Se non fosse che siamo tutti isterici per tutto questo stare in casa mi piacerebbe fare la paternale a quelli che fanno un uso dozzinale di band già di per sé strafamose. Il mio vicino di sotto dice di essere un fan dei Pink Floyd e mette spessissimo i Pink Floyd. I Pink Floyd, inutile che ve lo ricordi, li conoscono anche i sassi e, se devo dirvi la verità, se dovessi scegliere un solo disco che rappresenta la musica di tutti i tempi e dell’umanità intera probabilmente indicherei “The Dark Side Of The Moon”. I Pink Floyd, però, bisogna ascoltarli per intero, perché spessissimo le loro tracce confluiscono nelle successive e, infatti, i compact disc con album come “The Wall” hanno dimostrato tutto il loro limite. Non si possono skippare le tracce di un concept album, credo che sia anticostituzionale e si rischiano non so quanti anni di carcere. Il mio vicino di sotto, che dice di essere un fan dei Pink Floyd, mette sempre “Wish You Were Here” in una versione tratta da qualche raccolta perché priva della parte della trasmissione radio da cui parte il pezzo nell’album, seguita da “Another Brick in The Wall”. Oramai è chiaro: “Wish You Were Here” e “Another Brick in The Wall” sono i suoi due pezzi preferiti, però qualcuno dovrebbe fargli notare che fanno parte di due concept completamente diversi e che, ascoltati in sequenza, non significano nulla. L’idea che mi sono fatto è che il mio vicino di sotto non sia un fan dei Pink Floyd, piuttosto un sempliciotto a cui piacciono le canzoni più famose di un gruppo strafamoso. Mi piacerebbe vedere la sua reazione di fronte a “Meddle” o a “Ummagumma”. Costringerlo a un ascolto forzato di “Us and Them”, che forse lo indicherei se dovessi scegliere un solo brano da un solo disco a rappresentare la musica di tutti i tempi e dell’umanità intera, e compiacermi nell’osservare la sua espressione di voglia di tornare alle sue canzoni strafamose. Non so se mi state seguendo.
Una cosa simile mi capita con gli U2. Prima di diventare il carrozzone addetto al trasporto di tutta la cultura mainstream a cavallo tra i due secoli, gli U2 non erano affatto male. Pensate alla sequenza di “Boy” – “October” – “War” – “The Unforgettable Fire” e vi sfido a trovare quattro dischi di esordio, uno dopo l’altro, così. E un po’ mi spiace se poi alla fine c’è sempre qualche vicino di sotto che mette “With or Without You” o “One”, ma questo vorrà dire che ci sarà anche un vicino di sopra che risponderà con canzoni come “The Unforgettable Fire” o “Bad”.
Questa mattina ho preso la macchina – l’unica delle due rimasta funzionante, nell’altra mi si è scaricata la batteria per l’inutilizzo – e ho attraversato l’hinterland nord-ovest di Milano per recarmi a scuola. Abbiamo deciso di fornire i tablet che abbiamo in dotazione alle famiglie che non hanno strumenti per fruire della didattica a distanza, così ho iniziato a configurarli per consegnarli pronti. Ho guidato in una specie di film distopico in cui in giro non si vedevano che anziani con la mascherina. Ho acceso la radio ed è partita proprio “Bad” degli U2. La giornata prometteva grandi slanci ed emozioni forti ma il tempo non era quello più adatto. “Bad” degli U2 si è dimostrata però la colonna sonora perfetta per la scena, il collante tra il cielo e la terra, il motore e la strada, il prima e il dopo.