e bassi di fedeltà sonora
difficili usi, facili costumi
StandardA chi si lamenta dell’uso a sproposito dei Clash come colonna sonora di una manifestazione che con lo spirito di Joe Strummer poco ci azzecca, ma si sa che con il tempo si è più inclini a perdonare tutto a tutti e a stringersi collettivamente in un globale volemose bbene, una grande chiesa che va dalla Regina Elisabetta a Johnny Rotten passando per Malcom X e San Patrignano nonostante Mr. Bean, pensate a cosa sarebbe successo se qualcuno avesse messo come sottofondo da qualche parte “Inglan is a bitch” di Linton Kwesi Johnson. Anche solo recitata così.
jaz dove sei?
Standard“Jaz Coleman, frontman of British post-punk act Killing Joke, is allegedly missing, the Quietus reports. According to posts on the band’s Facebook page, the band pulled out of a tour with the Cult and the Mission, and now other members of the group say Coleman’s whereabouts are unknown.” (via)
questione di packaging
StandardNo ma la tweet-querelle tra Courtney Love e Lana Del Rey circa il contenitore ispiratore di “Heart-shaped box” dei Nirvana me l’ero persa, ed è piuttosto esilarante.
abbiamo scherzato
StandardUn concerto degli Offlaga Disco Pax in una sede pregna di valori come il Carroponte in una località altrettanto significativa che è Sesto San Giovanni il 28 luglio, cinque euro per il biglietto, un temporale estivo all’orizzonte con i lampi che sembrano effetto di un light designer ma poi si spostano grazie al vento. Il pubblico è quello degli Offlaga Disco Pax in una sede pregna di valori come il Carroponte eccetera eccetera, cioè basterebbe solo questo a descriverne la portata emotiva. Alcuni che si lanciano addirittura nella danza delle rarissime occasioni ritmate, i più si rincorrono a voce con i passaggi più memorabili dei racconti musicati del gruppo proprio come fosse un vero concerto rock, la parola detta scagliando il braccio verso il palco come ad accusare gli Offlaga Disco Pax di essere la causa del disagio e non i portavoce. Sul palco e sotto una generazione, quelli che hanno fatto l’esame di seconda elementare nel 1975 come chi sta scrivendo qui, che è protagonista e almeno lasciatecela, questa soddisfazione, quella di essere i primi senza futuro e a dover pagare tutto. Perché è proprio così. Hanno creato tutto un sistema educativo tale da assicurarci che c’era un insieme di cose che nessuno avrebbe dovuto mai più riconquistare, a partire da noi e per i giorni a venire. Così per una sera abbiamo fatto finta che ricordarci quello che non ci è stato mantenuto poteva essere anche divertente, con Max Collini che mette al corrente il suo pubblico delle sue angosce, che poi gliele condividiamo in pieno. La famiglia, la scuola, il partito, la società, gli amici, la musica. Ma non c’è un cazzo da ridere. Ci siamo svegliati tardi, oggi, perché ieri sera il concerto è finito a mezzanotte. Ci siamo alzati e ci siamo ricordati delle Olimpiadi. Ma le Olimpiadi non le trasmettono sulla tv pubblica. Bisogna pagare. Per seguire la più popolare manifestazione sportiva e godere dei significati che le sono propri – lo sport come bene gratuito per il corpo, per la mente, per il carattere individuale e per la comunità – bisogna pagare. La RAI ha poche ore, tutto il resto accade in differita come le cose che vediamo nei programmi di storia che sono già successe. Ci hanno detto che c’erano dei beni che potevamo dare per scontato, che ci erano stati regalati. Ma poi, chissà perché, se li sono ripresi indietro.
ci hanno davvero preso tutto
StandardMi fanno notare che noi che riempiamo il web e i socialini annessi e connessi di citazioni degli Offlaga Disco Pax siamo solo la versione più indie di quelli che creano i gruppi su Facebook dedicati alle più colorite locuzioni di Elio e le Storie Tese. Può essere, anche se vuoi mettere la raffinatezza. Nel dubbio, tutti stasera al Carroponte di Sesto per ballare la cinnamon (come dice una mia amica).
gli artisti anche dopo
StandardNon è certo quello che, chi non suona, immaginerebbe come la fine perfetta della serata di un concerto, ma chi suona e non si chiama Mick Jagger sa che una volta smontati gli strumenti restano solo i buoni per i drink, l’unica cosa che ci è concessa consumare nel locale. Ma quella sera, era pieno agosto e in giro di facce conosciute nemmeno una, io e Peo – Peo era una specie di bassista – e anzi quella notte perché in estate si comincia sempre tardi a suonare e non si sa mai quando finisce, io Peo sulla via di casa ci siamo fermati in un forno che spacciava focaccia senza scontrino e fintamente di contrabbando perché non avrebbe potuto vendere al dettaglio fuori dall’orario degli esercizi commerciali. Comunque abbiamo abbondato perché era un po’ che non passavamo un po’ di tempo insieme, almeno cinque anni che non ci capitava di suonare più sullo stesso palco, e altrettanti da quando entrambi non vivevamo più da quelle parti. E come ogni rievocazione storica che si rispetti, abbiamo seguito alla regola la degna conclusione di una serata inconcludente, proprio come quando quello faceva parte del nostro mestiere. Focaccia e birra, due bottiglie a testa da 66 cl a temperatura glaciale, e poi via sugli scogli per quella colazione da campioni. E non sapevamo nemmeno che ora fosse e non l’avremmo mai scoperto se a un certo punto non fosse schiarito tutto. L’alba su due amici che a malapena si erano riconosciuti qualche ora prima, e che ora sembrava proprio tutto uguale ma no, non era poi così bello nemmeno allora.
questo è troppo
StandardPoco fa, appena sveglio, mi è venuta voglia di ascoltare un po’ di musica. Così ho contemplato il mobile che ospita l’impianto hi-fi, i 33 giri e i cd e ho pensato a quale dispositivo avrei acceso per ascoltare la musica, sperando che la risposta potesse arrivarmi dalle cose. Il giradischi o il lettore mp3? L’iPod che porto con me quando vado a correre o l’hard disk, per usare il quale devo però attivare la tv per scorrere il menu di gestione? Oppure il computer portatile, posso cercare un brano su youtube e ascoltarlo da lì collegandolo all’amplificatore. E a seconda di cosa utilizzare, che cosa ho voglia di ascoltare? Il cloud mette a disposizione qualunque cosa, se i tera di file e le centinaia di vinili non bastassero. Ma quei minuti di indecisione hanno guastato l’entusiasmo di trovare la colonna sonora più adatta all’inizio di giornata. L’ispirazione non sta certo lì ad aspettare chi tentenna. Per fortuna la caffettiera a quel punto ha emesso il suo inequivocabile gorgoglìo, il silenzio con il suo incantesimo si è spezzato, e mi sono accontentato di uno dei rumori più piacevoli del mattino. Colazione, campane, cicale: è ora di tornare ai fondamentali.
i am an anti-christ
StandardQuello che mi chiedo è chi ha permesso a James Holmes di presentarsi davanti ai giudici e ai media conciato da Johnny Rotten.
io e Lio
StandardSempre che riusciate a distogliere l’attenzione dal fascino di altri tempi della cantante, non trovate l’arrangiamento incredibilmente attuale? Ecco, se suonassi in un gruppo indie farei una cover di questo pezzo. Ma, fortunatamente, ho smesso.