well you needn’t, va bene in qualsiasi tonalità

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Valeria e la sua amica che sembra un uomo sono intente in una conversazione con il contrabbassista che ha almeno venti anni più di loro ma la sa lunga sul come ci si comporta dopo un concerto jazz in un localino in cui suoni e hai il primo tavolo praticamente finita la tastiera del piano, che basta infervorarsi un po’ di più nell’improvvisazione che poi finisci a cercare i rivolti degli accordi tra le birre di chi è lì per sentirti. Anzi no, quelli venuti apposta perché richiamati dal nome del solista che sta dietro la tromba, che sono quasi meno dei musicisti presenti sul palco, hanno occupato i posti in fondo per godere dell’acustica migliore e del suono di insieme, perché a seconda di dove ti metti senti solo la batteria. Il gestore, del resto, vuole sfruttare al massimo la superficie a disposizione tanto che la cameriera, che è un’attrazione in sé del posto e tutti non aspettano altro che si chini per raccogliere i bicchieri vuoti e lei lo sa e lo fa apposta, dicevo che la cameriera fa una fatica boia nelle serate come quella e non so come sia possibile che non rovesci nemmeno uno di quei flûte sottilissimi di cui si carica il vassoio durante ogni passaggio di ricognizione. E sulla densità abitativa temporanea il gestore ci marcia molto perché sostiene di ispirarsi ai locali francesi e addirittura il posto si chiama con un nome francese che un po’ deriva dalla via in cui il bar si trova e un po’ da una pastarella che un noto autore parigino ha reso celebre in tutto il mondo lodandone alcuni principi attivi. Chiuderebbe il cerchio il fatto che lì si potrebbero gustare quelle anziché dozzinali patatine ad accompagnare birre servite a temperatura troppo bassa, le stesse che Valeria e la sua amica che sembra un uomo stanno centellinando visto il prezzo delle consumazioni nelle serate in cui ci sono i concerti, mettendo al corrente il musicista, che dopo essersi ritagliato un posto al loro tavolino vorrebbe ritagliarsi anche un posto nel loro proseguimento di serata, di quanto sia difficile trovare un monolocale in affitto in una zona della città che sta diventando terribilmente di moda. I prezzi tutto sommato sono ancora abbordabili, dicono, ma con le agenzie corri il rischio di trovarti a fare sopralluoghi in appartamenti che a malapena potrebbero essere adibiti a stalla o porcile e questi che vogliono solo guadagnare ti fanno perder tempo spacciandoti scantinati per loft o vecchi magazzEni senza riscaldamento e con un unico pertugio coperto da nylon che dà sul cortile quasi a livello della strada, che insomma con tutto quello che si sente sulla presenza di topi non è molto conveniente. Ma l’obiettivo è strappare contratti con tanto di caparre e penali a chi non è del posto e non conosce i trucchetti per vivere dignitosamente pur essendo sempre al verde. L’amica che sembra un uomo poi attacca a raccontare quella della signora che aveva un sottotetto da affittare a fianco del suo (nel senso della signora) appartamento, e che quando ha aperto loro la porta per accoglierle in casa sua, l’amica che sembra un uomo ha notato subito le piastrelle bianche con quelle fughe nere terribili che chissà cosa ci finisce dentro e poi da una camera è uscito un ragazzo molto più giovane e Valeria ha chiesto se quello era suo figlio e la signora ha risposto che no, era suo marito. Il sottotetto in affitto comunque l’hanno visto lo stesso malgrado la gaffe, ma era così sottotetto che la superficie praticabile anche per una nana come Valeria era davvero esigua e ora non riesce a trovare un nome, un gioco di parole per un monolocale che in realtà è un mezzo monolocale. Il contrabbassista non si lascia sfuggire l’occasione per sfoderare la sua verve e peccato, la battuta non si è sentita – e dubito che abbia detto una cosa banalissima come semilocale – perché il pianista nel frattempo è tornato sul palco e, ubriaco, gli è venuta voglia di coinvolgere qualcuno in una jam session.

take my tears and that’s not nearly all

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Sono sicuro che se mi avessero installato addosso Google Analytics sin dalla nascita, magari al momento della registrazione nel database dell’anagrafe che negli anni sessanta potete immaginare di quale materiale consistesse, una delle pagine più visitate nella mia esistenza in ambito musicale risulterebbe quella in cui il pezzo in questione è stato embeddato, come si dice tra noi guru di mezza età del web che quando per lavoro dobbiamo visualizzare una pagina di Facebook ci sentiamo ancora in colpa perché sì, avrà tutte le potenzialità marketing che dicono, ma ci sembra comunque di cazzeggiare. Ma, tornando a Tainted Love, come avrete capito sin dal titolo di questa profonda riflessione, non è che tutti questi clic nella mia memoria sono dovuti al fatto che è uno dei pezzi che mi piace di più. Diciamo che da allora, dai primi vagiti nel reparto di ostetricia di una cittadina di provincia, lo si è sentito in tutte le salse e in tutte le versioni, a partire da quella che lo ha portato al successo più ampio dei Soft Cell, passando per quella dissacrante quanto inutile di Marilyn Manson fino a una pessima cover in formato cassa dritta avanti tutta che giusto poco fa in un’ora di ginnastica le vicine che fanno GAG hanno ballato almeno tre volte di fila. Degno di nota anche un facile riadattamento dei Boppin’ Kids, trio rockabilly siciliano, verso la fine degli anni 80. Saprete quindi tutti che però l’originale rimane sempre la versione più riuscita, su questo non c’è synth pop che tenga, e chissà che l’avvenente Gloria Jones possa essere stata per Marc Almond un’icona equivalente a Sandy Shaw per Morrissey. Questa è una banalità del tutto personale e non se nemmeno se possa essere dimostrabile, ci vorrebbe l’evidenziatore come su Wikipedia o potrei chiedere un parere a qualche esperto come quella mia amica che anni fa acquistò il biglietto dei The Cure a Torino solo perché c’era Marc Almond come supporter e, terminata la sua esibizione, se ne andò ritenendo non ci fosse altro da aggiungere. Ci limitiamo però a riconoscere all’unanimità che la versione qui sotto è un capolavoro di Northern Soul, e almeno questo è innegabile.

oh baby you got me in the shape i’m in

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Stavo buttando via cose sopravvissute a chissà quanti altri sgomberi e in fondo a una scatola che non so come era rimasta lì in garage ho trovato una TDK C46 contenente una delle mie compilation che iniziava con questo pezzo qui. Jo Jo Zep and the Falcons. Chi se li ricorda metta il dito qui sotto.

grey’s anatomy 8×06: the soundtrack

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Le canzoni dell’episodio 6 dell’ottava serie di Grey’s Anatomy andato in onda l’altra sera su La7.

Washington – Holy Moses

Olivia Broadfield – Daydreams

Bon Iver – Blood Bank

Big Scary – Got It, Lost It

Tin Sparrow – For You

grey’s anatomy 8×05: the soundtrack

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Le canzoni dell’episodio 5 dell’ottava serie di Grey’s Anatomy andato in onda l’altra sera su La7.

The National – Anyone’s Ghost

Cults – Abducted

Miss Li – Hit It

Echoes – Mostar Diving Club

Kathleen Edwards – Chameleon Comedian

grey’s anatomy 8×04: the soundtrack

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Le canzoni dell’episodio 4 dell’ottava serie di Grey’s Anatomy andato in onda ieri sera su La7.

Miss Li – Devil’s taken her man

Josh Ritter – Tokyo!

Handsome Furs – Cheap Music

Fitz And The Tantrums – Dear Mr. President

The Kills – Future Starts Slow

Beirut – Goshen

Toro y Moi – Hold On To Your Friends
[Unreleased]

Opus Orange feat Lauren Hillman – That is to Say

ok run!

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Quelli de Il Post sostengono che l’arrivo dell’uragano Sandy fa venire in mente Grease. Potrei anche dar loro ragione se noi, da queste parti, non avessimo un Sandy assai più pregno di valore. E non c’è gente di Ibiza che tenga di fronte a questa italo-disco d’annata.

kids in America

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Questo pezzo è uscito quando dopo anni di studi di pianoforte classico mi stavo avvicinando all’esecuzione del rock, la mia vera rovina. Facevo più o meno le medie. Io e Giuliano, un compagno delle elementari con cui ero rimasto in contatto e che frequentava con me la scuola di musica sacra in cui venivano forgiati gli animi spirituali dei futuri organisti come ci volevano i nostri genitori, ci eravamo regalati il noleggio per qualche mese in comproprietà di un sintetizzatore monofonico Yamaha, che per farvi capire la nostra perizia con gli strumenti elettronici una volta arrivati a casa fui costretto a chiamare il negozio di strumenti musicali per chiedere come si accendeva. Comunque grazie a quello, unito a un Eko Tiger 61 che era un organo tipo Farfisa di cui ero in possesso per esercitarmi nei mesi estivi quando, in campagna, non potevo disporre del piano, ho iniziato proprio allora a sviluppare gusti circa l’uso delle tastiere nei gruppi che ancora adesso influenzano i miei ascolti e l’ideazione stessa degli arrangiamenti. Ma se quel pezzo qui sotto mi era piaciuto come nessun’altra canzone, ai tempi, era grazie al fascino incomparabile della cantante stessa. Che poi, se non erro, non è che abbia fatto altre canzoni pop altrettanto dirompenti, almeno io non me ne ricordo. Comunque oltre alla cotta per Kim Wilde, nella sequenza di synth sotto la strofa e negli accordi di apertura d’organo nel ritornello alla fine c’è buona parte del mio universo sonoro, e chi ha suonato con me vi può testimoniare che almeno in un pezzo o due quelle linee di tastiera lì ho provato sempre a scopiazzarle. Ma non si tratta di plagio, sappiate, bensì di citazione colta. Diciamo così.

tombola

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Pensa un po’: magari nella vita ti spetta l’opportunità di fare un solo singolo, e ti viene questo pezzo qui.

grey’s anatomy 8×03: the soundtrack

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Le canzoni dell’episodio 3 dell’ottava serie di Grey’s Anatomy andato in onda ieri sera su La7.

Foster The People – Don’t Stop (Color On The Walls)

Opus Orange – Nothing But Time

MoZella & Tim Myers – Each Other Brother

The Innocence Mission – Rain (Setting Out in the Leaf Boat)

Katie Herzig – Lost and Found