Non vi nascondo che da quando ascolto la KEXP anche a casa – mi sono dotato di un accrocchio bluetooth con cui connetto il pc allo stereo – metto molti meno dischi. Ho pensato addirittura di annullare l’abbonamento a Spotify – ho un amico musicista super professionista che lo considera il male assoluto – ma non dovete preoccuparvi, sto bene, l’idea è stata solo una questione di un attimo. È stato sufficiente constatare per l’ennesima volta la praticità delle playlist tematiche che allestisco prima di andare a correre a farmi desistere.
Il punto è che, abituati a certi standard di qualità della vita e alle comodità che comportano, è difficile tornare indietro. Riuscireste mai a fare a meno del vostro letto dopo averci dormito più di 50 anni? L’altra notte ho disteso le gambe sotto il piumone, in una duplice sensazione di confort provata grazie all’apparente paradosso dovuto alla freschezza del cotone in contrasto con le potenzialità del tepore che da lì a poco si sarebbe sviluppato, e ho pensato ai popoli che abitano le case sventrate dalla guerra che si vedono alla tv, un’immagine, anche in questo caso, evaporata dopo pochi secondi. Ero rientrato tardi, l’esposizione al freddo è stata una scelta e per nulla imposta da un esercito invasore, e mi sono addormentato senza alcuna difficoltà.
Quando poi mia moglie mi ha raggiunto a letto, non saprei dire quanto tempo fosse trascorso dal momento in cui mi ero coricato, mi sono svegliato da quel tipo di sonno che ci prende per primo – incerto ma allo stesso tempo decisivo, un’altra contraddizione – e quel repentino cambiamento di stato mi ha indotto a temere, per una manciata di istanti, di essere morto, un equivoco dovuto a qualche informazione che la mia mente in stand-by stava processando a mia insaputa. Ma poi, come al solito, mi sono ritrovato tutto intero e in carne e ossa, con il copripiumino a foglioline indaco e grigie addosso e la tapparella chiusa il giusto per lasciar trapelare un po’ della luce del lampione che sovrasta il parcheggio dietro casa su cui si affaccia la nostra camera da letto.
Un risveglio che ahimè si è rivelato fatale. Mia moglie è crollata come al solito e i suoi respiri, come accade spesso, hanno preso una brutta piega, dopo la quale non c’è stato verso di riaddormentarmi. Ma non è stata solo colpa del suo russare. Ero un po’ su di giri perché a cena – ho incontrato alcune persone con cui bevo una birra due sere l’anno – ero riuscito a non farmi tirare dentro in una discussione a tema politico. Mi sono trattenuto come mai successo credo in vita mia, una di quelle volte in cui la rabbia la fai brillare dentro per non farla scoppiare fuori proprio come quegli aggeggi che usano gli artificieri per contenere al mimino le esplosioni, e i postumi della deflagrazione a salve si sono fatti sentire proprio di notte, in quel frangente. Ho provato così l’espediente della KEXP in cuffia riprodotta sul telefono. Trasmettono da Seattle e, rispetto al nostro fuso orario, sono indietro di circa nove ore. Non c’era nessun programma notturno, per farla breve, ma la classifica dei 100 dischi più votati dagli ascoltatori della radio, un programma iniziato ore prima – ne avevo intercettato una parte in auto proprio mentre mi recavo a cena – e a quel punto restava veramente poco alla top ten. Malgrado le proposte non conciliassero affatto il sonno, sono comunque riuscito a riaddormentarmi e non so dirvi come sia finita. Ricordo solo di aver pensato che io, di dischi belli, quest’anno ne ho contati almeno una settantina, e che al risveglio li avrei scritti qui, subito dopo aver ordinato su Amazon i migliori tappi per l’isolamento acustico.