Non ho mai capito il senso di ascoltare musica non deprimente. È una cosa senza senso, punto e basta, e non accetto contraddittori. La musica allegra fa schifo e se ne siete fan siete solo dei superficiali e se l’ho scritto è solo perché la musica allegra non esiste, nemmeno la fanfara del circo è una musica allegra, quindi se voi credete di ascoltare musica allegra perché vi fa stare allegri in realtà state ascoltando musica deprimente quanto me e confondete con l’allegria quella sensazione di appagamento che solo la musica deprimente può darvi. Quindi non dovete sentirvi offesi, non vi ho assolutamente dato dei superficiali perché il fatto non sussiste.
Vi dirò di più. In estate ascoltare musica deprimente è ancora più piacevolmente deprimente, e lo sapete perché? Perché con il caldo e l’afa e il soffoco la musica deprimente sublima, dà il meglio di sé, e alla sensazione di depressione sovrappone uno strato di fiera consapevolezza romantica, e cioè che per ogni ascolto chiusi in casa (anche senza aria condizionata) di qualcosa di veramente deprimente (per deludere i soliti detrattori delle persone che amano deprimersi con la musica e che ci accusano di essere fermi a “Dummy” dei Portishead o a “Ok Computer”, per non tirare in ballo sempre i Joy Division, ecco un consiglio di qualcosa di recente: le tracce più introspettive di “Tangk”, l’ultimo disco degli Idles), dicevo che per ogni ascolto chiusi in casa di qualcosa di veramente deprimente c’è qualcuno che ha dovuto interrompere la riproduzione dell’ultimo singolo di Annalisa o del tormentone reggaeton dell’estate – ce lo/la immaginiamo in costume, al tramonto sul bagnasciuga con una tazza di mojito in mano – a causa dell’energia negativa che abbiamo insufflato nel mondo grazie alla nostra determinazione a mantenere vivo il legame tra umore e sottofondo sonoro. Una sorta di rivisitazione della teoria di Edward Lorenz: il battito d’ali di una farfalla qui a Milano è in grado di provocare un uragano in Nuova Zelanda, anche se in realtà è più facile il contrario, se vogliamo dare una spiegazione a certi temporaloni che non si erano mai visti prima, da queste parti.
Non solo. Non so per quale altra legge matematica ma ho la casa infestata di farfalle della pasta. In principio uscivano i vermi bianchi dalle fottute pareti, non vi dico quanti ne ho eliminati. Quindi alle larve sono subentrate le farfalle. Il punto è che non ho ancora identificato la causa, ma ho pulito con l’aceto il pensile della cucina dove conservo pasta e farine. Per mia fortuna, tutti quei battiti d’ali hanno causato solo una sensazione di materia in decomposizione, in perfetta sintonia con certi ellepì che in questa stagione ricca di contraddizioni mi va di ascoltare. La cosa divertente sarebbe trovare il covo delle farfalle della pasta in una confezione di farfalle, nel senso della pasta (ho una scorta di pasta Armando in dispensa, è la migliore pasta che abbia mai provato).
Un corto circuito che mi manda in tilt tanto quanto sembra in tilt mia figlia, che si sveglia con lo stomaco infestato di farfalle per la storia d’amore che sta vivendo. Per sdrammatizzare, vi ricordo che in tedesco farfalla si dice schmetterling, che è una parola che non è romantica per un cazzo, considerando che, pronunciata a pochi millimetri dalle labbra della/o propria/o amata/o, il rischio di sputazzarsi addosso è concretissimo. Anche perché, se la legge di prima è vera, uno sputo qui può causare chissà quale maremoto agli antipodi dei sentimenti.