Finalmente è arrivata anche per me la prima delusione dell’e-commerce, e solo il fatto che sia arrivata nel 2016 è comunque già un bel traguardo. Non è che non ci sia mai andato vicino. Ci sono i siti fidati che magari ci provano a rifilarti la sola ma poi, considerando che la loro sopravvivenza si basa sulla customer experience, si fanno in quattro per fare ammenda. Tempo fa, per dire, ho acquistato una scopa a vapore su Amazon. Il prodotto mi è arrivato probabilmente già utilizzato e non completamente funzionante, anzi probabilmente qualcuno prima di me lo aveva acquistato, provato, aveva scoperto il difetto e lo aveva già restituito. Ho fatto così anch’io, Amazon mi ha rimborsato i soldi e amici come prima, tanto che nel giro di due giorni avevo già scelto e pagato un altro modello ancora su Amazon.
Ci sono invece i siti che boh, nel senso che quando sei lì a inserire il numero di carta di credito o a schiacciare il pulsante che ti porta a PayPal ti senti il brivido dell’imprevisto lungo la spina dorsale. L’e-commerce e l’acquisto di cose dagli sconosciuti non dovrebbe farci più paura, e infatti non lo temo e il mio conto corrente lo sa bene. Per esempio i dischi in vinile nuovi e usati li compro tutti con questo sistema, a parte qualche acquisto occasionale alle bancarelle ma, come sapete, ora che sono tornati di moda raramente si fanno affari. Compro dischi non certo per rivenderli e farci dei soldi e nemmeno perché sono un collezionista compulsivo. Mi piace non farmi mancare nulla di quello a cui da ragazzo ho dovuto rinunciare. Da appassionato di musica dovevo fare i conti con la paghetta con cui non potevo certo permettermi di comprare tutti i dischi che avrei voluto. Oggi, considerando che – come si dice – non ho vizi particolari e ho un tenore di consumi piuttosto basso, compro più o meno un disco al mese, budget venti euro circa, il costo di un abbonamento televisivo o di un contratto medio telefonico.
Il regalo più bello che l’Internet ha fatto a quelli come me è una piattaforma dedicata alla compravendita di musica usata, che è Discogs. A differenza dei colossi del commercio elettronico, qui siamo nella zona grigia dei privati o dei negozi per i quali occorre fidarsi solo dalle recensioni degli utenti. Dopo svariati acquisti di dischi andati a buon fine, proprio su Discogs mi sono preso la prima fregatura. Ho comprato una copia di “Forces of victory” di Linton Kwesi Johnson priva di copertina originale, sostituita con una copertina anonima tutta bianca. Il problema è che il venditore che si chiama RIZZOMSRECORDS non lo ha, secondo me, specificato con la giusta correttezza. La descrizione della copertina non corrispondeva in effetti alla realtà. Ha indicato “generic” a proposito della “sleeve condition”, come se “generic” fosse un attributo della condizione della copertina (che non significa nulla) e non il fatto che si trattasse di una copertina, appunto, “generica”, in sostituzione di quella originale. Che è un po’ come se ti devi descrivere in chat a una ragazza e le dici che hai dei capelli anomali e invece sei calvo.
Quindi niente: se volete vendere dischi su Discogs, il mio consiglio è quello di dare informazioni complete agli acquirenti, per evitare che poi acquirenti come me restino delusi e che scrivano cose negative sul conto dei venditori a scapito della loro reputazione online, che nell’e-commerce è fondamentale. Quanto a me, cercherò una copertina vuota di “Forces of victory” di Linton Kwesi Johnson e sarò costretto a sforare la mia paghetta mensile dedicata agli acquisti musicali.
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