debite proporzioni

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Il mio medico di base ha lo studio che trabocca di albi di fumetti anni ottanta e quando qualcuno giustamente gli chiede, usando l’ineffabile formula della domanda retorica, se è un collezionista, lui glissa elegantemente sulla risposta e si concentra su qualche attività propria del suo lavoro, come stampare una prescrizione, chiedere di sdraiarsi sul lettino, auscultare il battito cardiaco o misurare la pressione. Fino al momento in cui sto scrivendo so per certo che, proteggendosi così, è riuscito ad arginare il rischio della domanda più ovvia che qualunque paziente mediamente ficcanaso potrebbe rivolgergli. Ma perché non se li tiene a casa sua? O il dottore vive in un appartamento sottodimensionato, ma, con tutto quello che guadagnano i medici, a chi vuole darla a bere. Oppure sua moglie, o la sua compagna, mi è oscura la qualifica del suo stato civile, non ne vuole sapere di accumulatori seriali per la casa ed è per questo che ha scelto un mestiere da esercitare altrove e in grado di fornirgli l’alibi di fruire di una sorta di pied-à-terre dove coniugare lavoro e hobbistica senza dare adito a battibecchi o cause di divorzio. Ogni anno, verso Natale, pubblica la classifica dei suoi assistiti preferiti incrociando dati derivanti da patologie, livello di ipocondria, frequenza di richiesta appuntamenti (tra parentesi, ora ci è stata fornita un’app efficientissima per le prenotazioni che ci fa davvero sentire ipertesi del terzo millennio) e credo anche riservatezza nelle domande sulla sua vita privata e su quel cognome esotico che porta e che richiama inevitabilmente la questione palestinese. Un modo di fare statistica inutile la sua, considerato che da sempre la classifica è dominata dal signor Gerardo, ottantenne in pensione da quando ne aveva quarantanove, che gira il mondo e scrive racconti sui posti che visita. Iraq, Colombia, Nuova Zelanda, Namibia, Armenia e via dicendo. Invidio moltissimo il signor Gerardo non tanto per il premio che gli spetta – un esame di laboratorio comprensivo dell’Antigene Prostatico Specifico (PSA), che costa un botto – quanto perché, a differenza sua, io mi muovo pochissimo. Casa, tangenziale, scuola, Esselunga, teatro, cinema e poco più. Non frequento più nemmeno lo studio del nostro dottore, da quando c’è la app, e scrivo solo di queste cose qui.

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