tutto va comunque a finire nello spot di un’automobile

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A partire da 03:03 circa.

almeno tre modi per sentirsi fortunato

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la musica degli angeli

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Bisogna prendere provvedimenti. È dal 1991, anno di uscita di “Caribbean Blue” di Enya, che nell’immaginario acustico collettivo si associa questo pezzo al concetto di relax. Vuoi mettere in sequenza le foto delle vacanze in Scozia in una slide show su youtube? Devi musicare un saggio di yoga per impressionare i potenziali adepti alla ricerca del benessere interiore e fare cassa? Devi sonorizzare una pubblicità di un deodorante intimo? Vuoi uno stimolatore di immagini interiori in grado di generare sincronia tra il ritmo universale e la frequenza di percezione del tempo a partire da un dato istante di presa di coscienza di un vuoto che solo il ritorno di una persona amata è in grado di riempire tale che il susseguirsi di minuti ore o giorni possano essere lievi come i cerchi concentrici di una lacrima di gioia sulla superficie di una tisana fumante riflessa dalla finestra sul domani che sorgerà dentro di te nel momento in cui l’assenza potrà essere introiettata come un temporale rapido a svanire oltre l’infinito? O semplicemente non riesci a prendere sonno? Nessun problema. Metti su “Caribbean Blue” di Enya e la new age si materializzerà dentro e fuori di te. Vorrei preparare una puntuale guida all’uso di “Caribbean Blue” di Enya, una sorta di manuale operatore per neofiti delle vibrazioni positive e mettere in guardia i potenziali utenti che magari si apprestano a scrivere qualcosa e mettono su “Caribbean Blue” di Enya e mentre sono lì che scrivono e di colpo si addor

smettiamola di dare un senso

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Ma se poi gente del calibro di David Byrne dismette band epocali come i Talking Heads che, e non sono certo io l’unico a dirlo, si sarebbero meritati un carriera ben più longeva di altri colossi del rock come gli U2 o i Rolling Stones, tanto per fare un paio di esempi, intraprende carriere soliste che esplorano tutti i più sconosciuti e originali quartieri musicali del mondo che poi alla fine uno ci si perde, sperimenta generi e sottogeneri con la massima perizia che tanto gli viene bene tutto, arriva al punto di poter collaborare con chiunque senza smarrire mai la propria personalità artistica, conquista e mantiene imbattuto il primato di referente culturale e intellettuale per più generazioni. Dicevo, se poi gente come lui appena gli si presenta l’occasione si rimette a suonare hit come quella qui sotto perché comunque, malgrado quello che abbiamo ricordato sopra, i Talking Heads restano un punto di partenza e di arrivo ineguagliabile, mi chiedo perché non abbia continuato la sua attività nei Talking Heads fino a oggi facendo felici oltre i fans normali anche quelli che quando una cosa funziona non la cambierebbero mai e per nessun motivo al mondo.

aimee mann – charmer

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jason lytle – your final setting sun

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le stelle sono tante, milioni di milioni

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Poco più avanti c’è un villaggio turistico a numerose stelle di cui ho sentito parlare da persone del posto e da gente qui in campeggio. Ho saputo, per esempio, che un preventivo ricevuto da una famiglia di quattro persone – due adulti e due bambini – per il periodo centrale di agosto, quindi altissima stagione, ammontava a quattromila euro a settimana e questa famiglia, che di settimane ne voleva fare almeno un paio, ha ovviamente rifiutato l’offerta. Ottomila euro per due settimane. Ma anche che la suddetta struttura, che ha milleduecento posti, proprio nel periodo da quattromila euro a settimana aveva solo cinquecento ospiti, il che mi sembra più che plausibile perché, e sono testuali parole della parrucchiera del borgo vicino al campeggio in cui mi trovo, oramai in Sardegna viene solo chi se lo può permettere, è sparito il ceto medio.

Un’affermazione che mi ha fatto piacere per due motivi. Da una parte perché mi ha involontariamente categorizzato in una non ben definita aristocrazia del turismo che comprende chi ha il grano e chi, come me, non lo ha ma a furia di cercare e provare combinazioni alla fine riesce a trascorrere sulla costa più bella d’Italia le proprie ferie estive dignitosamente, senza sbracare ma comunque in condizioni assolutamente più che accettabili e a costi contenuti. Dall’altra mi ha fatto altresì piacere venire a conoscenza del fatto che la parrucchiera in questione avesse ben chiaro nella sua testa dall’acconciatura discutibile il concetto di ceto medio sfoggiando competenze non comuni su tematiche sociologiche.

Ma sono venuto anche a sapere che quel villaggio vacanze è gestito da uno o più affermati ex giocatori di calcio, tanto che qualcuno qui ha avvistato persino Martina Colombari sotto uno di quei ennemila ombrelloni di classe ma così fitti che non si capisce dove finisce una famiglia e dove inizia quella successiva, e per quattromila euro la settimana questo tipo di promiscuità non mi sembra all’altezza di tutte quelle stelle che il villaggio vanta. Voglio dire, suppongo che i clienti di quel club per Vip non gradiscano avere i figli degli altri tra le scatole mentre si godono la ressa di loro simili. Perché un conto è avere a distanza ridottissima un preadolescente con il taglio con la cresta che oggi va così di moda che gioca con il telefonino, un conto è avere Martina Colombari in costume che prende il sole. Ma non è tutto.

Chi passa lungo il bagnasciuga lì davanti durante le ore mattutine può imbattersi, oltre a qualche starlette nostrana, nella gente comune arricchita intenta in alcune attività studiate ad hoc per il divertimento strutturato degli ospiti, e non sta noi giudicare le persone che provano spensieratezza a comando e solo in determinati orari prestabiliti. Si va dall’immancabile acquagym per carampane alla celebrazione collettiva di una ricorrenza importante come il milionesimo clic su youtube del video del pulcino pio con un ballo di massa in acqua diretto dal capo villaggio in tre varianti: normale, in lingua portoghese (o sardo, non ho capito bene) e a velocità aumentata, che poi è il massimo e tutti si scompisciano dalle risate.

La morale è che strutture turistiche grandi e di un certo livello hanno momenti ludici all’altezza. Il che vale anche per il volume della musica diffusa, che alla sera, quando qui nel campeggio dei poveri vige il silenzio e i tedeschi sorseggiano la loro birra accompagnati dalle loro mogli, che a differenza del villaggio dei ricchi italiani non hanno unghie pittate e plasticate e non sfoggiano tatuaggi, qui arrivano le note del piano bar del villaggio dei ricchi a sovrastare gli spettacoli serali improvvisati e rappresentati senza nemmeno un microfono e un impianto di amplificazione.

Che poi uno si aspetta chissà che musica ascoltino, Martina Colombari, gli ex calciatori e i Vip del villaggio da quattromila euro la settimana con i loro figli dai nomi impresentabili altrove come Ludovica e Ottavia. Ieri sera si percepivano distintamente le strofe e il ritornello de “L’ora dell’amore”, il che la dice lunga sull’età di chi lo stava eseguendo e di chi stava ascoltando e magari ne ha fatto pure la gentile richiesta. Mentre di là qualcuno ballava il celebre lento dei Camaleonti poggiando le proprie guance liftate sul petto depilato di un partner occasionale, di qua io e un compagno di vacanza ricordavamo gli Zuco 103. No, così per dire.

sensazionale: ecco il prodotto che salverà l’industria musicale

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La formula è semplice e nasce da una domanda. Ma davvero c’è tutto questo bisogno di digitalizzare tutto (e sottolineo la ripetizione di tutto)? E, soprattutto, perché mantenere sul mercato l’ormai obsoleto compact disc, che oltre a essere antiestetico, con tutta quella plasticaccia anni ’90, è così freddo al tatto, difficile da posizionare in casa – a meno di non utilizzare appositi contenitori, altrettanto antiestestici e difficili da essere assorbiti in stili di arredamento. Continua a leggere. (da alcuni aneddoti dal mio futuro del 26/09/2010)

Disclaimer: in estate chiunque si barrica dietro un autoreply di chiuso per ferie e mette in sua vece un ologramma giusto per tenergli caldo il suo centimetro quadrato di spazio on line per il ritorno. Sapete, di questi tempi meglio non lesinare in sicurezza, i posti si fanno presto a perdere e mettere un surrogato di sé stessi può essere una strategia vincente. Così noi che apparteniamo a una sottospecie di categoria di esodati ma solo perché abbiamo preso parte come milioni di altri alle partenze molto poco intelligenti, ma allo stesso tempo non vogliamo che vi dimentichiate di noi, abbiamo pensato di pubblicare in questo periodo di vacanza qualcosa di già edito, nostro o altrui, o qualche pezzo a cui siamo particolarmente affezionati. Ciò non toglie che l’ispirazione, dai mari della Sardegna, faccia capolino di tanto in tanto.

dillo con una canzone

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Mi si lasci spendere qualche parola di conforto per le persone i cui nomi sono celebrati da canzoni di successo e subiscono come costante della loro vita gli accostamenti ai personaggi a cui la canzone stessa è stata dedicata dall’autore o, peggio, i più discutibili adattamenti. Sappiamo infatti che le parodie delle liriche pop sono uno dei peggiori esempi di umorismo fatto in casa, diffidate da chi vuol farvi ridere con questo tipo di personalizzazioni a meno che i vostri conoscenti non frequentino la scuola media inferiore. Massima solidarietà invece a chi ogni volta in cui viene presentato a qualcun altro è esposto per l’ennesima volta al celebre ritornello di questo o quell’altro cantante, nei casi estremi con l’intento galante di fare colpo, credendo che il destinatario di tale citazione ne sia grato quando invece, nel migliore dei casi, ne ha i coglioni pieni. Quindi mi riferisco, partendo dalla mia generazione, a tutti i Paoli maledetti che non l’hanno detto mai e ai Vincenzi che, troppo stupidi per vivere, correvano addirittura il rischio di morte, entrambi tra i cavalli di battaglia dei caratteri più esilaranti. Ci sono stati poi i Luca inquilini del piano superiore e, più di recente, gli stessi che erano gay. Poi le Francesche che non erano loro perché ci si sbaglia sempre quando si vedono. Gli accorati inni evergreen a Giulia, che in diverse epoche è stata prima cara e unica, poi brava e infine immensamente sé stessa, che è un po’ l’apoteosi. Le Sare che cadono in letargo per poi svegliarsi a primavera. Le Caterine che, alate, arrivano al mattino e le Valentine che – solo loro – possono appurare se qualcuno si dilunga troppo sullo stesso argomento. Quindi, cara Valentina, chiudo qui aggiungendo solo che mi è venuto in mente tutto questo perché ho conosciuto una Albachiara, che vi assicuro non si sentiva nemmeno respirare, probabilmente non voleva essere rumorosa e, visto il nome, farsi notare il meno possibile.

come all you rambling boys of pleasure and ladies of easy leisure

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è che tutto questo correre e spintonarsi alla Camera mi ha fatto venire voglia di pogare un po’, come ai vecchi tempi. Scommetto che anche voi non vedete l’ora. La situazione si fa tesa? Quale migliore occasione per scatenarsi, quindi… (continua a leggere)

Disclaimer: in estate chiunque si barrica dietro un autoreply di chiuso per ferie e mette in sua vece un ologramma giusto per tenergli caldo il suo centimetro quadrato di spazio on line per il ritorno. Sapete, di questi tempi meglio non lesinare in sicurezza, i posti si fanno presto a perdere e mettere un surrogato di sé stessi può essere una strategia vincente. Così noi che apparteniamo a una sottospecie di categoria di esodati ma solo perché abbiamo preso parte come milioni di altri alle partenze molto poco intelligenti, ma allo stesso tempo non vogliamo che vi dimentichiate di noi, abbiamo pensato di pubblicare in questo periodo di vacanza qualcosa di già edito, nostro o altrui, o qualche pezzo a cui siamo particolarmente affezionati. Ciò non toglie che l’ispirazione, dai mari della Sardegna, faccia capolino di tanto in tanto.